Il prezzo del lavoro ridotto

Sono sempre di più le aziende in Ticino che fanno ricorso al lavoro ridotto. Secondo i dati forniti dalla Sezione del lavoro, nel mese di febbraio queste erano 90, 30 in più rispetto a gennaio. 3'728 i dipendenti colpiti da questa misura. Cosa vuol dire ritrovarsi da un giorno all'altro con l'orario di lavoro e lo stipendio ridotti? Quali ripercussioni ci sono nella vita famigliare e sociale? area l'ha chiesto alla famiglia Sanhueza, in questa situazione dal mese di marzo.

Patricio e Ximena Sanhueza sono cileni e vivono in Svizzera dall'82. Hanno un figlio di 21 anni, Mathias, ancora agli studi. Da vent'anni Patricio lavora alla Tri Star Electronics di Bioggio, una ditta statunitense che produce componenti elettroniche per aerei. Sua moglie Ximena invece lavora come animatrice di doposcuola, un lavoro che varia d'intensità a seconda dei periodi dell'anno e dei bisogni delle sedi scolastiche.
Già dallo scorso ottobre, alla Tri Star Electronics ha cominciato a tirare aria di crisi, sono stati lasciati a casa i primi lavoratori, circa una decina su un totale di 80. Ora, nel mese di maggio, i lavoratori nella sede di Bioggio sono poco più di una sessantina. La ditta beneficia del lavoro ridotto da un paio di mesi, cosa che ha permesso di evitare altri licenziamenti. Questa misura dovrebbe durare fino a settembre o ottobre, almeno così sperano dipendenti e dirigenti.
Da marzo pure Patricio è a casa due giorni la settimana, come i suoi colleghi. Cosa vuol dire questo per lui e per i suoi famigliari? «Diciamo che fino adesso non ho ancora avuto il tempo di annoiarmi» racconta «faccio parte del sindacato Unia, sono presidente della sezione Sottoceneri e in questo periodo ho avuto parecchio da fare per questo, tra l'organizzazione del 1° maggio e tutto il resto». Quindi in casa non si sono accorti della differenza? Ximena non è completamente d'accordo: «Adesso ho un aiuto in più in casa, non devo pensare a tutto io o aspettare il sabato per fare le cose assieme. Nei giorni che è a casa va a fare la spesa, cucina, passa l'aspirapolvere, insomma, io mi stanco molto meno».
Molti suoi colleghi però, racconta Patricio, non sanno come riempire le giornate, sono abituati a lavorare sempre, da anni: «Un mio collega ad esempio passa le giornate nei grandi magazzini perché non sa come far passare il tempo. Altri stanno tutta la giornata in casa davanti alla televisione. Ma c'è anche chi si dà da fare: porta i bambini a scuola, cucina, fa la spesa, insomma fa cose che prima non aveva mai fatto». Non tutti reagiscono allo stesso modo e, fortunatamente, c'è anche chi riesce a sfruttare in modo positivo questo maggiore tempo a disposizione.
Una cosa però è sicuramente cambiata in negativo per tutti: l'aspetto economico. «Bisogna stare più attenti quando si va a fare la spesa. Prima magari ogni tanto ci permettevamo qualche sfizio, adesso invece si compra solo quello che è necessario. Si è accorto anche Mathias di questo», dice Ximena sorridendo «L'altro giorno ha chiesto come mai non ho comprato le merendine, gli ho detto che c'è la crisi e bisogna risparmiare». Infatti, con il lavoro ridotto il salario di Patricio è diminuito di circa 400 franchi.
«Se serve ad evitare i licenziamenti, ben venga il lavoro ridotto! Chiaro che è un sacrificio, non solo economico», dice Patricio «cambia parecchio la quotidianità, sia in famiglia che sul lavoro e non è facile adattarsi. Sul lavoro ad esempio, quando le macchine andavano a pieno regime, ci mettevano una settimana a finire di produrre i pezzi richiesti. Adesso invece produciamo pochi pezzi per volta e in due giorni il ciclo produttivo è già finito, quindi ogni giorno bisogna ricaricare le macchine Questo vuol dire più lavoro per noi» spiega. E continua «Anche la pressione sui lavoratori è maggiore, perché adesso, facendo pochi pezzi per volta, se sbagli qualcosa la percentuale di produzione che va in fumo è maggiore». Meno ore lavorative, ma più lavoro effettivo e stress. Alcune ditte, inoltre, vorrebbero arrivare ad avere la stessa produzione di prima, pur beneficiando del lavoro ridotto. Questo vorrebbe dire sovraccaricare di lavoro le persone che in minor tempo dovrebbero produrre come al 100 per cento.
«La Tri Star è un'azienda americana, all'inizio non sapevano nemmeno cosa fosse il lavoro ridotto, pensavano che volesse dire lasciare a casa i lavoratori e chiamarli solo in caso di bisogno, senza pagarli se non venivano chiamati. Per questo inizialmente non lo volevano», spiega Patricio. «Quando hanno scoperto cosa intendiamo in Svizzera per lavoro ridotto, e soprattutto che avrebbero ricevuto dei soldi dallo Stato, hanno fatto i salti di gioia ed hanno subito accettato». E conclude «Non è una situazione facile quella del lavoro ridotto, c'è chi si dispera già dal primo giorno, chi invece per un po' riesce a vedere anche degli aspetti quasi positivi, ma alla lunga penso sia brutto per tutti. Speriamo finisca presto questa situazione».


Con l'80 per cento dello stipendio

Il lavoro ridotto è un'interruzione temporanea della durata del lavoro (parziale o totale), con relativa diminuzione di stipendio, ed è utilizzato per compensare un calo momentaneo dell'attività dell'azienda senza dover procedere a dei licenziamenti. Con questa misura infatti, l'azienda continua a mantenere il rapporto di lavoro con i dipendenti, il datore di lavoro riceve delle indennità dall'assicurazione contro la disoccupazione da versare ai lavoratori toccati dal lavoro ridotto (80 per cento della perdita di guadagno computabile). I dipendenti hanno il diritto di rifiutare queste indennità e pretendere il salario intero, aumentando però così il rischio di licenziamento.
Per quanto riguarda i diritti e gli obblighi assicurativi, non vi è nessuna penalizzazione in caso di lavoro ridotto: il datore di lavoro è tenuto a pagare e dedurre i contributi come se i suoi dipendenti lavorassero ancora al 100 per cento. Anche i contributi del lavoratore sono prelevati come se percepisse lo stipendio intero. Questo incide sì sul suo salario netto, ma gli permette di mantenere invariate le coperture assicurative e pensionistiche, senza ritrovarsi poi un domani con degli ammanchi.

Pubblicato il

15.05.2009 03:30
Veronica Galster