Il mondo del lavoro è in difficoltà. Le donne ancora di più

In 1'500 si sono ritrovati a Bellinzona per la manifestazione del 1° maggio. Un'edizione dedicata alle rivendicazioni femministe in vista dello sciopero del 14 giugno

È qui la festa? Quale festa? Quella delle donne bistrattate dal mondo del lavoro, sottopagate, sovraoccupate, che andranno in pensione con rendite miserabili rispetto agli uomini?

No, non ci può essere nulla da celebrare, se non reclamare i propri diritti. Sarà per questo che è un Primo maggio grigio e piovoso, come lo è la situazione vissuta ogni giorno dalle donne. Il cielo non poteva splendere, se lo avesse fatto sarebbe stato una beffa nei confronti delle lavoratrici, ma in ben 1’500  hanno dimostrato loro solidarietà, partecipando alla manifestazione che si è tenuta questo pomeriggio a Bellinzona.

 

E così in questo primo maggio si è tornati a reclamare parità e rispetto per le donne, conciliabilità tra lavoro e vita privata, tutela dei diritti sindacali, ma anche difesa del potere d'acquisto.


Queste le principali questioni affrontate dalle oratrici, che in maniera simbolica si è voluto fossero solo donne, intervenute poco fa dal palco di Piazza Governo a Bellinzona, dove si sta celebrando la Giornata internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori e dove nel primo pomeriggio si è tenuto il tradizionale corteo per le vie cittadine.

 

Un'occasione per portare in piazza anche tutte le rivendicazioni che saranno al centro dello sciopero femminista del prossimo 14 giugno.

«È la giornata in cui celebriamo la solidarietà e l'unità tra lavoratrici e lavoratori e l'unità nella lotta e durante la quale vogliamo accendere un faro sui problemi che investono il mondo del lavoro, in ogni settore e ramo professionale», ha affermato Chiara Landi.

 

La responsabile del settore terziario di Unia Ticino ha posto particolare accento sulla battaglia che i sindacati stanno facendo contro l'ulteriore liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi e del lavoro domenicale, oggetto della votazione del prossimo 18 giugno sulla revisione della legge cantonale votata dal Gran Consiglio lo scorso autunno.


Una proposta di legge che si trasforma in «un affronto», «un inganno», come l'ha definita Chiara Landi, per la quale l'obiettivo «non è l'interesse pubblico», ma «il profitto dei grandi commerci» e ciò «a scapito delle lavoratrici, dei lavoratori e dei piccoli commercianti».
La difficile situazione vissuta (o forse meglio sarebbe dire subita) dalle impiegate nel commercio al dettaglio è stata rievocata attraverso la lettera scritta da una lavoratrice. Landi ha letto la testimoniaza per ricordare alla piazza del Primo Maggio quanto sia "stressante e massacrante" lavorare nel settore della vendita.

 

Già, perché queste modifiche di legge rientrano in un «progetto politico di liberalizzazione totale, nel segno di una società dei consumi, che lavora e produce 24 ore su 24 e che favorisce unicamente il grande capitale. Un progetto che parte dal commercio al dettaglio ma che finirà per investire tutti i settori professionali», ha ammonito la sindacalista di Unia.

 

«Tutto il mondo del lavoro è in difficoltà, ma le donne lo sono ancora di più», ha dal canto suo evidenziato Flavia Koral, lavoratrice presso l'Organizzazione sociopsichiatrica cantonale e militante VPOD, sottolineando l'importanza del nuovo sciopero femminista del 14 giugno.


«Come donne e lavoratrici abbiamo ancora molto da lottare per raggiungere la parità. Chiediamo rispetto sui posti di lavoro, nelle piazze e nella vita» e «rivendichiamo più tempo per noi e per la nostra famiglia», ha detto Flavia Koral, sottolineando anche l'importanza di battersi contro i nuovi tentativi di peggioramento del sistema previdenziale, come gli attacchi alle pensioni dei dipendenti cantonali. In un contesto di tagli, legati al cosiddetto Decreto Morisoli, che minacciano «il personale, le condizioni di lavoro e la progettualità del Cantone nei settori della formazione, della sanità e della socialità», ha sottolineato la lavoratrice, preannunciando che «sono in corso i preparativi di uno sciopero generale in autunno del settore pubblico e sociosanitario contro i tagli».

 

Il tema della conciliabilità tra vita professionale e vita familiare è stato ripreso anche da Veronica Galster del sindacato del personale dei trasporti pubblici SEV.

«È una delle problematiche principali per tutte le lavoratrici e i lavoratori, ma in particolare per coloro che, come la maggior parte di chi opera nei trasporti pubblici, lavorano a turni», ha spiegato la responsabile della comunicazione di SEV. Per chi ha famiglia, l'organizzazione irregolare del lavoro rappresenta «una sfida: gli orari irregolari e atipici, la sera e nei fine settimana, sono difficili da conciliare con le responsabilità familiari, soprattutto se si hanno figli in età scolastica o più piccoli».

 

Da qui la necessità di «migliorare le condizioni quadro, a beneficio sia delle donne che degli uomini», ha affermato Veronica Galster, definendo «decisamente ampio il margine di miglioramento» e denunciando l'attuale scarsa propensione di molte aziende a pianificare i turni in modo da «rendere più semplice la vita ai dipendenti». Col risultato di «lavoratrici e lavoratori sempre più stanchi, che faticano a trovare il tempo sia per riposarsi che per ricaricare le batterie svagandosi».


Tra le oratrici, sul Palco di Piazza Governo, quest'anno affidato, dopo un breve saluto e un appello all'unità nella lotta del presidente dell'USS Ticino e Moesa Renato Minoli, esclusivamente alle donne, anche Terry, ex postina licenziata abusivamente dalla Posta e militante del sindacato syndicom.

Licenziata, ha raccontato, per avere intrapreso una battaglia «per ottenere degli orari di lavoro che mi permettessero di andare a prendere la bambina all'asilo nido». Si trattava «semplicemente di rivedere i giri di recapito. A livello organizzativo non vi erano problemi, ma la Posta non ha mai voluto entrare nel merito per non creare un precedente», ha ricordato Terry, la cui lotta è sfociata nel suo licenziamento, poi giudicato abusivo dal Tribunale federale.

 

Una vittoria a metà per Terry, che avrebbe voluto tornare al suo posto di lavoro, ma non ha ottenuto il reintegro, che la legge svizzera non prevede, anche quando un licenziamento è giudicato abusivo come in questo caso.

«La legge non tutela le persone che si battono per i propri diritti», ha denunciato l'ex postina, sottolineando la necessità di colmare questa «grave lacuna». In una battaglia corale «per le donne che rivendicano i loro diritti, per tutti coloro che vogliono conciliare famiglia e lavoro, per tutti i membri delle commissioni del personale che lottano per i loro colleghi, per tutte le lavoratrici e i lavoratori che oggi sono qui, diciamo basta a questi soprusi, la legge in Svizzera deve garantire protezione ai lavoratori e alle lavoratrici che si espongono per i propri diritti. Quello che è capitato a me non deve più capitare», ha concluso l'ex postina.

 

Terminati gli interventi, le oratrici hanno ceduto il palco al gruppo musicale bolognese dei Nabat, il cui concerto conclude il 1° maggio ticinese.

 

Pubblicato il

01.05.2023 18:22
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