In Italia il danno era già fatto

Con gli hard discount l'Italia ha già una certa esperienza: Lidl è una presenza diffusa. Come hanno influito questi negozi sulle condizioni di lavoro nella vendita? Risponde Ivana Brunato, segretaria del sindacato Cgil di Milano.

Ivana Brunato, qual è la situazione del commercio al dettaglio in Italia?
In Italia stiamo assistendo ad una deregolamentazione crescente del settore del commercio al dettaglio, uno tra i più esposti alla precarietà. Oramai, il solo limite che la legge pone è un massimo di 13 ore giornaliere di apertura del negozio. Questa deregolamentazione ha riguardato piccoli e grandi commerci, si tratta di un modello americano, che in europa è seguito praticamente solo dall'Italia (e forse in parte dal Ticino). Tale modello ha caratteristiche preoccupanti per quel che riguarda la gestione del personale, al quale si chiedono un'estrema flessibilità e disponibilità ad orari a volte assurdi, come ad esempio i part-time frazionati che tengono in ballo i lavoratori per una giornata intera, anche se l'orario effettivo di lavoro è di 4 o 5 ore.
Com'è arrivato in Italia questo "modello americano"?
Questo tipo di modello è stato portato in Italia negli anni ottanta dai grandi distributori come Iper, Esselunga, Gs eccetera. Il negoziante tradizionale non aveva mai fatto pressione per un'apertura prolungata, anche perchè le esigenze del personale coincidevano con quelle del proprietario. In un primo momento, la grande distribuzione è entrata in punta di piedi sul mercato, rispettando le regole degli orari d'apertura, poi piano piano ha iniziato a fare pressione per arrivare alla situazione attuale, con dei contratti che prevedono anche l'obbligatorietà di lavoro alla domenica e in diversi giorni festivi. Ciò accade solo in Italia, nessun altro paese europeo ha eliminato i giorni di chiusura festivi in questo modo.
Perché i centri commerciali si sono spostati dalla città alla periferia ?
Con la crisi della produzione, intere aree industriali si sono svuotate, bisognava decidere cosa fare con i capannoni di queste zone, e si sono insediati i grandi centri commerciali. Si è quindi passati da zone di produzione a zone di consumo. Inoltre, nessuna legge vieta di costruire un grande magazzino di fianco all'altro, così abbiamo delle intere zone a grande distribuzione. Uno dei risultati è che i negozi si sono spostati dai centri alla periferia, e molti quartieri sono rimasti senza negozi. La politica attuale tenta di incentivare i piccoli commerci nei centri abitati per supplire a questa mancanza, si sta cercando di tornare ai negozi di vicinato, ma solo per alimentari e casalinghi.
E in questa deregolamentazione gli hard discount che ruolo hanno?
Gli hard discount non sono peggio di queste catene di grande distribuzione per quel che concerne i rapporti con il personale. La legge in materia è già talmente al minimo per la tutela dei lavoratori, che basta applicarla sfruttando all'osso la situazione. C'è un'analogia di comportamenti tra discount e grande distribuzione, i quali applicano una politica del minor costo del personale, a volte abbassando ulteriormente l'asticella (per altro già bassa). Forse in Svizzera la preoccupazione per l'arrivo dei discount può essere fondata, in quanto c'è il rischio reale (e sarà così) che l'asticella venga ulteriormente abbassata anche dagli altri distributori che ora hanno contratti relativamente rispettosi con i loro dipendenti. E questo per poter rimanere concorrenziali. I prezzi scenderanno, ma questo non è sempre un fattore positivo, bisogna vedere a scapito di cosa vengono fatti i risparmi.
Ma se i prodotti costano meno, per il consumatore è un vantaggio.
Si sta creando una sorta di conflitto tra consumatore e lavoratore del settore del commercio. Come sindacato puntiamo a rendere consapevole il consumatore, il quale deve sapere che se i prezzi scendono sotto un certo livello di guardia ci deve essere uno sfruttamento da qualche parte, o un abbassamento della qualità. Per quanto riguarda la qualità dei prodotti, il problema degli hard discount non è tanto su quelli confezionati, ma piuttosto sui prodotti freschi. Per risparmiare e poter fare dei prezzi più bassi dovrò accedere a quei prodotti con minori costi di produzione, e che quindi spesso sottostanno a minori controlli o minor regolamentazione. È vero anche, che questi discount risparmiano parecchio su quella che è la sponsorizzazione del prodotto, sugli studi di marketing e sugli stipendi dei dirigenti. Non è tutto positivo, ma non è nemmeno tutto negativo insomma.

Pubblicato il

06.03.2009 03:30
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