Il passato soffocato

"Che carina è Triana quando mettono sul ponte le bandiere repubblicane", dice questo vecchio canto flamenco, parlando del ponte che unisce Siviglia a Triana.
Poi è arrivato Franco. E le bandiere sul ponte sono cambiate diventando..."gitane". La guerra civile finisce e da quel momento, sistematicamente fino agli anni '50, e fino alla fine della dittatura qualsiasi dissidenza politica viene eliminata.
Basti pensare all'epurazione effettuata in campo educativo. La scuola durante la Seconda Repubblica vede dei cambiamenti radicali a livello di numero di classi e maestri, di programmi e di metodi. Con l'arrivo della dittatura quasi l'intera classe docente viene sostituita, sparita o, più semplicemente, eliminata. La paura, ottenuta con il terrore, seppellisce tutto sotto una spessa coltre di silenzio. A rendere l'idea di come agisce la macchina della repressione franchista, la scena finale del film "La lingua delle farfalle". Un maestro di scuola elementare della Repubblica è obbligato, dalla guardia civil, a passare tra la popolazione del paese. Ci sono tutti e tutti sono osservati mentre devono dimostrare il loro disprezzo verso un simbolo di quello che era stato, fino ad un attimo prima, legittimo. Piangendo, i repubblicani si trovano obbligati a insultare il maestro: i loro ideali... la loro libertà, sputata, messa su un camion e condotta all'esilio o alla morte.
Poi: il silenzio, fino al decesso di Franco. Il dittatore muore nel suo letto e la transizione avviene per mano del successore designato da lui, il Re Juan Carlos, dopo che il delfino Carrero Blanco viene fatto saltare in aria da una bomba posta da un commando dell'Eta. Le forze politiche che partecipano al processo concordano un compromesso e la Guerra Civile viene messa tra parentesi, scivolando in una sorta di limbo.
Dopo trent'anni, il movimento per il recupero della memoria storica si muove per far riemergere, a volte nel vero senso della parola, una parte di storia che rischia di volatilizzarsi o rimanere sepolta. Questo movimento agisce a vari livelli e secondo varie modalità. Tra queste acquistano una considerevole importanza il lavoro effettuato con il recupero delle storie individuali e la ricerca delle migliaia di persone scomparse e sepolte in fosse comuni non ancora identificate, o in fase di identificazione. Questo è processo che vede coinvolta una generazione, ma non solo, di persone che ha dovuto tacere per oltre sessant'anni e che non sa ancora oggi dove sono seppelliti fratelli, sorelle e parenti. Una luce che cerca di bucare un sipario scuro che rimane ostinatamente chiuso, a trent'anni dalla fine della dittatura.
L'anno scorso si è celebrato il trentesimo della transizione alla democrazia e del ruolo del Re con un gran riscontro mediatico. Quest'anno cade il 70esimo anniversario della creazione delle Brigate Internazionali, diciamo, ironicamente, un anniversario più di nicchia. La transizione ha unito mentre tutto ciò che riguarda la Guerra Civile ancora divide.
Le ricorrenze sono state varie. L'Università di Salamanca ha ospitato il congresso "Las Brigadas Internacionales – 70 años de memoria historica" con un programma incredibilmente ampio e articolato. Mostre ed esposizioni si sono tenute, ad esempio, ad Albacete dove ha sede il Centro di Studi e Documentazione delle Brigate Internazionali, e a Siviglia con una esposizione sui manifesti della Guerra Civile e una basata sull'archivio fotografico del Comandante Walter, brigatista polacco.
Gli appuntamenti che hanno visto il ritorno dei brigatisti hanno avuto luogo in alcuni punti chiave della Guerra Civile come Madrid, a Barcellona e a Valencia. Questa città è stata  Capitale nella Seconda Repubblica, ed ha voluto celebrare il ruolo avuto da Valencia come "capitale della libertà" e rendere omaggio al brigatista ucraino George Sossenko, anarchico di 87 anni che ha combattuto sul fronte in Aragona. L'atto è stato celebrato nella sala del municipio, un municipio che ha visto la sedia del sindaco rimanere vuota, come vuoti sono rimasti i posti di tutti i membri del Partido Popular. Ad alcune centinaia di chilometri da lì, dopo la visita al cimitero, dove sono sepolti 5000 brigatisti, e al Museo della battaglia di Jarama, uno degli ex–combattenti presenti dice: «Adesso tocca ai nostri figli, ai nostri nipoti continuare».

Pubblicato il

27.10.2006 04:00
Loris Viviani
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023