Il neonazismo dell’oligarca ebreo

In Ucraina le milizie armate di estrema destra, come Azov, sono state create più per scopi economici che ideologici: l’analisi dell’esperto

La questione dell’ultranazionalismo ucraino è stata strumentalizzata ad arte da Putin per giustificare l’invasione dell’Ucraina, ma un problema legato alla presenza di gruppi armati di estrema destra esiste, anche se non ai livelli dichiarati dal presidente russo. Per capirne l’effettiva natura, l’influenza che hanno avuto e hanno nel Paese e l’ampiezza del fenomeno, area ha intervistato Matteo Zola, giornalista, direttore responsabile di East Journal ed esperto di Europa centro-orientale e area post-sovietica.

 

Matteo Zola, come leggere la presenza di gruppi ultranazionalisti di estrema destra in Ucraina senza rischiare di essere tacciati di filorussismo?

La denazificazione dell’Ucraina proclamata da Putin è chiaramente strumentale ed è puramente retorica a fini di propaganda interna. Una cosa che è difficile da capire per chi conosce meno questi Paesi, è che il richiamo alla lotta contro il nazismo è un richiamo molto forte. L’identità russa si è forgiata sulla grande guerra patriottica, cioè sullo sforzo militare della Seconda Guerra mondiale che non era solo per salvare la Russia, ma anche per salvare il mondo dal nazifascismo. Il sentimento nazionale russo è alimentato ed è saldato a questa memoria della lotta al nazifascismo. Quindi, quando Putin parla di “denazificazione” lo fa sapendo che tocca certe leve nel suo popolo, risvegliando antichi ricordi, perché il loro immaginario va immediatamente a quei racconti dei nonni e allo sforzo della liberazione dall’invasione tedesca.

In secondo luogo, è chiaro che c’è una presenza di movimenti di estrema destra in Ucraina. Ci sono movimenti che esistono da quando l’Ucraina è indipendente, quindi ben prima del 2014. Si tratta di un’estrema destra che definirei “tradizionale” e che si rifà all’ultranazionalismo come lo conosciamo anche in altri Paesi d’Europa. Queste destre estreme fanno sempre riferimento a un passato, nel caso ucraino il riferimento è legato a un’identità ucraina di tipo etnico: un’Ucraina fatta di ucraini e dalla quale quindi tutta la componente russofona è esclusa. Questa visione si concentra principalmente nelle regioni occidentali, soprattutto in Galizia, attorno a Leopoli, dove c’è lo zoccolo duro.

 

Cos’è cambiato dal 2014, dopo la rivoluzione di Maidan?

A partire dal 2014, invece, si sviluppano altri movimenti, il più conosciuto è Pravyi sektor (Settore destro), guidato da Dmytro Jaroš. Inizialmente Pravyi sektor rappresentava solo l’indicazione di dove si trovava questo gruppo all’interno della piazza durante la rivoluzione, non c’era un’ideologia ben definita tra i suoi componenti. Sì, i suoi leader ce l’avevano, ma in quel momento non era importante la politica. Dopo poche settimane invece ha preso una connotazione ideologica molto forte di estrema destra.

Pravy sektor però non è un movimento che ha una grossa influenza politica e alle elezioni parlamentari del 2014 riesce a raccogliere solo l’1,8% dei consensi e il suo leader Dmytro Jaroš, candidato alle presidenziali lo stesso anno, raccoglie solo lo 0,7%.

 

Non ricevono consenso elettorale, questo significa che il popolo in maggioranza non li sostiene, eppure non sono stati proprio marginali…

Grazie al ruolo importante che questo movimento ha avuto nelle proteste in Piazza Maidan, è comunque riuscito a sfruttare le molte crepe di un sistema democratico vacillante, condizionato dal conflitto e plagiato dalla presenza degli oligarchi. La marginalità istituzionale dell’estrema destra non è sinonimo di debolezza, Pravyi sektor è, ad esempio, all’origine del famigerato battaglione Azov. Questa estrema destra militante e militare ha rappresentato una seria minaccia per la vita politica del paese: cercando di imporre la propria agenda estremista, si è infatti resa protagonista di intimidazioni e violenze verso oppositori di sinistra, gruppi femministi, attivisti Lgbt e minoranze etniche, minando il processo di democratizzazione.

 

E allora perché questi gruppi sono stati tollerati, se non promossi, dalle autorità politiche dell’Ucraina?

Non dobbiamo dimenticare la presenza di potenti oligarchi che controllano il Paese e promuovono i politici a seconda delle loro necessità. Uno di questi, molto potente e poco conosciuto, è Ihor Kolomojskyj, il cui nome ritorna spesso: è lui che ha favorito l’ascesa di Julija Tymošenko e di Petro Porošenko, con il quale però è poi entrato in conflitto, mettendogli così di fronte un degno avversario come l’attuale presidente Zelenskyj, favorendone l’elezione. Ed è sempre Kolomojskyj che ha finanziato la creazione dei battaglioni ultranazionalisti Azov, Dnipro e Aidar.

Ora, questo potente signore, vale la pena ricordarlo, è un ebreo con cittadinanza ucraina e israeliana, quindi tutto fuorché un neonazista.

 

Perché allora ha finanziato e armato dei gruppi di stampo neonazista?

Non lo ha certamente fatto per affinità ideologiche, lo scopo era invece quello di creare delle milizie private che, nella grande confusione del 2014-2015, gli servissero per difendere i propri interessi economici e politici nelle regioni orientali, nel momento in cui altre milizie private, orientate più verso gli interessi di Mosca, venivano finanziate da Achmetov e altri oligarchi del Donbass, come il battaglione Vostok. Si capisce quindi l’importanza del ruolo degli oligarchi, più che delle ideologie ultranazionaliste in contrapposizione a quelle filo-russe, nell’apparizione di questi gruppi paramilitari. Inoltre, la presenza di stranieri simpatizzanti dell’estrema destra tra le file di uno e dell’altro schieramento dimostra una volta di più che la chiave di lettura ideologica non regge per spiegare il fenomeno.

L’estrema destra ha sì un’influenza sul paese, ma questa influenza deriva dal fatto che sia collegata al potere oligarchico e risponda quindi anche a interessi che non sono di tipo ideologico-politico, ma piuttosto economico.

 

La guerra cambierà questi equilibri?

È chiaro che la guerra cambia un po’ tutto: il battaglione Azov è diventato necessario ora per lo Stato ucraino, lo stesso Stato che prima aveva cercato di integrare questa estrema destra per sottrarla al controllo degli oligarchi. L’ex-presidente ucraino Porošenko aveva interesse a far entrare questi battaglioni nell’esercito regolare perché questo significava toglierne il controllo agli oligarchi. Si potevano sciogliere questi battaglioni? No, non si poteva perché lo Stato era ancora debole, le istituzioni democratiche erano ancora deboli e il rischio era enorme, quindi si è cercata una via di compromesso integrandoli, anche se questo significava armare Azov come tutti gli altri battaglioni dell’esercito.

Dire che lo Stato ucraino ha protetto e tollerato l’estremismo di destra è sbagliato, ma lo Stato ucraino è tante cose e ci sono rappresentanti dello Stato che sono oligarchi e che quindi fanno i propri interessi. Si tratta di un discorso complesso e che non va “tagliato con l’accetta”, soprattutto se si parla dell’estrema destra del dopo 2014.

Se quando la guerra finirà l’Ucraina esisterà ancora, io credo che si riaccenderà il sentimento nazionalista, anche radicale, è inevitabile, ma non sarà necessariamente un nazionalismo di tipo etnico.

Pubblicato il

15.04.2022 10:02
Veronica Galster
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