«Impediremo il ritorno dei Tir nelle nostre valli». Quando Georges Unia, presidente dell’Associazione per il rispetto del Monte Bianco, lancia l’ultimo anatema, il popolo dei «no Tir» urla e applaude. «Siamo pronti a sdraiarci per terra e dire no». Sabato 9 marzo, ore 11, circa tremila manifestanti arrabbiati, molto arrabbiati, con tute bianche e un cartello di divieto di accesso ai camion stampato sulla schiena, raggiungono la rampa di accesso ai tornanti che salgono fino al tunnel del Monte Bianco. È una mobilitazione pacifica, che coincide con la riapertura del traforo alle auto, ma il popolo dei no Tir è determinato. «Abbiamo diritto di vivere in una valle senza camion», dichiara Jean-Pierre Trichet, braccio destro di Georges Unia. Dopo quasi tre anni di isolamento gli abitanti della Valle di Chamonix, in Francia, dicono dunque sì alle automobili ma rifiutano la circolazione dei mezzi pesanti. Anche gli abitanti di Courmayeur, sul versante italiano, non ci stanno e chiedono di rilanciare con forza l’alternativa del «ferroutage», cioè il trasporto sui treni del traffico gommato pesante.
Malumore a macchia d’olio
Quasi tre anni dopo l’incendio del 24 marzo 1999 che provocò la morte di trentanove persone, malgrado i forti malumori e l’allargamento a macchia d’olio della contestazione, i governi italiano e francese hanno inflitto il transito dei camion alle comunità di Chamonix e Courmayeur come un «male necessario», anche perché di alternative, per ora, non ce ne sono. Il popolo dei «no Tir» denuncia dal canto suo l’inerzia dei politici. In tre anni avrebbero potuto mettere a punto un «regolamento internazionale», lamenta Françoise Chappaz, responsabile della sezione ginevrina del Wwf. «Per regolare in modo intelligente i flussi dei trasporti su gomma». Il tema del traffico pesante, legato al ritorno dei camion nel traforo, è entrato anche nelle aule del Parlamento europeo, a Strasburgo, che ha naturalmente rinviato la responsabilità agli Stati. L’Unione europea richiede un equilibrio tra sviluppo economico e territorio ma puntualizza che la politica dei trasporti rimane di competenza dei governi. Quello italiano e quello francese si sono associati nella costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione, che dovrebbe servire per trasportare sui treni circa la metà del traffico gommato pesante. Ma non accadrà prima del 2015. Il ministro italiano degli Interni, Claudio Scajola, «autoinvitato» alla cerimonia di riapertura del Monte Bianco, ha ricordato l’inizio dei lavori, a giorni, sulla linea ferroviaria che collegherà la Val Maurienne (tunnel del Fréjus) alla provincia di Torino. Dalla capitale piemontese transiterebbe allora buona parte del traffico che circola sull’asse italo-francese permettendo di alleggerire le fragili valli del Monte Bianco.
Con la chiusura forzata del tunnel l’economia regionale ha mostrato, smentendo le aspettative, una buona tenuta, soprattutto sul versante francese. Nella Valle di Chamonix il turismo ha addirittura mantenuto i livelli registrati nel 1998, prima della catastrofe. Gli abitanti della vallata hanno sfruttato l’occasione puntando al miglioramento della qualità di vita e al ripristino della biodiversità. Lo hanno chiamato ecoturismo e, sembra difficile crederlo, i turisti hanno invaso il Monte Bianco, non solo per sciare. Un risultato che Michel Charlet, sindaco di Chamonix, assapora come una vittoria.
Il sindaco in prima linea
Il primo cittadino è uno dei leader del popolo dei «no Tir» : «Da vent’anni combattiamo contro la circolazione incontrollata dei mezzi pesanti. Oggi qualcuno ha finalmente capito che abbiamo ragione». La regione francese, aperta al traffico ovest-est-ovest, gode di una situazione favorevole rispetto al versante italiano, chiuso tra le Alpi e il tunnel, che ha invece registrato un arretramento lieve dell’economia. Il sindaco di Courmayeur, Romano Blua, si rallegra del ritorno degli «automobilisti che daranno una spinta alla ripresa delle attività commerciali». Ma crede che sia venuto il momento di «riflettere ad una soluzione globale che permetta di trovare un equilibrio tra economia e ambiente».
Nel tunnel del Monte Bianco i Tir circoleranno a senso unico alternato. La durata dei flussi sarà di quarantacinque minuti, spiega Claude Haegi, ex consigliere di Stato ginevrino, membro del consiglio di sicurezza del traforo. Poi scatterà il quarto d’ora di evacuazione del traffico, «per svuotare il tunnel». Questa misura dovrebbe permettere di ridurre di metà il transito dei camion, ma i verdi non ci credono e scommettono, invece, che il numero dei Tir aumenterà.
Il passaggio dei mezzi pesanti dovrebbe riprendere tra il 15 e il 18 marzo. Per confondere il popolo dei «no Tir», che minaccia di sbarrare la strada ai camionisti, la data non è ancora stata fissata. Gli ambientalisti hanno organizzato delle squadre che saranno pronte a reagire in qualsiasi momento.
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