Il sindacato è femmina

Io leggo. Molto. Forse troppo. È quello che mi dico quando comincio a mettere assieme un fumetto, un saggio e la lettura dei quotidiani per tirar fuori un commento. Un po’ la cosa mi preoccupa. Per mia fortuna, però, non sono americano e quindi ancora non devo temere che la polizia mi fermi con il mio solito pacco di carta all’uscita del negozio del Sergio (ehi, questa è pubblicità occulta!). [Mi viene in mente quella volta, a militare, in cui un capitano di cui non ricordo più il nome ma che ha fatto carriera mi squadra e mi dice: «Lei!»; ed io: «Io!»; «COSA CI FA CON QUEL GIORNALE SOVVERSIVO NEL LOCALE GUARDIA?»; ancora oggi mi chiedo se intendeva Cuore o il Giornale del Popolo, perché non me lo ha mica detto.] Bè, per farla breve, comunque è andata così: mi sono letto l’ultimo Julia, che quando ho letto il giornale mi sono detto c’ha ragione Berardi e mi ha fatto venire in mente Bechtel. E finalmente ho capito: il sindacato è femmina! D’accordo, procediamo con ordine. Avevo appena letto l’ultimo numero di Julia, di Giancarlo Berardi. In questo episodio Julia, tanto attratta quanto indecisa fra due uomini, nel suo diario annota: «Non sopporto i moralismi, soprattutto quelli a doppio binario che, per un comportamento identico, fanno differenza tra uomini e donne». Avevo appena letto questo fumetto, dicevo, che mi sono imbattuto nell’ennesimo commento sulle attuali lotte sindacali. Il commentatore, sulla lunga scia di chi l’ ha preceduto in questi ultimi mesi, additava il comportamento assunto dalle organizzazioni sindacali (sciopero, manifestazione, referendum) come sintomo di velleitarismo. L’accusa è quella di voler fare opposizione a priori, di non voler assumere posizioni responsabili nei confronti delle finanze pubbliche, di arrecare più danno al servizio pubblico ed ai lavoratori con la contestazione che con la concertazione. È a questo punto che ho associato le due letture… il moralismo a due binari… Cavolo!, sono decenni che la classe dominante fa il bello ed il brutto tempo senza chiedere niente a nessuno, che smantella le condizioni di lavoro, che licenzia vagonate di lavoratori, che butta giù a colpi di piccone le finanze pubbliche e lo stato sociale… ma lo fa per il nostro bene… Già, la classe dominante è maschio: «Per dirla alla francese» prosegue Julia, «un tombeur de femmes suscita ammirazione e invidia, mentre si disprezza una conquistatrice». Così ho collegato il tutto all’accurata ricerca di Guy Bechtel (“Le quattro donne di Dio”, Pratiche Editrice), che analizza la posizione della Chiesa nei confronti delle donne. Bechtel identifica quattro modi di concepire la donna: la strega, la puttana, la santa e l’oca. E mi sono detto che fondamentalmente sono altrettanti modi cui ricorre la classe dominante ed i suoi portabandiera per dipingere i sindacati. Abbiamo la strega (quella che “La lotta paga, la concertazione no”), la puttana (che induce nel peccato e travia i lavoratori), l’oca (le cui proposte sono tutte utopie) e la santa (quella che si intervista sempre volentieri). Bè, non è facile lottare contro simili pregiudizi. Ma chi ha pratica di lotte sociali sa una cosa: le donne sono molto più tenaci e combattive degli uomini…

Pubblicato il

30.01.2004 13:30
Mauro Marconi
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