Lavoro & Giustizia

I ccl firmati dal sedicente sindacato Tisin con sette imprese giusto in tempo per evitare l'obbligo del salario minimo, sono validi o no? Mistero istituzionale. Per ora.

 

Ricordiamo che la sedicente organizzazione sindacale Tisin aveva siglato dei ccl con sette aziende lo scorso autunno, giusto in tempo per evitare l’introduzione a dicembre del salario minimo, concordando stipendi inferiori di quattro-cinque franchi l’ora all’imminente obbligo legale. Le reazioni popolari, politiche e istituzionali non si erano fatte attendere. Manifestazioni, numerosi atti parlamentari e infine il lancio a sinistra di un’iniziativa popolare sottoscritta da 13mila cittadini per una nuova legge sul salario minimo che, oltre ad elevare l’importo, escludesse la possibilità di derogarvi con l’escamotage dei ccl.

 

Il governo si era detto contrario all’abolizione dell’articolo 13 della legge sul salario minimo (la deroga dei ccl), proposta dal Movimento per il socialismo. In parlamento, il capo dipartimento dell’Economia Christian Vitta aveva riassunto i criteri legali per la validità di un ccl. Le condizioni principali sono che il sindacato firmatario abbia un peso sociopolitico rilevante, ossia un numero di membri sufficiente, delle risorse economiche e l’esperienza. In secondo luogo, deve godere dell'indipendenza economica dal datore di lavoro. «Se queste condizioni non sono adempiute, il contratto potrebbe essere nullo» aveva concluso Vitta. Ad eseguire i controlli, ci avrebbe pensato l’Ufficio dell’ispettorato del lavoro.


Veniamo ora ad oggi, col primo bilancio sul rispetto del salario minimo comunicato dalla Commissione Tripartita martedì sera. «Sono state controllate 1’600 aziende attive in tutti i settori dell’economia ticinese e solo in rari casi (3%) è stata riscontrata un’infrazione. Queste aziende occupano ca. 10'000 dipendenti e il 5% ha percepito un salario non conforme». Cinquecento lavoratori dunque con stipendi inferiori all’obbligo legale. Il mancato rispetto era spesso dovuto a errori di calcolo, ha precisato la Tripartita.

 

Una prima notizia salutata positivamente dal sindacato Unia per bocca del suo segretario regionale Giangiorgio Gargantini. «Se il 97% delle imprese controllate rispetta il salario minimo, si conferma quanto abbiamo sempre detto prima della sua introduzione. L’economia ticinese non avrebbe avuto grandi difficoltà a pagare quei salari minimi fissati dalla legge cantonale. Non si sono dunque verificati quelle visioni catastrofiste avvanzate in campagna dai suoi avversari».

 

Ma la vera notizia sta nei dettagli, si dice sovente. Nel comunicato della Tripartita infatti si parla di 7 aziende sanzionate con multe superiori a duemila franchi per infrazioni gravi. Subito la mente corre alle sette ditte firmatarie dell’accordo con Tisin. In realtà, le ditte si sono ridotte nel frattempo a cinque. Due aziende, Cebi e Ligo-Electric, erano già state obbligate qualche mese dal Tribunale federale ad allineare le paghe al Contratto normale di lavoro (Cnl) del ramo nella fabbricazione di apparecchiature elettriche. Non è infatti possibile derogare al salario minimo nei rami in cui sono in vigore dei contratti normali di lavoro, imposti dall’autorità nel caso di dumping salariale accertato.

 

Le rimanenti cinque aziende firmatarie con Tisin, la Plastifil di Mendrisio, Ideal-Tek e la Gipienne di Balerna, la Tecnomatic e la Tecnomec* (si veda errata corrige a fondo articolo) di Stabio, potrebbero dunque rientrare nelle lista delle sette imprese sanzionate per gravi infrazioni alla legge sul salario minimo.

 

Da parte dell’autorità cantonale, nessuna conferma o smentita. Il Consigliere di stato Vitta si trincera dietro il “no comment” poiché il governo cantonale sarebbe la prima istanza a statuire su eventuali ricorsi delle aziende sanzionate. L’ispettorato del lavoro invece, per prassi consolidata, comunica alle solo aziende le sanzioni e le motivazioni.

A provare a far chiarezza sul mistero istituzionale, arriva una notizia della Rsi. All’informazione pubblica risulta che una delle ditte sanzionate avesse sottoscritto un ccl con Tisin. Intervistato, Vitta ha liquidato la faccenda con: “Non posso esprimermi su casi specifici”.

 

area può ora aggiungere un elemento in più forse utile a scalfire il muro di gomma istituzionale sul caso Tisin. «In queste sette imprese sono stati constatati 225 casi di retribuzione inferiore al salario minimo» ha risposto Stefano Rizzi, presidente della Commissione Tripartita sollecitato da area. Quasi la metà delle infrazioni rilevate si concentrano dunque in queste sette aziende. Le cinque imprese firmatarie con Tisin contano complessivamente circa 300 dipendenti. Escludendo i dirigenti, i quadri intermedi e quella parte di operai meglio retribuiti perché qualificati, non si può escludere che le ditte di Ticino Manufacturing, l’associazione che le rappresenta nei rapporti contrattuali con Tisin, rientrino tra quelle sanzionate. È solo un piccolo indizio, ma potrebbe aiutare a rispondere al quesito iniziale. Abbiamo provato a contattare più volte il presidente di Ticino Manufacturing, l’avvocato Costantino Delogu, ma senza successo.

 

Le nostre restano dunque delle ipotesi, allo stadio attuale. Nessuno conferma o smentisce se l’autorità cantonale abbia ritenuto nulli i ccl siglati da Tisin. Forse la vera notizia è questa.

 

Se fosse vero, vi è da chiedersi perché le istituzioni non rendano nota una decisione su un caso che aveva suscitato indignazione in buona parte della popolazione, dando inoltre un segnale chiaro a chi volesse fare il furbetto? Lo scopriremo nelle prossime puntate. La verità, nel nostro piccolo cantone, non tarderà a venire a galla.  

 

*Errata corrige: erroneamente abbiamo inserito l'impresa Tecnomec tra le aziende che avevano sottoscritto l'accordo con Tisin, come più volte riportato da diversi media. Abbiamo appurato che la ditta non l'aveva firmato. Ci scusiamo coi lettori e coi diretti interessati (27 giugno 2022).

Pubblicato il 

23.06.22
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