“Che bello sarebbe un giorno poter acquistare anche di notte deodoranti, salsicce e mazzi di fiori, dopo che per anni una «burocrazia assurda» e delle «prescrizioni cavillose» hanno impedito ai consumatori svizzeri di soddisfare dei bisogni tanto primari”. È con messaggi di questa pochezza e con tutta una serie di affermazioni false o fuorvianti che le lobby della grande distribuzione e dell'industria petrolifera cercano di convincere i cittadini ad accettare in votazione popolare il prossimo 22 settembre un ennesimo allentamento della legislazione federale sul lavoro, che in apparenza concerne unicamente i negozietti annessi alle stazioni di benzina situate lungo gli assi stradali a forte traffico, ma che in realtà è un mezzo per spalancare le porte ad una liberalizzazione totale del lavoro notturno e domenicale in Svizzera. Una prospettiva tanto nefasta per le lavoratrici e i lavoratori (del settore della vendita ma non solo, visto che l’apertura di un negozio necessita di tutta una serie di servizi esterni) quanto allettante per quelli che fanno profitti alle loro spalle. Non stupisce allora che, a più di due mesi dal voto, questi ultimi abbiano già avviato una campagna fatta soprattutto di menzogne e di terrorismo mediatico. Una vera perla è il volantino (di colore giallo fosforescente) dell’Associazione gestori negozi delle stazioni di servizio in Svizzera (Agss, di cui fanno parte colossi come Coop, Migros, Esso, Bp, Shell e City Carburoil) esposti in bella vista alle casse dei distributori di mezza Svizzera. In esso si arriva addirittura ad affermare che solo votando sì alla modifica della legge sul lavoro si può «mantenere la possibilità di fare acquisti» e che un no comporterebbe «una limitazione dell’assortimento» e di conseguenza la «perdita di posti di lavoro». Segue una bugia ancora più grande: l’oggetto in votazione «non concerne la tutela del lavoratore». Un giudizio perlomeno bizzarro, visto che il cittadino sarà chiamato a decidere se autorizzare l’impiego di personale la domenica e la notte, con tutte le conseguenze che questo comporta per la vita sociale e famigliare delle lavoratrici e dei lavoratori. Nonché per la loro salute, come dimostrano molti studi medici che indicano l’aumento del lavoro notturno come causa di disturbi del sonno, di aritmia cardiaca, di problemi di digestione e persino di un maggior rischio di contrarre il cancro. Ma questi sono evidentemente aspetti secondari per chi, nel nome del profitto e nascondendosi dietro il paravento della “libertà del consumatore”, ci vorrebbe trascinare in una società in cui il tempo di lavoro viene spalmato sulle 24 ore e per 365 giorni all’anno.
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