Dietro lo specchio

Rispunta l’opzione del nucleare in sostituzione di risorse fossili. Parrebbe la buona soluzione che coglie due piccioni con una fava: a) produrre energia à gogo, b) ridurre drasticamente i combustibili fossili che generano i gas a effetto serra, responsabili dell’aumento di temperatura. Basterà per superare l’impasse climatico-ambientale? La sostituzione del vettore energetico (da combustibile fossile a nucleare), potrà  modificare certamente il modo di produrre energia, ma non il meccanismo economico, incentrato sulla necessità di crescita (beni e servizi, che comportano l’uso di ingenti crescenti risorse materiali ed energetiche). Sufficiente per frenare e invertire il drammatico calo di biodiversità, la crisi climatica?  


H. Morowitz biofisico americano spiegò che “ambiente e organismi viventi sono legati tra loro, quali parti inseparabili di un’unica unità di processi planetari; in questo contesto l’attività prolungata del sistema biologico globale è più caratteristica della vita che non le specie individuali che nascono, fioriscono per un periodo e spariscono nel corso dell’evoluzione”. In altre parole: gli esseri umani − come del resto l’insieme degli esseri viventi costituenti la natura − evolvono, si modificano: sono il risultato di una lunga e tuttora in corso evoluzione.
Il sistema vivente necessita di complessità, “la semplificazione − come spiega E. Tiezzi − significa instabilità e minori difese”; ed è quanto possiamo osservare.


In altre parole la visione del mondo naturale come macchina è errata: a differenza di un  motore, spiega P. Servigne, il sistema complesso della natura  non può essere smontato e rimontato. Impossibile smontare e rimontare un corpo umano, tantomeno la natura di cui fa parte.
Allora se l’umanità vuole salvarsi deve giocoforza adottare un comportamento che non intacchi la dinamica della natura abbandonando il criterio di efficienza e scegliendo invece quello di adattività, adottato dalla natura sin dalla sua nascita. Ciò significa passare dall’agire centrato sull’utile/profittevole agli umani, all’agire profittevole all’evoluzione biologica. E questo chiama direttamente in causa il nostro modo di vita, in particolare il modello economico.


Giocoforza interrogarsi sulle scienze economiche e le loro opzioni. Esse hanno sviluppato una folta teoria sorretta da raffinati strumenti matematico-statistici. Purtroppo il modello economico ha costantemente ignorato e continua a ignorare il funzionamento biochimico-fisico della natura, ignorandone la continua trasformazione ed evoluzione dell’intera catena biologica e relative ripercussioni spiegate dalla termodinamica a  fine ’800.
Natura tuttora  ridotta al ruolo di semplice fornitrice di risorse.
“Col passare del tempo si scoprono fenomeni, nascono anomalie che le teorie esistenti non sono in grado di inquadrare e di spiegare” spiegò Thomas Kuhn (filosofo della scienza). E quando il divario tra la teoria e la realtà aumenta sorgono gravi problemi. È ciò che sta avvenendo tra teorie socio-economiche e realtà naturale del pianeta.


La maggioranza delle scuole economiche rimane vincolata a modelli deterministici, basati sul meccanicismo e che non considerano quanto dimostrato dalla termodinamica e gli studi sull’evoluzione. L’era del progresso (come la chiama Rifkin) ovvero il periodo storico avviato con la rivoluzione industriale mostra sempre più la sua faccia nascosta. Al sommo del suo  sviluppo scientifico tecnologico assistiamo impreparati e incapaci di reagire all’andare in tilt del complesso sistema naturale.
La disciplina dell’economia è chiamata a trasformarsi e concepire i propri rapporti con il mondo della natura. Ovviamente il rapporto tra economia ed ecologia è tutto da costruire, importante è porsi il problema dell’interdipendenza tra economia ed ecologia, precisando le condizioni e i vincoli da rispettare. Alla politica esigerlo, alle scienze economiche formulare le proposte.

Pubblicato il 

14.12.23
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