Il ramo del gesso nella morsa dei subappalti

Il meccanismo del subappalto nel settore del gesso crea danni sociali ed economici a cascata.

Il meccanismo funziona così: una persona, che chiameremo Valentino*, risponde a un annuncio su un portale per un posto di gessatore in Svizzera. Nei primi contatti, il referente della ditta registrata in Svizzera interna, rassicura Valentino che le cose saranno tutte regolari, nel rispetto della legge e senza inganni.


Valentino si fida e parte per il Ticino, perché il suo nuovo datore gli spiega di volerlo impiegare in un cantiere di medie dimensioni del Sopraceneri dove ha vinto l’appalto della posa dei plafoni. Dopo qualche giorno, Valentino intuisce che qualcosa non funziona correttamente. Nel cantiere lavora con dei dipendenti della ditta svizzero-tedesca, ma se interpellati, lui e i suoi colleghi dovranno rispondere di essere alle dipendenze di un’importante ditta del gesso sopracenerina. Questo perché, gli viene spiegato, l’impresa generale di costruzioni non vuole subappalti nei suoi cantieri. In particolare nel gesso, perché sanno che troppo spesso subappalto è sinonimo di guai. E l’impresa generale, vista la responsabilità solidale, di guai non ne vuole. Valentino capisce che la sua ditta non ha vinto l’appalto, ma il lavoro gli è stato subappaltato da un’altra, a insaputa dell’impresa generale. La cosa puzza, ma in fondo lui vuole solo lavorare ed essere pagato. Passa il primo mese e nascono altri inghippi. Al posto della paga, arrivano le giustificazioni del mancato pagamento. Valentino insiste e qualche anticipo arriva, ma siamo lontani dal ricevere l’intero salario. Lo stesso vale per i suoi colleghi. Gli operai si lamentano, il datore fa loro dei bonifici bancari di parte del salario per tenerli buoni, ma in sostanza i soldi per arrivare a fine mese mancano sempre. All’appello mancano anche i conteggi salariali mensili dei dipendenti. Cresce il malcontento e la voce arriva ai funzionari di Unia. Sul cantiere dove lavora Valentino, sbarca anche la Commissione paritetica cantonale del ramo (Cpc) per un controllo. Qualche giorno dopo, ai dipendenti arrivano tutte d’un colpo le buste paga dei mesi precedenti. I funzionari Unia le verificano e notano che non esiste nessuna corrispondenza tra gli stipendi e i bonifici realmente effettuati. In un caso poi si sfiora il grottesco: a un dipendente è stata fatta la busta paga di un mese precedente all’inizio del suo impiego. Complice forse la frenesia di allestire le buste paga in fretta e furia per rispondere alle richieste della Cpc, ma l’errore è grossolano: quel mese il dipendente lavorava in Italia presso un’altra azienda, come attestano ulteriori documenti. Il sindacato sospetta che quelle buste siano false, allestite unicamente per rispondere alle richieste della Cpc. Sulla base dei conteggi delle ore e dei soldi realmente versati, Unia ha stabilito che i dipendenti hanno ricevuto dei salari ben al di sotto di quelli obbligatori per legge dal contratto del gesso. In un caso, il lavoratore è stato retribuito 16,80 franchi l’ora, circa dieci franchi in meno del dovuto. In un altro, la paga ammontava a 14,75 franchi l’ora. Unia ha quindi avviato le procedure per recuperare il dovuto agli operai, in tutto svariate migliaia di franchi. Non è la prima volta che si trovano confrontati con casi simili legati alla stessa ditta del gesso ticinese. Questa impresa sopracenerina subappalta i lavori a un’altra ditta, sovente svizzero-tedesca, che impiega lavoratori notificati per brevi periodi.

 

60’000 in un sol colpo
Il subappalto nel gesso è una pratica a cui ricorrono spesso i furbetti. Nel gesso, dove il costo del materiale è pressoché identico per tutti, non di rado il guadagno lo si ricava dallo sfruttamento degli esseri umani, cioè non rispettando i minimi salariali legali.


In questo gioco al ribasso, vi sono due gradi di responsabilità. Quella dei committenti o delle imprese generali di costruzione che applicano dei prezzi alle ditte del gesso, ben sapendo quanto sia impossibile rispettare i salari minimi, fosse solo per coprire i costi. A volte, le grandi imprese appaltano una serie di lavori diversi nello stesso cantiere alla medesima ditta del gesso. I prezzi di alcune opere consentono alla ditta di rispettare i minimi salariali traendone anche un profitto, mentre per altri lavori sono vistosamente sotto costo. Per non andare in perdita, la ditta lo subappalta a un’altra ditta, diciamo, meno affidabile. Quest’ultima ovviamente si rifarà sui suoi dipendenti oppure sulla scarsa qualità dei lavori eseguiti. È un sistema più diffuso di quanto si creda, affermano i sindacalisti e impresari ascoltati da area.

Ticino
A volte però il giochino si rompe e i cocci qualcuno deve pagarli. È il caso di un’importante ditta del gesso del Sottoceneri, che aveva subappalto alla medesima ditta, Gessodicarta* Sagl registrata in Mesolcina, diversi lavori in sei cantieri, anche di grosse dimensioni. Il risultato è stato una quindicina di operai con ammanchi salariali importanti. Unia è intervenuta, sia presso Gessodicarta che l’impresa appaltatrice, per tutelare i lavoratori. Trovato l’accordo con il sindacato, l’impresa appaltante nel giro di pochi giorni ha versato complessivamente oltre 60’000 franchi alla quindicina di operai. Pur sostenendo di aver già pagato la Gessodicarta per i lavori che gli aveva affidato, l’impresa principale ha preferito anticipare lei i soldi agli operai per chiudere la questione. In un secondo tempo, si rifarà sulla ditta a cui aveva subappaltato i lavori. O almeno questa sarebbe la speranza. Perché nel frattempo Gessodicarta è già fallita. Ma non si disperino i loro estimatori. Mentre la Gessodicarta si avviava verso il fallimento lo scorso autunno, la copia di amministratori ha provveduto negli stessi mesi a creare una nuova ditta, sempre nel ramo del gesso e pittura, ma questa volta registrata a Bellinzona. Al nome hanno aggiunto l’aggettivo suisse, che teoricamente dovrebbe attestarne la qualità. Non sempre teoria e realtà coincidono.

Pubblicato il

17.04.2019 18:36
Francesco Bonsaver