Tre mesi di campagna a tambur battente per le votazioni del prossimo 16 maggio. Cose mai viste. Né a livello federale, dove in particolare si vota sul referendum contro l’undicesima revisione dell’Avs e su quello contro il pacchetto di sgravi fiscali, né in Ticino, dove ci si esprimerà sui quattro referendum contro altrettante misure di risparmio contenute nel preventivo 2004 del Cantone. Con largo anticipo sono scesi in campo i fautori del meno Stato ad oltranza, terrorizzati all’idea che quello del 16 maggio diventi un voto di sfiducia alla loro politica defiscalizzante e desolidarizzante imposta in Ticino da nove anni, in Svizzera dall’ultima legislatura. E questo a maggior ragione dopo la sberla incassata dal controprogetto all’iniziativa "Avanti". Nel nostro sistema politico ampiamente proporzionale il voto di sfiducia in quanto tale non esisterebbe. L’istituto del referendum adempie semmai la funzione di sfiduciare su oggetti puntuali un governo e un parlamento che paradossalmente, proprio perché sempre soggetti alla verifica popolare del loro agire, escono dalle votazioni popolari più legittimati e dunque rafforzati, qualunque ne sia l’esito. Questo è però vero in un contesto politico normale, fatto di reale concordanza fra le forze politiche di governo e di ricerca di un consenso sociale e politico il più ampio possibile. Non è questa la situazione attuale. In effetti la destra liberista sta imponendo senza compromessi e spesso senza alcuna concertazione le sue ricette, come se il nostro Paese fosse passato di colpo ad un sistema maggioritario, nel quale chi è al potere comanda e chi è all’opposizione subisce e tace. Per i disegni politici di questa destra il 16 maggio diventa così un appuntamento cruciale. A livello svizzero è infatti la prima importante verifica popolare del suo programma fatto di riduzione delle imposte (il pacchetto fiscale) e di conseguenti tagli nella socialità (l’undicesima revisione dell’Avs). In Ticino si è invece alla prova del nove per verificare il reale sostegno alla politica defiscalizzante della maggioranza: dopo i facili "sì" raccolti promettendo meno tasse si tratta di capire se i cittadini sono d’accordo anche con le conseguenze di tali politiche. Insomma, in gioco è la credibilità politica delle autoproclamate maggioranze che ci governano. Ecco perché i partiti che le compongono sono così agitati e si gettano con largo anticipo, e non senza demagogia, nella campagna in vista del voto. Sono a un niente dal vedersi spalancate le porte verso il loro sogno di una Svizzera ultraliberista, ma sanno anche che nel Paese c’è un’opposizione in grado di diventare a sua volta maggioranza e pronta a svegliarli dal sogno. Cominciano a capire che a furia di tirare la corda si sono forse messi da soli in minoranza di fronte al Paese. Sfiduciarli con i referendum potrebbe davvero equivalere ad un cambio di governo.

Pubblicato il 

20.02.04

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