L'editoriale

Confermando lo spacchettamento in quattro tronconi del processo Eternit bis a carico dell’ex re dell’amianto Stephan Schmidheiny, i giudici della Corte di Cassazione hanno indubbiamente inferto un ennesimo duro colpo al morale dei famigliari delle vittime, la cui fiducia nella giustizia, dopo sette anni di udienze, condanne, proscioglimenti, annullamenti e ricorsi bocciati, ormai vacilla. Ancora una volta, si ricomincia tutto da capo in quattro diversi tribunali, in un contesto pieno di incognite su cui incombe lo spettro della prescrizione del reato per molte delle vittime innocenti, morte ammazzate dall’amianto utilizzato nel nome del profitto e in pieno disprezzo della salute dei lavoratori e dei cittadini.

 

È sfiancante e frustrante vedere come nonostante l’evidenza delle responsabilità non si riesca, per un motivo o per l’altro, ad arrivare a una condanna in tempi ragionevoli. È disarmante osservare come in uno Stato di diritto si faccia tanta fatica a far collimare le leggi con il buonsenso e con la giustizia, ad accertare le colpe di un potente miliardario e a riconoscere i diritti delle vittime innocenti.


In Svizzera, patria dell’Eternit e centrale di comando della lobby mondiale dell’amianto, a nessun procuratore è mai nemmeno venuto in mente di chiamare Schmid­heiny a rendere conto del suo comportamento davanti alla giustizia penale. In Italia perlomeno i processi si celebrano. Anche se la decisione della Cassazione complica un po’ la situazione poiché priva le vittime della possibilità di procedere compatte in un unico fronte, il miliardario svizzero verrà comunque giudicato da quattro tribunali.


Rimane dunque intatta la speranza di giungere un giorno a una sua condanna, che sarebbe fondamentale sia per le vittime dell’Eternit oggetto di questi processi sia per tutte le vittime del lavoro, di oggi e di domani. Perché altrimenti sarebbe come se lo Stato dicesse “va bene così”, come se la criminalità d’impresa fosse una bagattella.


Ma al di là di questo aspetto e comunque vada a finire, va sottolineato che con l’inchiesta Eternit la Procura di Torino ha scritto una pagina di storia e fornito un contributo alla verità e alla conoscenza dei fatti. Non solo perché il processo ha avuto eco a livello mondiale, ma anche per la qualità delle indagini che hanno consentito di ricostruire le nefandezze compiute dall’industria del cemento-amianto nel contesto internazionale, per quasi cent’anni sotto la regia della famiglia Schmidheiny. L’unione dei produttori in un cartello europeo, la delegittimazione degli studiosi, la corruzione di scienziati per negare le evidenze scientifiche sulla pericolosità dell’amianto, lo spionaggio a danno dei sindacati e delle associazioni delle vittime, l’informazione pilotata dei lavoratori e dell’opinione pubblica: sono solo alcune delle verità svelate dall’inchiesta Eternit, cui va dunque un grande merito. Comunque vada a finire.

Pubblicato il 

19.12.17

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