Il mondo possibile di Rostock

Alcune immagini spezzettate di quelle giornate registrate dai propri occhi. Giornate globalmente ricche di sensazioni, tese e rilassate, di odio e amore, di lotta e organizzazione collettiva; un buon ricordo. Migliaia e migliaia di persone che hanno deciso di mettersi in gioco per contrastare i potenti del mondo. Un gioco rischioso, fatto di arresti o di ferite, ma che non ha fermato la determinazione di dire basta al degrado mondiale di molti giovani e meno giovani. La lezione "tedesca" di questo contro G8 è ottima; è l'immagine di un movimento vivo, propositivo e intelligente nel suo comportamento in strada. Va detto che l'atteggiamento della polizia non è stato quello italiano di Genova del vertice G8 del 2001. Repressione c'è stata, inevitabile, ma sostanzialmente diversa. Poliziotti a volte gentili e educati, ma poi a tratti aggressivi e violenti. Nel complesso però molto meno assetati di sangue dei colleghi di Genova.
Di quelle giornate si ricordano solo qualche ora di scontri, sul finale del corteo della prima giornata, peraltro provocati dalle forze dell'ordine e dalle conseguenze minori di quanto riportato dalla stampa. Polizia che invece di posizionarsi discretamente a corteo finito, decide di inserirsi al suo interno, scatenando la scontata reazione dei manifestanti. L'ampiezza dei disordini riportati dai giornali e il numero di feriti denunciati dalla polizia sono parsi esagerati da quanto abbiamo potuto verificare, essendo presenti sul posto. Nei giorni seguenti, le pressanti richieste di prove da parte della stampa locale del numero di poliziotti feriti (413), hanno costretto il portavoce della polizia a ridurre fortemente questa cifra.
Il primo punto da cui passare per avere informazioni generali è il Converger centre. Leggermente decentralizzato, ma stupendamente organizzato, questo edificio di grandi proporzioni è stato ben strutturato dai promotori. Le cucine, le docce, i bagni, i dormitori di ogni "gender", l'infopoint dove essere aggiornati sugli ultimi avvenimenti,  le sale riunioni sempre occupate, le sale Pc di indymedia e quelle usufruibili dal resto del mondo, sono il cuore dell'abitazione. Tutto il necessario e anche qualcosa in più. "Suono lungo: allerta polizia, suono intermittente: allerta nazi" indicava un cartello all'entrata. L'atmosfera è tranquilla, quasi silenziosa, forse ad indicare quel rischio sempre possibile. Poi ci si abitua a quella sensazione e gli si presta sempre meno attenzione.
Altre possibilità per dormire; i tre campeggi: Rostock, Reddelich e un ultimo vicino al mare ma molto distante dalla città. Nei primi due campeggi vi hanno messo le tende tra le 5 e le 6 mila persone in ognuno. Ad accoglierli una organizzazione perfetta. Suddivisi in quartieri, i campeggi rispondono ad ogni tipo di necessità e offerte di attività. Dai bagni sempre puliti, ad una quasi sempre aperta cucina popolare vegetariana ad offerta libera, ai tendoni da circo sotto i quali si svolgevano le conferenze, riunioni e workshop, alle postazioni computer e alle diverse attività ludiche, cinema compreso. Un mondo racchiuso in un campeggio autogestito. Se i tedeschi fanno ovviamente la parte del leone, ben presenti anche svedesi, polacchi, , danesi, olandesi e russi. Una babilionia nella quale sentire quest'ultimi usare la parola "tovarish" fa un certo effetto. Ma non mancano folte rappresentanze del sud Europa: spagnoli, greci, francesi e italiani. Un movimento certamente composito quello contrario al G8. Uniti dall'opposizione alle politiche neoliberiste globali, le ragioni dei manifestanti sono molteplici. Si respira però un reciproco rispetto per le differenti visioni di cambiamento. Il blocco nero, quello degli autonomi, in Germania ha dimostrato di essere parte integrante, nonché numericamente molto importante, del movimento di contestazione. Il tentativo di escluderli del dirigente di Attac Germania, Peter Wahl, durante una conferenza stampa successiva agli scontri di sabato 2 giugno, è stato duramente criticato dal resto del movimento.
Il blocco nero in Germania si caratterizza soprattutto per essere antifascista e anticapitalista. Provano una forte rabbia nei confronti della polizia, considerata "il braccio armato" del capitale. Nelle giornate di Rostock non hanno mai messo in pericolo il resto del corteo, dimostrando invece intelligenza nella strategia di strada. Certamente non sono dei non violenti, ma ritengono che neanche il mondo attuale lo sia. Una vetrina rotta la considerano un gesto meno grave se paragonato alle stragi generate dalla guerra in Iraq, ad esempio.
La novità rispetto ai precedenti contro vertici è un movimento che appare nel suo complesso più radicale nelle sue speranze di un mondo migliore. Vi è un esigenza di cambiamento non riformista, fortemente disillusa della possibilità di cambiare lo stato di cose con la politica dei piccoli passi, decisa invece ad ottenere dei cambiamenti immediati e concreti. A questa logica rispondono le varie iniziative previste nelle giornate del contro vertice.
Dopo il grande corteo di sabato 2 giugno con 80mila partecipanti, a percorrere le vie di Rostock la domenica successiva è stato un divertente e comunicativo corteo legato alla tematica dei contadini e i risvolti sociali e ambientali globali derivanti dall'uso umano della natura. A manifestazione conclusa, sono stati "ripuliti" alcuni campi di ogm e vi sono stati dei sit in spontanei davanti ai Mc Donald's. Il giorno seguente è dedicato ai migranti e alle politiche che ne regolano il flusso. Un corteo composto in forte maggioranza da autonomi, riconoscibili perché vestiti rigorosamente di nero, al quale la polizia ha risposto con un enorme dispiegamento di forze. La manifestazione partita dopo molte difficoltà, viene bloccata dalla polizia alle porte del centro città. Il motivo? «In ragione dell'alto numero dei partecipanti al corteo». Mentre gli organizzatori della manifestazione e la polizia avviano le trattative, spontaneamente dal corteo partono due colonne di ragazzi vestiti di nero, ognuno mani sulle spalle di chi lo precede. Proseguono a passo deciso in direzione dello schieramento di polizia. Si teme il peggio. Improvvisamente, svoltano a sinistra e imboccano una strada periferica che li condurrà, seguiti dagli 8mila partecipanti al corteo, al porto al grido «a; anti; anticapitalista!». Il tutto  evitando il centro città e gli scontri con la polizia.
Martedì la giornata è dedicata all'antimilitarismo e all'arrivo del presidente americano George junior Bush. Una giornata sostanzialmente tranquilla, anche perché molti manifestanti l'hanno utilizzata per riposarsi e prepararsi in vista dei blocchi stradali del giorno successivo. Nei campeggi martedì notte non sono state vendute birre e nessun concerto è stato organizzato. L'esito dei blocchi è stato sicuramente il momento principale delle contestazioni al vertice. Preparato da molto tempo dal collettivo Block G8, l'organizzazione ha dato i risultati sperati dai promotori: bloccare ogni comunicazione via terra tra il castello di Heiligendamm, la sede del vertice G8, e l'aeroporto nel quale atterravano i capi di stato e le delegazioni al seguito. Suddivisi in gruppi, la strategia per raggiungere l'obiettivo dei blocchi è stata attaccare in più punti la rete difensiva delle forze dell'ordine. Tre cortei di migliaia di manifestanti hanno attraversato infiniti oceani di grano per costringere la polizia a disperdere le proprie forze e allargare le maglie della rete. Ogniqualvolta la testa del corteo aveva di fronte lo schieramento delle forze dell'ordine, quattro tronconi di manifestanti si aprivano a ventaglio nei campi. Nell'inutile tentativo dei poliziotti di bloccare un troncone, le altre quattro file superavano agilmente lo sbarramento. In questa sorta di gioco a guardie e ladri nei campi, la visione delle file di manifestanti rievoca un'immagine medievale, quella di sudditi nei campi all'assalto del castello dei regnanti. A metà pomeriggio, la statale è bloccata in 3 punti, l'autostrada lo è altrettanto, l'aeroporto circondato da manifestanti e i binari del trenino di collegamento occupati. Poco dopo, la polizia ammette la propria sconfitta, annunciando un trasferimento dei partecipanti al vertice via elicottero. Naturale, scoppia l'euforia fra i manifestanti con abbracci e grida di gioia.
Impressionante, e a volte commovente, la solidarietà espressa dagli abitanti della zona. Nei villaggi idilliaci di case unifamiliari dall'estetica curata nel minimo dettaglio, gentili signore di mezza età offrono acqua ai manifestanti ed esprimono solidarietà per le ragioni della protesta. Il blocco, che consiste in persone sedute sul manto stradale, viene tolto quando vi devono transitare i residenti.
Nei blocchi inizia a circolare la voce della conferma del divieto di manifestare per il giorno successivo decretato dalla Corte suprema tedesca di Karlsruhe. Giovedì è infatti prevista una manifestazione "a stella" che parta da quattro località diverse per tentare di superare il muro metallico di 12,5 chilometri eretto a limite della zona di sicurezza attorno alla sede del vertice G8. Tra i manifestanti ci si interroga su quale strategia adottare in ragione del divieto di manifestazione. La decisione ruota attorno al mantenere i blocchi ad oltranza o rientrare per riorganizzare la manifestazione del giorno successivo. In assemblee di delegati per gruppi di affinità, nelle quali non si vota e si raggiunge un consenso generale, si decide di proseguire i blocchi almeno per la notte che segue. In realtà, i blocchi proseguiranno per i due giorni e le due notti consecutive. La loro cronaca è fatto di blocchi, di sgomberi manu polizia, di rioccupazioni e di fughe nei campi.
Se i manifestanti non sono riusciti a bloccare completamente il vertice, il disturbo arrecato è stato certamente importante. Il giornale locale, l'Ostsee Zeitung, titola in prima pagina "Trionfo dei manifestanti!". Salvo quello inatteso americano di Seattle del 1999, è la prima volta dall'avvento del movimento di contestazione ai vertici globali che i manifestanti sono riusciti a disturbare efficacemente il G8. Una vittoria del movimento, che nell'esperienza tedesca ha dimostrato che la contestazione alle politiche globali sono ancora ben presenti e radicate nella società. Il tempo dirà se la sua trasformazione in una componente più radicale sarà confermata o meno.  Un movimento che, con ogni probabilità, non tarderà a manifestarsi nuovamente.

Un vertice d'immagine e inutile

La gran parte della stampa mondiale ed elvetica è per una volta concorde: il vertice G8 si è concluso con un nulla di fatto. Anche il Tages Anzeiger di Zurigo ha definito un'occasione mancata il vertice di Heiligendamm. Agli osservatori non sono dunque sfuggite le vaghe quanto fumose prese di decisioni rispetto al clima e all'Africa che avrebbero costituito il piatto forte del vertice tedesco. I dissapori fra le posizioni europee e quella dell'amministrazione Bush sul clima erano note da tempo. A nulla è valso il pressing ingaggiato dall'ospite di casa, nonché pure in veste di presidente di turno dell'Unione europea, la Germania della Grosse Koalition guidata da Angela Merkel. L'arrivo anticipato di un giorno del presidente americano Bush per tentare di trovare un compromesso sul documento finale riguardante il clima, non ha portato ad alcun concreto risultato. L'esito finale è stata una dichiarazione di principio per nulla vincolante e dagli effetti praticamente inesistenti.
Lo stesso dicasi per la drammatica situazione del continente Africano. Anche in questo caso si è assistito ad una formulazione generale di aiuto consistente in 60 miliardi di dollari per la lotta contro l'Aids, la malaria e la tubercolosi, senza specificarne entro quanto tempo saranno versati. La povertà dell'Africa è un tema sul quale da anni, ad ogni conclusione di vertice G8, vengono dichiarate tante promesse di aiuti regolarmente mai mantenuti. Lo dimostra la decenza avuta dal primo ministro italiano Romano Prodi, che ha affermato: «Ho visto fare tante promesse di versamenti mai mantenute, che mi vergogno a pensarci. Meglio rispettare gli impegni presi in precedenza».
Distanti anche le posizioni sull'indipendenza del Kosovo. L'amministrazione americana sostiene fortemente l'indipendenza della regione. Ma non lo fa disinteressatamente. Gli Stati Uniti hanno l'obiettivo strategico di garantire a lungo termine una base militare americana nella regione. Per ragioni opposte di ordine strategico militare, i russi si oppongono all'indipendenza del Kossovo, preferendo mantenerla sottoposta alla Serbia, storicamente vicina all'influenza russa.
Anche sul fronte della liberalizzazione del commercio, non si è trovato un accordo. L'atteso impulso per la conclusione dei negoziati del Doha round non c'è stato. Il nuovo presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha detto al presidente americano Bush "che avrebbe difeso i contadini francesi alla stessa stregua di come lui difende quelli americani".
In conclusione, gli 8 capi di stato dei paesi più industrializzati al mondo, hanno confermato una volta in più il divario esistente fra gli interessi da loro perseguiti e le attese di cambiamenti concreti di quella che a suo tempo è stata definita la seconda superpotenza: l'opinione pubblica. Il fossato tra cittadini e politici sembra destinato ad allargarsi sempre più.

Pubblicato il

15.06.2007 03:30
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