Il sogno di una casa

C’è chi ricorda un tempo in cui il ferroviere, l’impiegato dello Stato, il muratore che ci metteva il lavoro nel suo tempo libero, riuscivano a costruirsi la propria casa, spesso grazie anche a un terreno ricevuto dalla famiglia. Capitava soprattutto nelle vicinanze di agglomerati rurali. C’era persino una tipologia di quelle case (una casa da ferroviere). L’accesso alla proprietà era per la parte dominante della politica uno dei sistemi per garantire stabilità perché a chi è proprietario (capitalista?) non vengono idee balzane e per un’altra parte solo un sacrosanto diritto, anche di giustizia distributiva.


Ora, singolarmente, proprio quando il mercato continua a rilevare sovrabbondanza di alloggi o si teme sempre una nuova bolla immobiliare, si torna a porre l’accento con studi o interventi vari su quella che è diventata una ovvietà per molti: per numerose economie domestiche è ormai diventato troppo tardi vedere i figli crescere in una propria casa familiare. In altri termini: gli svizzeri non possono permettersi di acquistare il proprio alloggio se non in età molto avanzata. Per motivi di costi, di disponibilità finanziaria, soprattutto per le giovani coppie, o anche della parte di fondi propri richiesta per accendere un’ipoteca.


Il desiderio di poter accedere alla proprietà rimane sempre fortissimo. Tanto è vero che si vive una singolare contraddizione: i beni immobili disponibili alla vendita sono oggetto di una domanda elevata che fa salire i prezzi, sia per le case monofamiliari sia per le proprietà per piani. Si annulla in pratica il vantaggio che potrebbero dare i tassi ipotecari rimasti bassi che, paradossalmente, sono la principale causa dell’elevata offerta di abitazioni, sostenuta in buona parte da fondi, casse pensioni, assicurazioni, banche.


Ci sono due constatazioni che vanno rilevate, che emergono anche da uno studio recente (“Immobilier suisse” di Raiffeisen Economic Research) e che possono suscitare qualche meraviglia o incredulità.


La prima è che da 25 anni i prezzi per l’acquisto di un alloggio sono sempre aumentati, ma – si sostiene – tenuto conto dei redditi piuttosto elevati che si percepiscono, la Svizzera non è tra i paesi più cari. Anzi, risulterebbe meglio posizionata. Un’economia domestica svizzera deve lavorare circa 8 anni e mezzo per poter guadagnare l’equivalente del prezzo di un appartamento-standard, in Germania ce ne vogliono 9, in Austria più di 10, in Francia 13. Rimane però una domanda: se nella realtà odierna le cose sembrano peggiorate o i sogni resi impossibili, tanto da trovare difficoltà a possedere una propria casa, un proprio appartamento, non è che sia cresciuta enormemente la disparità tra il reddito percepito e disponibile (immobilità dei salari, ad esempio) e i costi e i prezzi abitativi (in continuo aumento?).


La seconda constatazione: in Svizzera, rispetto ad altri paesi, il passaggio dalla situazione di inquilino a quello di proprietario permette di economizzare più denaro. In termini semplici: oggi finisci per pagare meno di ciò che pagheresti con un affitto, anche con un debito ipotecario elevato. E allora, come mai, il numero effettivo di proprietari di alloggio (circa il 36 per cento) continua ad essere tra i più bassi d’Europa? Lo si spiega dicendo che «nella ricerca di un equilibrio politico tra la promozione dell’accesso alla proprietà e la stabilità sistemica, la Svizzera tende a privilegiare la sicurezza». Difficile da capire.  Sicurezza per chi? Quindi, possedere il proprio alloggio diventa un privilegio.

Pubblicato il

09.09.2021 10:40
Silvano Toppi
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