I sondaggi continuano a mettere in evidenza il duello Sarkozy-Royal. A sinistra, la socialista Ségolène Royal, presidente della regione Poitou-Charentes, continua a mantenere a distanza tutti gli altri candidati alla candidatura del suo partito, per la corsa all'Eliseo della primavera del 2007, così come a destra il ministro degli interni, Nicolas Sarkozy, che è anche presidente dell'Ump, il partito di maggioranza, sembra aver ormai sbaragliato le altre ambizioni, a cominciare dal primo ministro Dominique de Villepin.

Ségolène Royal solleva molti interrogativi, soprattutto tra gli apparati del Ps. Anche se Royal, in polemica con una dichiarazione del 2002 di Lionel Jospin – «il mio programma non sarà socialista» – continua a ripetere di voler rivalutare i «valori» della sinistra, le critiche piovono, soprattutto all'interno del suo campo: essersi avventurata sul terreno scivoloso della «sicurezza» viene interpretato come una deriva populista. È la stessa critica che viene fatta a Sarkozy, ma con una diversa valenza, visto che la «sicurezza» è «il» tema della destra. Sta di fatto che Sarkozy e Royal hanno svecchiato di colpo il panorama politico francese. Non solo perché sono entrambi dei giovani cinquantenni, ma soprattutto perché stanno affilando le armi per fronteggiarsi sul terreno che si è rivelato più difficile e più traballante da circa vent'anni a questa parte: la conquista dell'elettorato popolare.
È stato il terremoto del 2002 (Le Pen al secondo turno, al posto di Jospin) e la vittoria del "no" al referendum sul trattato costituzionale europeo il 29 maggio 2005 ad aver spinto i politici a spostare il loro centro di interesse. Per molti anni, il credo politico francese era che la presidenziale veniva vinta spostandosi al centro, conquistando le "classi medie". Ma, nel frattempo, la crisi economica, la precarizzazione del lavoro, la fine delle grandi fabbriche hanno cambiato la situazione. I politici francesi si accorgono ora che a fianco dei 10 milioni di francesi appartenenti alla classe media, esistono 15 milioni di operai e impiegati, le "classi popolari" che nessuno osa più chiamare con il vecchio nome di "classe operaia". Difatti, questo strato, che è andato ingrossandosi con la discesa verso la povertà delle pari più deboli delle "classi medie", non ha più le vecchie certezze: un elettorato «dissonante» come lo chiama il politologo Pascal Perrineau, che si è lasciato sedurre da Le Pen (primo partito operaio ormai), ma che nel 2004 (alle elezioni regionali) è stato in parte recuperato dalla sinistra.
Ségolène Royal vuole riconquistare l'elettorato popolare per la sinistra. Così, mentre il programma del Ps, votato dagli iscritti, resta "astratto" per la maggioranza dei francesi, le prese di posizione di Royal suscitano interesse. La prima mossa è stata di mettere al centro dell'interesse la questione della "sicurezza". Con idee che si distanziano dall'analisi tradizionale, sociologica, dei socialisti: Royal propone, tra l'altro, un «inquadramento militare» per i giovani delinquenti dopo i 16 anni, il collegio obbligatorio per i più piccoli quando sono turbolenti in classe. Una proposta che ha suscitato indignazione tra i suoi rivali socialisti, ma interesse tra la popolazione più esposta alle violenze delle bande di giovani e che ha paura che un ulteriore degrado della scuola chiuda ancora di più l'avvenire dei figli che crescono nelle banlieues difficili. Ma la "sicurezza" viene anche dal lavoro: per questo, Royal ha ripreso le critiche, fatte anche a sinistra della sinistra, ai difetti delle 35 ore. La riduzione del tempo di lavoro, difatti, è andata a vantaggio delle classi medie, dei quadri, ma molto meno per chi ha un lavoro a bassa qualificazione. Per le cassiere dei supermercati, per i lavoratori della media impresa, le 35 ore si sono tradotte soprattutto in una flessibilizzazione dell'orario di lavoro e in minori guadagni (a causa del tetto posto agli straordinari). In questi giorni, in viaggio in Svezia, sta facendo le lodi del modello scandinavo, anche se ha abbandonato la proposta, accolta con una levata di scudi, che aveva fatto mesi fa di rendere obbligatoria l'iscrizione a un sindacato.
È la lezione che Royal afferma di aver appreso quando era consigliera di Mitterrand: la sinistra non può andare al potere se non conquista l'elettorato popolare. Per questo Royal non cessa di ripetere di essere «attenta alle sofferenze dei più deboli». Posizione che sta conquistando, all'interno del Ps, l'adesione dei sindaci, cioè dei politici che lavorano sul campo.
Ségolène Royal sta costruendo, parallelamente al "programma" ufficiale del Ps, una propria campagna di idee, che molto spesso si discosta dall'ufficialità del suo partito. Ha adottato un metodo innovativo: un libro in fieri, pubblicato a capitoli sul suo sito "desidavernir.com", a cui possono contribuire gli interventi degli internauti. Questo dialogo continuo l'ha portata anche a rivedere una sua posizione iniziale sulla questione del matrimonio e dell'adozione da parte degli omosessuali. Royal era molto prudente, ora ha accettato di difendere queste idee che sono anche nel programma del Ps. Viste le sue reticenze – che restano per quanto riguarda la dibattuta questione del "diritto al figlio" che prenderebbe in considerazione solo il desiderio del genitore – era stata accusata di avere idee conservatrici sulla famiglia. Ma Royal è stata ministro della famiglia: è lei che ha introdotto delle novità, come l' affidamento condiviso dei figli tra i due genitori in caso di divorzio o separazione (una settimana con l'uno, la seguente con l'altro), formula che è stata esportata anche all'estero. È lei che ha fatto delle leggi per coinvolgere di più i padri nell'educazione dei figli (per esempio, le scuole danno una doppia pagella ai bambini figli di separati).
Ormai, Ségolène Royal, che non controlla il partito (ma che spera di essere scelta nelle primarie interne, che avranno luogo in autunno, anche grazie all'ondata di nuovi iscritti al Ps con la tessera a 20 euro), accusata in un primo tempo di essere un fenomeno mediatico, sta imponendosi come una candidata credibile a sinistra. Il tentativo di Lionel Jospin di porsi come ultimo ricorso per il Ps, è fallito in questi giorni. Ségolène Royal è abile, anche a giocare la carta della popolarità: ci sono pagine sui giornali sulla sua origine (è figlia di un militare, molto rigido), sulla sua famiglia (ha 4 figli, avuti con François Hollande, segretario attuale del Ps). Quest'estate, dopo 25 anni di vita comune, potrebbe sposarsi con Hollande: se lo farà, sarà in Polinesia, un modo anche per conquistarsi le popolazioni dei Dom-Tom (dipartimenti e territori d'oltremare).

Le fiammate nelle banlieue

L'estate è arrivata, c'è il Mondiale, la Francia passa le qualificazioni. Le banlieues non sono più in prima pagina. Ma i sindaci delle cittadine di periferia continuano a denunciare: dopo l'eplosione del novembre scorso, le molte promesse non sono state mantenute e la situazione resta sull'orlo della crisi, basta una nuova scintilla per far scoppiare di nuovo la protesta. A fine maggio, difatti, ci sono state alcune notti calde, esattamente negli stessi comuni – Montfermeil e Clichy-sous-bois – dove aveva preso inizio la rivolta dell'autunno. Anche in questo caso, la scintilla è stata un intervento della polizia, che ha sollevato reazioni violente.
Una delle poche risposte alla crisi delle banlieues è stata di ordine repressivo: oltre alla legge sull'eguaglianza delle opportunità che mira a favorire l'accesso al lavoro dei giovani in difficoltà (legge che conteneva anche il Cpe, il contestato contratto di primo impiego, che è stato poi ritirato dopo più di due mesi di manifestazioni), Nicolas Sarkozy ha presentato il 20 giugno scorso in consiglio dei ministri una riforma dell'ordinanza del '45 sulla delinquenza minorile, trasformata in una più ampia legge sulla "prevenzione delle delinquenza". In questa legge è contenuto un nuovo potere dato ai sindaci, ma che i primi cittadini – di sinistra ma anche di destra – contestano e rigettano: decidere a chi togliere gli assegni famigliari quando i figli compiono atti illegali o marinano la scuola. I sindaci contestano questi nuovi poteri loro attribuiti, perché intendono rimanere soprattutto dei "mediatori" e non partecipare alla politica repressiva del governo.

Pubblicato il 

07.07.06

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