Cosa fa maggiormente notizia in Svizzera, l’arrivo dell’euro o la concessione del diritto di voto agli stranieri? Per gli abitanti del cantone di Neuchâtel, la concomitanza dei due avvenimenti, il 1° gennaio 2002, ha aggiunto al vanto di un’importante conquista sociale lo svago e l’eccitazione di vedere il franco nazionale misurarsi con il nascituro monetone europeo. I neocastellani si sono ritrovati, dopo la sbornia di Capodanno, con una Costituzione cantonale nuova di zecca, entrata in vigore ufficialmente alle ore 00h01, come l’euro appunto, dopo esser stata suffragata con 76% dei voti nel settembre 2000. E con essa viene introdotta l’estensione del diritto di voto attivo (a livello cantonale!) agli stranieri e apolidi titolari di un permesso di dimora da almeno cinque anni. Un avvenimento storico per il cantone neocastellano, il primo a seguire l’esempio del Canton Giura che finora era il solo ad aver scritto a chiare lettere, nella costituzione del 1979 (anno di fondazione), il diritto di voto per gli stranieri residenti sul proprio territorio.
Eppure si muove
Qualcuno ha giustamente osservato come la stampa romanda abbia preferito parlare della moneta europea. La notizia della Costituzione è stata annunciata in un breve servizio del telegiornale regionale e nei giornali locali. Nel resto della Romandia l’avvenimento è passato quasi inosservato.
Altri hanno fatto notare come gli scambi commerciali e turistici con la vicina Francia offriranno l’opportunità di maneggiare le fastidiose monetine europee e i frusciantissimi biglietti disegnati dall’austriaco Robert Kalina: «Gli abitanti del cantone potranno disfarsene quando vorranno. Con i nuovi «elettori-immigrati», i neocastellani dovranno invece convivere, dividere opinioni, discutere, agire». Un magma elettorale non ancora identificato di circa 45mila nuove unità, corrispendente ad un incremento del 27% del corpo elettorale cantonale, sbocca dal cratere dell’emigrazione con nuove esigenze, attese politiche, programmi e utopie. Dalla mezzanotte di capodanno politici e saltimbanchi della politica dovranno comporre anche con loro, ottenere il loro consenso, barattare voti con promesse. Contrariamente al Canton Giura, che riconosce l’eleggibilità a livello comunale (anche se in modo parziale), gli stanieri residenti nel cantone di Neuchâtel non possono però ambire a cariche amministrative o politiche, in altri termini non possono essere eletti.
E ora l’eleggibilità
«Si tratta di un appuntamento rimandato di qualche anno», pronostica Vitaliano Menghini, presidente del movimento Solidarités, uno dei padri della riforma con l’inseparabile Fernando Bruni, esponente dell Colonia libera italiana di Neuchâtel. «A marzo cominceremo ad elaborare il testo dell’iniziativa popolare per chiedere l’eleggibilità. Dopo la raccolta delle firme, che comincerà nel mese di maggio, sottometteremo il tutto al parlamento».
Vitaliano Menghini, operaio italiano in pensione, punta sul clima politico favorevole, nel cantone neocastellano, alla concessione dell’elettorato passivo agli stranieri. Nel 1992, quando un referendum abrogativo – promosso dal partito xenofobo Azione nazionale – azzerò una legge dello stesso anno che compendiava l’eleggibilità degli stranieri, quasi la metà degli elettori (47%) votò per il mantenimento di questo diritto. «Aggiungendo a quel 47% di illuminati il nuovo contingente di elettori-stranieri, il gioco è fatto», analizza Vitaliano Menghini. «L’eleggibilità è a portata di voto».
Se i diritti politici degli stranieri sono oggi inseriti nel testo della Costituzione, spiega il presidente di SolidaritéS, il merito spetta agli instancabili agitatori politici che hanno animato e animano le associazioni italiane del cantone, e alla partecipazione di esponenti di spicco delle comunità spagnole, portoghesi ecc. Nel 1996, la Commissione costituente, incaricata della revisione, aveva previsto, in un primo momento, di separare il voto sull’elettorato degli stranieri da quello sulla Costituzione. «Grazie alla pressione che abbiamo esercitato sui membri della commissione siamo riusciti ad evitare uno scorporamento che forse sarebbe stato controproducente», fa eco Vitaliano Menghini. «C’era il rischio, anche se debole, che i cittadini scegliessero la nuova Costituzione gettando alle ortiche il diritto di voto agli stranieri».
Un anno senza urne
Quest’anno i nuovi elettori non avranno però occasione di assaporare l’ineffabile sensazione di esserci, di sentirsi parte integrante della vita civile e politica. Non sono previste infatti consultazioni elettorali o referendarie nel cantone che si avvia a trascorrere un annus politicus senza scossoni. Il battesimo dell’urna è soltanto rinviato.
L’arrivo di 45000 nuovi elettori cambierà gli equilibri politici ? La paura del «voto straniero», suscettibile di modificare l’essenza della «Polis», ha frenato gli ardori di buona parte dell’elettorato. A Ginevra, Friburgo o Sciaffusa il sogno delle migliaia di stranieri residenti si è infranto più volte sul muro del no. L’esperienza mostra invece che queste paure sono infondate. «La destinazione del voto degli immigrati dipende dalla loro provenienza, dal tempo di permanenza in Svizzera e dalla professione svolta», spiega un politologo ginevrino. L’esperienza di altri paesi insegna che gli elettori-stranieri tendono a conformare il proprio comportamento politico a quello dei cittadini. A costituire un discrimine nelle abitudini di voto è il grado di inserimento nella società civile, l’atteggiamento elettorale dipende più dalla provenienza sociale che da quella etnica e geografica.
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