Per ragioni personali e familiari, mi ritrovo spesso a passare la frontiera fra Svizzera e Italia. E come facciamo in tanti, mi barcameno a fare la spesa in entrambe le nazioni. Le sorprese sono continue. Le tisane biologiche costano meno in Svizzera che in Italia, non solo nei supermercati ma persino quelle di piccola produzione. Mia mamma usa la fitoterapia, in particolare estratti di echinacea e propoli, che assume quasi tutti i giorni da mezza vita. A Berna, prodotti artigianalmente in una celebre farmacia del centro storico, costano addirittura un terzo rispetto a Roma. Stessa musica per alcuni cereali di importazione, come la quinoa o il miglio: amici e parenti in visita dall’Italia inevitabilmente arrivano con un po’ di spazio in valigia, perché prima di partire vanno a comprarli in un negozio bernese. Persino jeans, scarpe da ginnastica e giacche di buona qualità: da noi quando ci sono i saldi, e ormai come è noto ce ne sono tante volte l’anno, finiscono per costare meno che in Italia.


D’altronde quando mi ritrovo a fare la spesa nel Belpaese, rimango allibita per alcuni specifici articoli dai prezzi esorbitanti. Costano quanto in Svizzera, nonostante l’enorme differenza fra gli stipendi di qua e di là della frontiera. Mi chiedo come si faccia in Italia a sbarcare il lunario e chi possa in fondo in quel paese permettersi di comprare un avocado, ma anche limoni biologici o taluni prodotti freschi, ma pur sempre di produzione industriale. Sono i misteri del commercio internazionale, una giungla di dazi, balzelli e meccanismi poco trasparenti, in base ai quali viene stabilito il prezzo finale di un prodotto.


Come consumatrice maniaca, più o meno rimango a galla. Perché sono una di quelle persone pignole che legge le etichette e non so per quale strana magia, il mio cervello riesce a ricordare i prezzi, magari non al centesimo ma ho sempre a mente quanto costa una zucchina. Fra i prezzi impazziti all’italiana c’è l’olio extravergine di oliva. Persino quello improbabile a base di “olive dell’Unione Europea” o curiose formule che indicano oscure miscele, resta la parola-chiave “extravergine” ma a leggere l’etichetta non si riesce a capire cosa ci sia dentro quella costosa bottiglia. L’olio EVO di una volta, ormai viaggia su cifre psichedeliche.
Anche sui prodotti cosmetici regna la giungla dei prezzi. Di recente le associazioni svizzere per la tutela dei diritti di consumatrici e consumatori hanno rilanciato una notizia sfiziosa. Il nostro gigante nostrano


Migros ha denunciato alla Commissione per la concorrenza elvetica (COMCO) il colosso Beiersdorf, che detiene il marchio Nivea. C’è che in Svizzera i prodotti Nivea costano il 40 per cento più che in Germania. Curiosamente, questi prodotti sono definibili “indispensabili”, in virtù del loro successo di mercato. La mossa della Migros è resa possibile dal controprogetto all’iniziativa “Per prezzi equi”, entrato in vigore il primo gennaio 2022. Grazie a questo adeguamento normativo, che ha toccato le leggi federali sui cartelli e sulla concorrenza sleale, le aziende svizzere possono difendersi meglio da prezzi alti imposti dalla distribuzione internazionale.
Sarà interessante vedere cosa deciderà la COMCO, non solo per chi ama i prodotti Nivea, ma soprattutto per il valore quale precedente del caso.

Pubblicato il 

26.03.25

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