Impero Hayek, non solo Swatch

Le cifre parlano da sole. Nell’intera Svizzera l’industria orologiera conta 40 mila impiegati, 33 mila di loro hanno il contratto collettivo di lavoro (Ccl) e lo stipendio medio nel settore è di quasi 5 mila franchi lordi al mese. Ben l’83 per cento dei lavoratori delle 570 imprese dell’industria dell’orologio a livello svizzero possono beneficiare dei vantaggi del Ccl. In Ticino, invece, coloro che sono impiegati nel medesimo settore dovrebbero essere circa 2 mila, 270 di loro con Ccl. La maggior parte sono lavoratori non qualificati con un salario d’uso mensile che raramente supera i 2 mila 500 franchi lordi. Solo due della quindicina di imprese attive in Ticino adottano il Ccl. Dopo aver sollevato il caso della ditta Diantus di proprietà del gruppo Swatch (n. 46, 14 novembre 2003) e dopo aver rilevato (n. 5, 30 gennaio 2004) che la recente decisione di trasferimento della logistica da Bienne in Ticino risponde anche a una chiara volontà di emigrare laddove il lavoratore può essere pagato meno, area cerca ora di andare oltre e capire quali sono le cause dell’anomalia ticinese. Perché la forte industria orologiera svizzera deve giocare al ribasso sui salari proprio in Ticino? Swatch group non è solo sinonimo dell’omonimo marchio di orologi e altri (vedasi immagine sopra) ma è un gruppo che controlla tutta la filiera di produzione. Si va dalla ricerca e dallo sviluppo nel settore, alla produzione e la commercializzazione dei meccanismi tramite l’impresa Eta (“pietra angolare del gruppo Swatch”), dal montaggio della cassa (grazie alle 440 unità di produzione sparse nel mondo, tra le quali la Diantus) alla commercializzazione e alla vendita del prodotto finito con negozi di proprietà della multinazionale. Ma non finisce qui: il gruppo è anche attivo nella telecomunicazione e nel settore automobilistico (Smart) e in quello dei servizi (misurazioni nel campo dello sport). Il gruppo Swatch ha un fatturato che supera i 4 miliardi di franchi e un utile al di sopra dei 400 milioni di franchi. Cifre che fanno sognare, specialmente gli Hayek, la famiglia proprietaria della multinazionale. I lavoratori di Bienne, e non solo loro, si chiedono allora qual è il motivo per il quale gli è stato proposto un trasferimento in Ticino lasciando oltre Gottardo il contratto collettivo di lavoro. Forse per problemi di concorrenza? Ma è un’argomentazione troppo comoda quella che si riferisce alla competitività coi produttori asiatici e la cui logica potrebbe riassumersi in questi termini: “se non giochiamo d’anticipo sui prezzi potremmo subire la concorrenza e perdere la posizione egemone che abbiamo”. La giustificazione è debole perché negli anni recenti, dopo la crisi degli anni Settanta, l’orologio svizzero ha rafforzato la propria posizione. Il gruppo della famiglia Hayek è monopolista, se non a livello mondiale almeno in Svizzera. E come tale si comporta; infatti, la Commissione della concorrenza (Comco) nell’ottobre 2002 ha aperto un’inchiesta («non ancora conclusa», ci dicono alla Comco) volta a verificare se la volontà di Eta di non più fornire dopo il primo gennaio 2006 alle imprese “non Hayek” i meccanismi semilavorati sia una violazione o meno della concorrenza. Non fornire ai concorrenti il materiale per fare gli orologi significa estrometterli dal mercato e rafforzare la propria posizione. Una posizione di vantaggio, ma non per tutti. Non per i lavoratori almeno. Rolando Lepori, segretario della Flmo sezione Ticino, propone pertanto di parlare di «strategia Hayek» piuttosto che di «strategia Swatch» per la pressione sui salari. La famiglia Hayek è egemone non solo all’interno del gruppo Swatch ma in tutto ciò che riguarda l’orologio in Svizzera (e in parte del mondo) e, non meno importante, egemone sulla sorte di quei 40 mila lavoratori impiegati nel mercato elvetico. Niente pressione della concorrenza, quindi, né di quella asiatica né di quella nazionale. Perché allora Swatch deve giocare al ribasso con i salari proprio in Ticino, “l’Asia della Svizzera”? Tutto porterebbe a concludere che scopo del gruppo di Bienne sia quello di sottrarsi agli obblighi che nel resto della Svizzera gli derivano dal rispetto del contratto collettivo. La risposta sindacale I sindacati del settore si dichiarano preoccupati per le recenti iniziative e dichiarazioni degli Hayek: «dovrei essere ringraziato per aver deciso di non portare la logistica fuori dai confini elvetici», ha sostenuto recentemente Nicolas Hayek senior. Rolando Lepori ammette che attualmente c’è poco da fare per la situazione dei sorprendenti bassi salari nell’orologeria cantonale: «non possiamo fare nulla contro quelle imprese che non vogliono adottare il Ccl, e al momento nulla per quei salari minimi che il Cantone chiama ”salari d’uso”.I 9-11 franchi pagati per un’ora di lavoro rispecchiano bene la situazione. Ma il futuro potrebbe portare a risultati migliori». Difatti esistono due possibili grimaldelli che prossimamente potrebbero contrastare la “strategia Hayek”. Primo: il Ccl dell’orologeria dovrà essere rinegoziato entro giugno e prevederà per la prima volta (la convenzione è nata nel 1937) un salario minimo che verrà contratto per regione e tipo di lavoratore, qualificato o non. «Il problema – commenta il segretario Flmo – è che ciò varrà solo per le imprese già firmatarie del Ccl». Ditte come la Diantus di Mendrisio non saranno toccate dal nuovo accordo nel settore. Da solo, il minimo salariale previsto dal Ccl non sarà un’arma sufficiente. Più interessante è invece la seconda possibilità, legata al lavoro della Commissione tripartita cantonale. La Tripartita rappresenta una delle misure di accompagnamento della fase più importante dell’accordo fra Svizzera e Unione europea in materia di libera circolazione delle persone (partirà in giugno) che ha per compito di sorvegliare e intervenire nei casi di abuso, di “dumping” salariale. La commissione avrà la facoltà di decidere quali sono i minimi salariali, e sicuramente la nozione di “salario d’uso” dovrà essere rivisitata. La Tripartita potrà intervenire e obbligare le imprese che abusano dei lavoratori a praticare salari e condizioni di lavoro migliori. Ciò che sarà interessante sapere è se i salari che “abitualmente forma il mercato” potranno essere nuovamente, come oggi fa il cantone, ricondotti unicamente alla situazione anomala ticinese (2 mila 500 franchi mensili) o se si dovrà armonizzarli al resto della Svizzera (5 mila franchi mensili).

Pubblicato il

06.02.2004 03:00
Can Tutumlu