Il razzismo di Christoph

Cécile Bühlmann, vice presidente della Commissione federale contro il razzismo (Cfcr), era una delle persone invitate alla tavola rotonda voluta la settimana scorsa da Christoph Blocher per discutere di razzismo. O meglio della legge contro la discriminazione razziale (l'articolo 261bis che riproduciamo nel box in pagina) introdotta 12 anni fa in Svizzera e che il ministro – e l'Udc – osteggiano apertamente. «Ma voi come avere fatto ad ottenere il rapporto?», ci ha chiesto Cécile Bühlmann facendo notare che agli esperti invitati le 20 di pagine del documento di lavoro prodotto dall'Ufficio federale di giustizia è stato consegnato... il giorno prima della discussione. Nell'intervista Cécile Bühlmann traccia un bilancio dei 12 anni della legge contro il razzismo e racconta del clima che si respirava durante i colloqui alla tavola rotonda in cui la maggior parte degli esperti si è detto di non volere né un'abrogazione né una modifica dell'articolo 261bis.

Nel documento di lavoro presentato dall'Ufficio federale di giustizia (Ufg) ci si chiede già nell'introduzione se non sono sufficienti il buon senso e la formazione per combattere il razzismo. Cécile Bühlmann è davvero necessario avere un apposito articolo di legge che punisce penalmente la discriminazione?

Sì, è una legge molto importante. Vorrei però precisare una cosa. Non c'è uno degli argomenti contenuti nel foglio di lavoro che non è stato affrontato dal Parlamento quando 12 anni fa è stato introdotto l'articolo 261bis (si veda il box, ndr). L'incontro con Blocher è stato un "déjà vu". Torniamo alla domanda. Già oggi si fa della formazione uno degli strumenti per la lotta al razzismo. Lo prevedono i programmi scolastici, anche perché nella Convenzione internazionale del bambino è previsto che i ragazzi vengano preservati dal razzismo. Insomma a scuola si fa già qualcosa. L'articolo 261bis punisce la propaganda razzista, quella che si esprime in pubblico. Il ragionamento del legislatore è il seguente: la propaganda razzista verso le minoranze turba la pace pubblica. È la pace pubblica il bene che viene protetto.
Un'altra questione controversa messa sul tavolo dall'Ufg è se «una legislazione contro il razzismo non intacca in modo eccessivo il diritto degli svizzeri alla preservazione della propria identità».
No, no, no. Non capisco proprio questo punto. Lo trovo totalmente assurdo. Ma che identità sarebbe una identità che accetta una propaganda razzista? Che società sarebbe? Io sono fiera che la Svizzera ha raggiunto dopo tanti anni – e dopo molti paesi – una legislazione contro il razzismo. La legge è il frutto della Convenzione internazionale contro il razzismo. Come facciamo a ritirarci da questo trattato dopo che l'abbiamo ratificato? Non perdiamo la nostra identità se affermiamo di essere contro il razzismo. La rinforziamo.
L'articolo 261bis è tacciato di essere una "legge museruola". L'Ufg pone il quesito se non è una limitazione della libertà d'espressione. Insomma si potrebbe quasi tradurre che non si ha il diritto ad essere razzisti.
Non smetterò mai di dirlo. La legislazione attuale interviene qualora si manifesta pubblicamente la discriminazione, si è coscienti che non la si può sradicare dalle menti. Durante la consultazione non c'è stato un esperto che non ha ricordato al signor Christoph Blocher che la libertà d'espressione non è mai illimitata. Questo limite vale anche per molte altre leggi. Eppure qui si invoca la libertà d'espressione solo in merito al razzismo.
Un'altra critica è che il contenuto della legge è troppo vago e che pone delle difficoltà concrete nella sua applicazione. È vero?
Sì, è vero. Gli specialisti in giurisprudenza presenti durante il colloquio hanno detto che è normale per un articolo di legge che ha solo 10 anni e che rappresenta la normalità e non un'anomalia. L'interpretazione di un articolo di legge è una realtà quotidiana di molte norme in ambito penale. È la giurisprudenza che crea una prassi. Il parlamento crea le leggi con una certa elasticità di modo che possano in seguito venire affinate, è una tendenza sempre più in atto che non aiuta l'applicazione di una legge. Non è né un male né un bene, è un fatto. E non è sicuramente una specificità o una novità introdotta con l'articolo 261bis. È il pane quotidiano dei tribunali.
Una delle proposte è l'abrogazione della legge contro il razzismo. Quali sarebbero le conseguenze se venisse eliminata la legge sul razzismo?
Una delle conseguenze più imbarazzanti – oltre chiaramente alla questione morale, ma lì ognuno ha la sua testa – sarebbe l'uscita dalla Convenzione internazionale che abbiamo firmato nel 1994. Anche perché la Comunità europea ha detto di volere andare nella direzione della Svizzera. Pensi a quale smacco sarebbe abolire la legge contro il razzismo. Pochi anni fa discutevamo di estendere l'articolo 261bis. Si volevano abolire le associazioni razziste e proibire il commercio dei loro simboli, come ad esempio nel caso dei neonazisti. Anche su questo punto gli esperti presenti si sono ribellati alla proposta di abrogazione della legge.
Un'altra variante è l'eliminazione della parte di legge che riguarda il genocidio e i crimini verso l'umanità. Cosa ne pensa? 
Che non è la medicina giusta per far passare il "mal di pancia" al signor Blocher (il ministro elvetico si era espresso in questi termini durante una conferenza stampa tenutasi in Turchia in cui era stato incalzato per la condanna in Svizzera di un cittadino turco che negava il genocidio degli armeni, ndr). Si ritiene accettabile il fatto che si potrà negare l'Olocausto?
D'accordo. C'è però una variante che prevede di specificare cosa è genocidio e cosa non lo è. Non è meglio della situazione attuale?
No. Un fondamento dell'ideologia razzista è il negazionismo. Si negano i genocidi perché si è razzisti. Non dobbiamo avere paura di chiamare le cose con il loro nome.
La Commissione federale contro il razzismo reputa frequente la negazione di prestazioni pubbliche, come una bibita al bar, per motivi razziali. Oggi è reato, ma anche su questo punto della legge si vorrebbe intervenire.
Sì, ed è curioso il fatto che durante la consultazione non sia stato minimamente discusso…
A cosa è servito l'incontro con Christoph Blocher?
Per essere ottimisti: Blocher se è onesto dovrà tirare la conseguenza del fatto che la maggioranza degli esperti invitati reputano sbagliato cancellare l'articolo 261bis o portargli delle modifiche invalidanti. Ma i veri motivi di questo incontro erano di tipo politico. L'Udc vuole fare campagna politica sul razzismo. Probabilmente non hanno neppure veramente l'intenzione di cancellare l'articolo contro la discriminazione razziale. Perderebbero uno dei cavalli in battaglia in previsione delle prossime elezioni.

Minareti, sicurezza, museruole per l'Udc

La nuova propaganda democentrista è cominciata a Rhäzuns nel settembre dell'anno scorso. Christoph Blocher era stato capace allora di dare risonanza internazionale alla vicenda della bambina violentata nel paesino dei Grigioni da altri due pre-adolescenti. Il consigliere federale aveva fatto notare l'origine balcanica dei due bambini-violentatori. Da allora si è rilanciato il dibattito: bisogna o non bisogna pubblicare la nazionalità di chi compie crimini? Solo un mese più tardi Blocher aveva commentato – durante una visita in Turchia – la decisione di condanna inflitta in Svizzera ad un cittadino turco che si ostinava a negare il genocidio degli armeni. «La legge contro il razzismo mi fa venire il mal di pancia», aveva detto polemicamente (si veda anche l'articolo sopra).
Dall'autunno scorso non c'è una settimana in cui l'Udc non marca il territorio con dei comunicati stampa che mettono pressione sul tema: "Stop alla brutalità e la violenza giovanile", "Le conseguenze di una politica degli stranieri sbagliata", "L'Udc esige un drastico appesantimento delle pene", "Migliore protezione contro la violenza e i crimini sessuali", "La criminalità non è frutto del caso", "Violenza giovanile: tolleranza zero ", "Ancora 3 bambine violentate", "Criminalità giovanile uguale soprattutto criminalità degli stranieri", ... Questi i titoli di alcuni dei dispacci.
Curiosamente però più nessuna condanna pubblica per gli "spacciatori africani" dopo che il 24 settembre scorso sono state appesantite le leggi su stranieri e asilo. L'Udc omette però di dire che fra marzo 2006 e marzo 2007 le domande di asilo sono cresciute del 23 per cento e che le nuove leggi non hanno avuto gli effetti dissuasivi voluti.
Un altro cavallo di battaglia è la lotta ai minareti. "I minareti come funghi", hanno detto. Ebbene i nuovi progetti di dominazione e minaccia religiosa in Svizzera sono rappresentati da... 3 minareti che si vorrebbero costruire a Wil (San Gallo), Wangen (Soletta) e Langenthal (Berna).

Pubblicato il

01.06.2007 01:30
Can Tutumlu