La Consitex SA di Mendrisio, società che appartiene al gruppo Ermenegildo Zegna, ha annunciato il taglio di 80 posti di lavoro. Le attività del “reparto taglio” verranno concentrate in Italia, nello stabilimento che il gruppo possiede in provincia di Novara. In una nota diffusa ai media Consitex spiega che, oltra all’attuale tasso di cambio tra franco ed euro, il trasferimento è legato «al continuo aumento del salario minimo all’interno del Canton Ticino». Ma è davvero così? Per saperne di più abbiamo posto alcune domande a Vincenzo Cicero, responsabile del settore industria in seno ad Unia.

 

Vincenzo Cicero, cosa ne pensa della retorica del salario minimo per giustificare questa ristrutturazione?

 

Non sono assolutamente d’accordo con questa giustificazione che trovo pretestuosa. Prima di tutto occorre chiarire che nel settore dell’abbigliamento il salario minimo legale cantonale non è ancora in vigore. Sulla base del contratto collettivo in vigore è stata data una deroga, anche in garanzia del fatto che le aziende avrebbero mantenuto in Ticino la loro attività. In secondo luogo penso che le ragioni del trasferimento siano altre.

 

Quali?

 

Sicuramente il cambio franco/euro ha giocato un ruolo, riducendo i margini di guadagno su alcune produzioni. Inoltre alcune esigenze legali italiane inerenti al marchio “made in Italy” fanno sì che una parte della produzione debba essere svolta in Italia. Dato che il gruppo Zegna dispone di uno stabilimento specializzato nel taglio in Piemonte – oltretutto con il personale attualmente in cassa integrazione – i dirigenti del gruppo hanno deciso di concentrare lì queste attività.

 

Come mai, quindi, tirare in ballo il salario minimo?

 

Penso che sia un pretesto. Quest’anno si tengono le trattative per il contratto nel settore e una ristrutturazione di questo tipo, giustificata con il salario minimo, equivale a mettere pressione sulle parti. Dalla serie: “State attenti che se aumentate troppo i salari ci saranno delle conseguenze”.

 

Allargando il discorso non si può non notare che in queste settimane nel settore della moda ci sono stati altri annunci di licenziamenti (vedi i tagli alla VF di Stabio). Si può parlare di crisi?

 

Di crisi vera e propria non direi. È chiaro che l’attuale contesto internazionale, compresa la questione dei dazi, crea delle incertezze. A questo va aggiunta la crisi del mercato cinese e un rallentamento di quello europeo. In certi segmenti produttivi, come la moda o l’orologeria, la somma di questi fattori inizia quindi a farsi sentire. Tuttavia, le ristrutturazioni sono spesso delle misure prese per razionalizzare la produzione e continuare ad avere ampi margini di profitto.

 

Pubblicato il 

18.03.25
Nessun articolo correlato