«La legge sulla parità uomo-donna e le molestie sessuali è frutto di un compromesso fra partiti politici che non hanno avuto la lungimiranza di fissare obblighi legali stringenti per i datori di lavoro». Véronique Ducret, psicologa ginevrina, autrice di una guida sulle molestie sessuali ad uso delle aziende (1), ricorda gli estenuanti dibattiti parlamentari che hanno portato all’approvazione della legge sul sexual harassement, un fenomeno che è stato studiato per la prima volta negli Stati Uniti. «La legge che ne è scaturita nel 1996 resta comunque esplicita», prosegue Véronique Ducret, «Le aziende sono responsabili e devono adottare misure per tutelare il personale, e fare addirittura in modo che non si producano molestie sessuali sul luogo di lavoro. Ma il testo non dice come fare».
Mancano gli strumenti
Deputati e senatori hanno lasciato una vistosa lacuna in una zona calda, cruciale, forse perché sono stati posti di fronte ad un problema ancora poco conosciuto, che non si sapeva concretamente come affrontare. Uno studio condotto a Ginevra da Véronique Ducret sulla «realtà nascosta delle donne sul luogo di lavoro» indicava già nel 1991 le prime piste di riflessione portando all’attenzione della politica che il 59% delle donne erano state «confrontate» a molestie sessuali esercitate da colleghi o superiori diretti. «I responsabili delle aziende erano increduli – ricorda ancora la psicologa ginevrina – non riuscivano a capire come fosse potuto succedere che, sotto i loro occhi, alcune collaboratrici erano state vittime di persecuzione, addirittura durante periodi lunghi, oltre un anno, ad esempio». Véronique Ducret teme che dal 1996 ad oggi poco sia stato fatto dai datori di lavoro, «non certo per cattiva volontà, piuttosto per mancanza di una guida pratica che contenga soluzioni e procedure per attuare una politica di prevenzione delle molestie e di promozione del rispetto nei rapporti tra colleghi». L’esperienza che la psicologa ha tratto da interventi e analisi svolte su luoghi di lavoro mostrano che il personale non è sufficientemente informato, non conosce i propri diritti e che in molti casi non saprebbe a chi rivolgersi in caso di persecuzioni. Complessivamente le vittime imparano adesso a difendersi, ma quando intendono denunciare chi le molesta scelgono a volte la strada meno indicata, gettandosi nelle fauci del lupo, confidandosi magari con la persona sbagliata. Il libro di Véronique Ducret non si rivolge soltanto ai datori di lavoro e al personale ma anche a chi è chiamato a intervenire nella lotta alle molestie sessuali, sindacalisti, giudici, magistrati e avvocati. La guida si legge pure come un compendio ad una migliore conoscenza della legge, un manuale per capire meglio i meccanismi delle persecuzioni che si subiscono in uffici e fabbriche, sgomberando il campo dalla confusione che si opera tuttora tra mobbing e molestie sessuali. «Il primo, spiega Véronique Ducret, è un atto ripetuto e durevole esercitato da chi intende escludere un collaboratore dall’azienda. La ripetitività della condotta molesta e la durata nel tempo non sono, invece, criteri pertinenti nei conflitti derivanti da persecuzioni sessuali». Precisando a titolo di esempio che le molestie possono essere esercitate anche da clienti, che invece non interagiscono mai in caso di mobbing.
Come agire
Véronique Ducret, le molestie sessuali contaminano e avvelenano le relazioni di lavoro, provocano un doppio trauma perché ai disturbi legati all’alterazione dell’identità sessuale si aggiunge la perdita di fiducia nelle capacità professionali. Come evitare che tali drammi si producano?
Occorre agire prima che il danno diventi irrimediabile, prima che il conflitto degeneri in una crisi insanabile. A questo proposito descrivo due soluzioni. Primo, le persone molestate dovrebbero tenere un diario che registri i fatti, i gesti, le parole e le pressioni psicologiche che il molestatore utilizza per ottenere favori sessuali dalle vittime. Il riflesso di annotare le prove potrebbe rivelarsi decisivo. Dal canto suo il datore di lavoro, che per legge è responsabile dei maltrattamenti che accadono nel luogo di lavoro, dovrebbe dotarsi della figura professionale del mediatore, che interverrebbe sin dalle prime segnalazioni delle vittime.
La legge prevede giustamente che il datore di lavoro debba giustificarsi di fronte al giudice e provare che ha messo in atto misure adeguate per risolvere i conflitti che scoppiano sul luogo di lavoro. Vuol dire che il rispetto o il non rispetto degli obblighi legali sarà verificato soltanto a cose avvenute?
Esatto. E questo deriva proprio dal fatto che la legge non dice nulla sulle modalità di lotta alle molestie sul lavoro. Sarebbe stato opportuno ad esempio attribuire agli ispettori del lavoro le competenze di valutare la buona applicazione della legislazione nelle aziende. Nessun organismo è abilitato dalla legge a esercitare un’azione di verifica. Si misurano i danni appunto quando il conflitto tra colleghi è già in fase avanzata, o magari quando è troppo tardi.
Possono i sindacati sopperire a questa lacuna?
Non soltanto possono ma dovrebbero. Sarebbe addirittura auspicabile che i regolamenti di applicazione della legge vengano cofirmati dai sindacati e dalle aziende, e che le due parti mettano a punto un sistema di difesa della vittime che vada oltre la sfera lavorativa. Le persecuzioni avvengono anche che dopo gli orari di lavoro. A chi si rivolgono le persone molestate ? Alcuni pensano giustamente che sarebbe logico bussare alla porta dei sindacati. Ma questi non sono pronti a questo tipo di emergenza. Sono poco coscienti della gravità del problema che invece dovrebbe essere prioritario per loro, perché riguarda la salute al lavoro. Rare sono peraltro le strutture che accolgono le vittime di molestie sessuali. Pensi che ad oggi esiste un solo Comitato contro le molestie sessuali in Svizzera romanda.
Il ruolo dei sindacati
Sindacati e aziende dovrebbero anche cooperare nella scelta e formazione del mediatore, figura chiave cui l’azienda dovrebbe dotarsi per prevenire e risolvere i conflitti?
In alcuni settori le convenzioni collettive prevedono, per le imprese che comportano più di 50 collaboratori, l’assunzione di una «persona di fiducia», sorta di mediatore che viene designato dai sindacati e dalle aziende. Questa formula potrebbe essere adottata proprio per dirimere i casi di molestie sessuali. Non è facile scegliere la persona giusta, anche perché queste deve godere della fiducia di tutti i collaboratori. Nella Guida svolgo appunto un’analisi dei pro e dei contro legati a questa scelta. Resta comunque il fatto che il tutto deve avvenire con la partecipazione e collaborazione dei rappresentanti del personale e del sindacato.
(1) Véronique Ducret, Pour une entreprise sans harcèlement sexuel, un guide pratique, con la collaborazione di Anne Marie Barone e Magalie Gafner, Georg Editions, 36 franchi |