In Francia vince l'astensionismo

La crisi colpisce duro in Francia : i disoccupati sono aumentati di 58.800 unità nel solo mese di aprile, che fa seguito a una crescita costante dei senza lavoro, che ormai sono 2,5 milioni (cifra che sale a 3,5 milioni se si calcolano anche coloro che sono obbligati ad accettare un'occupazione a tempo parziale). Il governo ha varato l'Rsa, il reddito di solidarietà attiva, che dal 1° giugno sostituisce l'Rmi, il reddito minimo di inserzione, e dovrebbe permettere di cumulare, fino ad un certo tetto, l'assegno di sussistenza con un piccolo reddito da lavoro. Lo scopo è di spingere le persone a lavorare, anche se, visto il contesto di crisi e di licenziamenti, il risultato potrebbe essere quello di favorire soltanto l'estensione del precariato e del fenomeno dei "lavoratori poveri". Le lotte per conservare il lavoro sono diventate molto dure, negli ultimi mesi, con numerosi casi di cosiddetti "sequestri" di dirigenti (nei fatti, dei "blocchi" di personale della direzione negli uffici, per chiedere dei conti a persone reali, mentre la mondializzazione ha allontanato chi prende le decisioni da chi le subisce).
In questo contesto, l'avvicinarsi del voto europeo ha portato in primo piano nella campagna elettorale la questione del ruolo dell'Europa nella protezione del lavoro. Ma non con i risultati scontati, a soli quattro anni dal referendum sul Trattato costituzionale che aveva visto la vittoria del "no" al 55 per cento: i sondaggi dicono che il primo partito dovrebbe confermarsi l'Ump di Nicolas Sarkozy, mentre il Ps ne uscirebbe indebolito nel suo ruolo di principale oppositore della destra al potere.
Come mai, con la crisi, la sinistra arranca, mentre, sulla carta, dovrebbe beneficiare della squalificazione del liberismo? Intanto, c'è la solita questione della divisione. Il Ps è sfidato dalla sinistra radicale, che pero' arriva divisa al voto. Il Nuovo partito anticapitalista di Olivier Besancenot (ex Lcr) corre da solo, mentre il neonato Parti de gauche (nato da una frangia del Ps) si è alleato con il Pcf nel Front de Gauche. In più, Lutte ouvrière si presenta sotto la propria bandiera. Quest'area, che intende rappresentare gli elettori del "no", nei sondaggi è ferma, complessivamente, intorno al 15 per cento.
Sempre a sinistra, Europe Ecologie, guidata da Daniel Cohn-Bendit promette di arrivare al 10 per cento e di portare via una fetta dell'elettorato socialista. Tra gli oppositori alla politica di Sarkozy va annoverato anche il MoDem di François Bayrou, che, pur essendo sempre stato ministro in governi di destra, oggi vuole occupare uno spazio di resistenza (soprattutto in vista delle presidenziali del 2012).
Ma, al di là della divisione, la sinistra pena a trovare un discorso convincente sull'Europa e la lotta contro la crisi. Sarkozy, come ha confermato l'appello congiunto con Angela Merkel (pubblicato domenica 31 maggio in Francia dal Journal du Dimanche e in Germania da Die Welt am Sonntag) per contrastare un'astensione che si annuncia massiccia (intorno al 55 per cento), insiste sul ruolo "protettore" dell'Europa. Si profila all'orizzonte una dose di protezionismo europeo, visto che Merkel, che pensa alle imminenti elezioni politiche, sembra aver accettato l'idea di una "tassa Co2" sulle importazioni da paesi che non rispettano gli impegni di Kyoto nella lotta al riscaldamento climatico.
Sarkozy e Merkel chiedono alla Commissione più "regolazione", soprattutto nel settore finanziario, e dichiarano di «rifiutare un'Europa burocratica» che «diffida dei cambiamenti» (pensando soprattutto alle critiche di Bruxelles contro i piani nazionali varati per salvare le banche). «La crisi crea un ambiente favorevole all'Europa – afferma la testa di lista Ump in Ile de France, l'ancora ministro dell'agricoltura Michel Barnier – la gente ha capito che assieme ce la caviamo meglio». Il Ps è in difficoltà, non solo perché ha scelto un angolo di campagna molto franco-francese, tutto concentrato sull'attacco a Sarkozy.
I socialisti prendono colpi da coloro – alla destra della destra come alla sinistra della sinistra – hanno buon gioco a mettere in evidenza che, molto spesso, all'Europarlamento i gruppi Pse e Ppe votano assieme (Strasburgo non funziona come un parlamento nazionale, per forza di cose visto il tipo di leggi votate, con gli interessi incrociati di schieramento politico e di appartenenza nazionale). Inoltre, il Ps non ha ancora rimarginato la ferita del 2005, con la spaccatura interna tra "si" e "no" al referendum. Il Ps critica la politica economica di Sarkozy, chiede un "piano europeo di rilancio", parla di "piano sociale europeo" e di salario minimo comune, per evitare di rimanere senza voce di fronte alle angosce causate dalle delocalizzazioni (e dal dumping sociale dei paesi della Ue a bassi salari, questione scottante che rende facile la campagna dell'estrema destra sovranista). Il problema è che anche il MoDem attacca Sarkozy sulla gestione della crisi e Bayrou ha un'immagine pro-europea più forte dei socialisti (oggi chiede un grande prestito pubblico comunitario per finanziare un piano di rilancio).
Nella sinistra radicale, il principale problema, al di là dell'attrazione che possono suscitare gli slogan di protesta, è la questione del progetto politico, che resta nel vago. «Non lasciamo rubare il nostro voto per la seconda volta» afferma Jean-Luc Mélénchon del Front de Gauche, facendo riferimento al successo del "no" e al successivo voto parlamentare a favore del mini-trattato di Lisbona. Besancenot promuove la costruzione di "un'altra Europa" a un elettorato maggioritariamente euroscettico, mentre il Ps cammina sulle uova, perché ha un elettorato pro-europeo, ma ormai deluso dalle eterne promesse di un'Europa sociale che stenta a farsi luce e che, per l'opinione pubblica, non arriva mai. Inoltre, il Ps francese è isolato tra i socialisti europei negli attacchi a José Manuel Barroso, l'attuale presidente ultraliberista della Commissione, che molto probabilmente verrà riconfermato, anche grazie al voto che gli daranno i socialisti spagnoli e i laburisti britannici eletti a Strasburgo. Europa Ecologia cerca di differenziarsi «noi, a differenza degli altri, parliamo solo dell'Europa» ma rischia di perdere colpi a causa del debole discorso economico.

Pubblicato il

05.06.2009 03:00
Anna Maria Merlo