Home
Rubriche
Dossier
Multimedia
Archivio
Contatti
“Il vento è cambiato”
di
Sabina Zanini
Penultima intervista con i candidati al Consiglio di Stato nella lista del Partito socialista. È la volta di Anna Biscossa, dal 1996 presidente del Ps. 48 anni, sposata con un figlio, Biscossa è ingegnere agronomo e insegna a tempo parziale nelle Scuole professionali. Attiva fin dall’adolescenza in diversi movimenti politici, entra per la prima volta in un partito nel 1988, agli esordi del Psu, “confidando nella volontà dei socialisti e dei progressisti di formare un’unica aggregazione politica”.
Signora Biscossa, partiamo da un domanda tormentone: perché la presidente del partito ha deciso di mettersi in corsa per un seggio in Consiglio di Stato?
La mia candidatura è stata decisa dal partito insieme agli altri candidati. Volevamo una lista forte perché il nostro obiettivo è di raggiungere un risultato importante, se non addirittura storico, sia in Consiglio di Stato che in Gran consiglio.
Nel canton Ginevra i socialisti sono riusciti a mantenere il secondo seggio in Governo che Micheline Calmy-Rey aveva “soffiato” ai liberali. In Ticino ci sono le condizioni per conquistare un secondo seggio Ps?
Saranno gli elettori a dirlo. In ogni caso, di fronte alle attuali emergenze politiche, economiche e sociali bisogna crederci e avere il coraggio di provarci. Del resto in questa campagna noi socialisti non ci rivolgiamo solo all’elettorato progressista. Vogliamo rendere attente tutte le cittadine e i cittadini che non fanno capo a un movimento o partito definito che esiste un altro Ticino e che si può far politica in modo diverso. Abbiamo un progetto, una visione, vogliamo realizzare questo cambiamento e chiediamo la fiducia degli elettori per poterlo fare.
Secondo l’attuale direttrice del Dfe, Marina Masoni, spesso la sinistra etichetta l’attuale politica economica come neoliberista ma il termine sarebbe usato a sproposito. È vero o no che ora la politica economico-finanziaria del Cantone è di ispirazione neoliberista?
Realizzazioni di politiche neoliberiste in Ticino in effetti non ce ne sono state. Ma non perché siano mancate le proposte politiche in tal senso, badate bene, quanto piuttosto grazie alla resistenza attiva dei cittadini. Cito al proposito tre esempi: il voto popolare sulla Legge federale sulla distribuzione dell’energia elettrica che ha portato al ritiro del progetto sulla trasformazione dell’Azienda elettrica ticinese (Aet) in società anonima, la discussione pubblica che ha fatto scaturire il rafforzamento del mandato pubblico della Banca dello Stato con l’accettazione della nuova legge e la bocciatura popolare del contributo pubblico alle scuole private. Quello che stupisce è che oggi liberali e pipidini sembrano essere diventati strenui sostenitori dei servizi pubblici, delle regie federali ecc. rifiutando con sdegno le privatizzazioni e l’idea del libero mercato come generatore di ogni ricchezza. Strano, molto strano. Fino a poco tempo fa chi come noi difendeva il servizio pubblico e si opponeva alle privatizzazione veniva tacciato proprio da questi partiti di essere un miope conservatore e il “dio” delle liberalizzazioni furoreggiava alla grande. Si vede proprio che il vento è cambiato.
Il Partito liberale radicale ticinese (Plrt) accusa i socialisti di condurre una politica contro e di essere piuttosto carenti sul fronte delle proposte concrete. Come risponde?
Al contrario, non solo abbiamo molte proposte concrete: noi socialisti abbiamo un progetto organico e coerente di Comunità Ticino che vogliamo realizzare! Ad esempio, di fronte alle limitate risorse pubbliche riteniamo che il cosiddetto “intervento a favore delle condizioni quadro”, che tanto incanta i liberali, debba essere fatto sulla base di scelte politiche chiare. Sostenere le aziende in modo indifferenziato è costoso e inefficace. A nostro giudizio bisogna puntare sulla creazione di un tessuto economico saldamente legato al territorio, sostenendo le aziende innovative e le regioni periferiche. Quanto fatto finora dalla maggioranza politica non è andato in questa direzione e le cifre lo dimostrano: l’83,5 per cento delle aziende create negli ultimi 4 anni sono succursali che “voleranno” via o sono già “volate” via al primo alito di cattiva congiuntura economica, provocando un aumento dei fallimenti del 18,8% in Ticino contro la media svizzera dell’8,1%.
Cosa ne pensa della proposta liberalsocialista di alzare la soglia del reddito imponibile a 60 mila franchi?
Condivido la necessità di proteggere maggiormente il reddito di chi lavora rispetto a quello di chi specula. Purtroppo però la proposta di Bervini è irrealizzabile: il 72% dei ticinesi guadagna meno di 50 mila franchi il che equivarrebbe a dire perdere con la proposta Liberal Socialista circa l’80% dei contribuenti. Come compenseremmo la perdita di gettito che ne deriverebbe? L’esperienza degli ultimi anni insegna infatti che tutti sono molto bravi a tagliare. Molto più difficile è trovare nuove entrate e soprattutto costruire il consenso su questa necessità!
In quanto ingegnere agronomo lei potrebbe anche ambire al Territorio. Quali urgenze individua negli ambiti di competenza di questo Dipartimento?
Direi che dal punto di vista della protezione ambientale è centrale la questione del traffico. Innanzitutto bisogna avere la forza di ottenere il contingentamento del traffico pesante di transito. Il trasporto su ferrovia va potenziato, come pure il trasporto pubblico in generale con tariffe più attrattive di quelle attuali e pianificando meglio le coincidenze. Non possiamo inoltre più permetterci di costruire nuove strade. Per cui no al raddoppio del Gottardo, no alla Stabio-Gaggiolo e no all’autostrada sul Piano di Magadino.
In quanto docente potrebbe invece ambire all’educazione. Cosa si deve fare prioritariamente per la scuola pubblica?
Di nuovo, anche per la formazione le risorse finanziarie sono troppo limitate in Ticino. A livello di scuola obbligatoria bisogna puntare all’equità offrendo a ciascuno secondo i propri bisogni, sia nell’apprendimento, sia nelle strutture parascolastiche. In ambito di insegnamento secondario bisogna riuscire a dare più cultura, più occasioni di crescita personale e più sperimentazione didattica anche a discapito di un po’ di nozioni. Nelle formazioni superiori infine è assurdo il bisticcio tra Usi e Supsi nei diversi ambiti di competenza, nonché l’esistenza di doppioni, triploni… in certi settori. Le borse di studio, infine, decurtate nell’ultimo preventivo, devono essere garantite e sufficienti per tutti.
Il candidato al Consiglio di Stato per il Plrt Sandro Lombardi sul giornale Opinione liberale affermava che, in caso di elezione, sarebbe interessato, oltre che al Dfe, anche al Dipartimento della sanità e socialità (Dss) per vedere se «è davvero così impossibile calmierare l’aumento delle consistenti spese che stanno provocando disavanzi milionari del nostro conto economico cantonale». Come commenta questa affermazione?
La politica sanitaria è dettata da una legge federale quindi la responsabilità a livello cantonale è limitata. Se Lombardi controllasse la spesa sanitaria cantonale si accorgerebbe dell’evidente paradosso ticinese: in questo Cantone il reddito medio è del 20% inferiore rispetto al resto della Svizzera ma i cittadini spendono il 20% in più per l’assicurazione di base, il 70% in più per le spese di analisi di laboratorio e il 30% in più per i medicamenti. Il Ticino ha inoltre il 50% dei posti letto in mano ai privati contro la media svizzera del 15%. Lombardi dovrebbe allora chiedersi se non sia tutto questo “privato” a far levitare i prezzi, visto che fin tanto che c’è chi offre salute c’è sempre qualcuno disposto a comprarla .
Il Mattino della domenica ha lanciato una nuova crociata: no ai doppi redditi nello Stato. E con l’eleganza di sempre ha pubblicato una sua fotografia con l’infamante didascalia “la madre di tutti i doppi redditi”.
Ogni persona ha il diritto di lavorare quanto vuole e questo vale evidentemente anche per le donne, ci mancherebbe! In più sono tutte frottole: ho praticamente sempre lavorato a tempo parziale, soprattutto per poter conciliare professione e impegno politico, e inoltre negli ultimi tre anni mio marito è stato in congedo non pagato. È comunque vergognoso che tali accuse giungano da persone le cui gesta sono leggibili consultando la loro fedina penale o, peggio, da chi non ha nessuno scrupolo di coscienza a minacciare di morte gli avversari politici!
Pubblicato il
21.03.03
Edizione cartacea
Anno VI numero 12
Articoli correlati
Nessun articolo correlato