Abbiamo chiesto al dottor Giorgio Ornati, della Nerviano Medical Sciences, una tra le più grandi aziende europee nella ricerca farmaceutica oncologica, se possa esistere un nesso tra malattia e lavoro nello specifico caso: «È difficile stabilire una relazione di causa ed effetto stretta tra cancerogeno e sviluppo di un tumore, ma ogni possibile via di contaminazione va evitata nel modo più assoluto. In Italia, il personale addetto a queste lavorazioni deve per legge essere registrato dalla ditta produttrice in appositi registri che vengono inviati alle Asl. Questi soggetti sono sottoposti a una sorveglianza sanitaria particolare. Non sono da escludere potenziali effetti sugli ormoni delle sostanze utilizzate, che possono poi agire su organi come utero od ovaie. Ad esempio, potenziali effetti estrogenici possono portare a tumori benigni nell’utero. Alcuni farmaci antiestrogenici hanno, come molecola, un effetto estrogenico di per sé, che può portare ad alterazioni nelle cellule dell’utero nelle pazienti in trattamento per il cancro al seno con il farmaco. In conclusione, se le sostanze non fossero prodotte in reparti ad alto contenimento e secondo le procedure opportune, già sperimentate dai produttori primari, il rischio di sviluppare patologie come quelle descritte è da considerare alto».
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