"Il mio studio è ormai morto"

Medici che non possono più permettersi di curare i propri pazienti. Malati che corrono seri rischi per la propria vita.  Alla radice di questa situazione venutasi a creare soprattutto al sud della Alpi, vi sarebbe l'interpretazione dell'art.56 della Lamal fatta da Santésuisse Ticino e definita da molti camici bianchi una follia contraria al codice deontologico che, per professione, sono invece tenuti a rispettare. Ridurre i costi eccessivi e fermare gli abusi è più che corretto, ammettono gli stessi medici. «Il problema è che con questa questa interpretazione si è andati troppo oltre», dicono. «E così per rispettare i limiti, non tutti i pazienti possono essere curati adeguatamente». Una situazione di profondo disagio che, qualche mese fa, aveva spinto alcuni medici a riunirsi nell'associazione "300 medici per la libertà" a difesa della qualità delle prestazioni da loro offerte, della loro professione e, non da ultimo, del bene collettivo.
area ne aveva parlato lo scorso novembre (vedi area del 23.11.2007). In quell'occasione il presidente di Santésuisse Ticino, Olivio Lama, aveva giustificato il suo agire con l'obbligo legale di «verificare che le cure siano erogate secondo il principio dell'economicità». «La nostra – aveva detto il Signor Lama ad area – è semplicemente l'interpretazione di una legge. Stabilirne i limiti in assenza di giurisprudenza è sempre un po' delicato: noi ci abbiamo provato e in base ad essa stabilito dei limiti entro cui rientrare», aggiungendo che il Ticino ha interpretato la normativa (art.56 Lamal) in modo molto puntuale «proprio perché sappiamo che i premi pagati nel nostro cantone sono i più elevati di tutta la Svizzera. Il nostro intento era quello di capire questo fatto e capire se vi era una possibilità di correggere alcune evoluzioni dei costi riducendo ad esempio prestazioni eccessive erogate da certi medici o altri operatori sociali». Negando nel modo più assoluto la mancanza di cure prestate a pazienti realmente bisognosi, e negando che questa eventuale situazione potesse essere una conseguenza diretta di questo modo di interpretare l'art. 56 della Lamal, Olivio Lama aveva comunque ammesso che «La giurisprudenza in materia di ineconomicità, come detto, è abbastanza povera, noi abbiamo tentato delle strade che poi si sono rivelate non percorribili. Ora si tratta di riorientare l'agire dei segretariati, con un coordinamento a livello svizzero più o meno sviluppato».
A qualche mese di distanza da questa conversazione e dalla nascita dell'associazione "300 medici per la libertà" cosa è cambiato per i medici e per i loro pazienti? Dal caso concreto – e purtroppo non isolato – presentato nell'articolo che segue, si evince che in realtà, la direzione intrapresa da Santésuisse non ha affatto subìto cambiamenti. Sta ai medici adattarsi. Medici che, in vista del 1° giugno, quando il popolo svizzero dovrà votare sull'iniziativa "Qualità e efficacia economica nell'assicurazione malattia", si sentono sempre più con il fiato sul collo.

Quale deontologia?

«Dobbiamo aspettare che ci scappi il morto prima che qualcuno intervenga per mettere fine a questa situazione?». Esordisce così il dottor B. (la vera identità del medico è nota alla redazione) visibilmente esasperato, sfinito e molto preoccupato per la situazione che si è venuta a creare tra medici e Santésuisse. Sul lettino per le visite oggi non vi è nessun paziente, al loro posto, decine e decine di dossier appartenenti a malati che il dottor B. non può più permettersi di curare.
«La prima volta che Santésuisse mi ha chiesto di pagare è stato nel '93: fui convocato davanti a una Commissione paritetica, per spiegare le ragioni dei miei costi. Alla fine, malgrado avessi dato risposte a tutti gli interrogativi sollevati, ho comunque dovuto pagare oltre 30mila franchi. Tre anni fa la situazione è cambiata, per noi medici lavorare è diventato un inferno in cui cercare di curare i pazienti spendendo il meno possibile», racconta il dottor B. «Come conseguenza di tutto ciò è diventato impossibile agire secondo le regole deontologiche che ci sono state insegnate che prevedono di agire secondo scienza e coscienza per proteggere la salute e la vita delle persone che si affidano alle nostre cure. Anche di chi ha gravi patologie, e anche degli anziani». «Oggi quando ricevo un paziente nel mio studio pratico innanzitutto quella che io chiamo la "medicina africana": scruto il paziente negli occhi per cercare di capire come sta e se può davvero permettersi di non venire curato. Ma questo non è quello che mi è stato insegnato. Questo non è normale».

Addio alle cure

Il dottor B. è un medico generalista che fornisce anche prestazioni di tipo ortopedico e reumatologico. «Ormai il mio campo di azione è ridotto all'osso: di radiografie non ne faccio più e nemmeno i semplici prelievi di sangue sono più possibili annualmente. Ai pazienti che insistono eseguo analisi in forma ridotta, tralasciando verifiche più dettagliate; agli altri queste analisi verranno effettuati ogni due o tre anni.
Per quel che riguarda i cicli di fisioterapia sono ormai diventati un vero lusso anche per i miei pazienti, molti dei quali sono proprio stati operati da me in passato per problemi reumatologici e ortopedici.  Oggi infatti Santésuisse mi multa già quando effettuo 0,3 cicli di fisioterapia per paziente all'anno, pur sapendo che ogni paziente ha diritto ogni anno a 4 cicli… E non parliamo delle visite a domicilio, dei controlli di tipo ginecologico e dei trattamenti dell'osteoporosi: sono ormai un lontano ricordo», spiega il dottore.
Riuscire a garantire cure ai propri pazienti per il dottor B. e per molti suoi colleghi – oggi sono 140 i medici iscritti all'associazione "300 medici per la libertà; erano 105  a fine dello scorso novembre – è una corsa ad ostacoli quotidiana; in gioco, oltre alla libertà dei medici, la vita dei pazienti. «Abbiamo iniziato a dividere i pazienti, ossia indirizzarli, a seconda del loro bisogno, verso medici specialisti con il risultato che un paziente può oggi avere quattro o cinque medici curanti e non più solo uno che conosce perfettamente tutto il suo dossier. Una situazione certamente non normale e certamente difficile da sopportare per chi convive già con problemi di salute», spiega il dottore. «Santésuisse, per contenere i costi, ci spinge ad agire in questo modo senza considerare che, così facendo non si fanno che aumentare i costi della salute: i medici specialisti sono infatti più costosi».
Oggi anche prescrivere medicamenti è un gesto che può costare molto caro ai medici: questi costi indotti vengono infatti direttamente fatturati alle loro tasche «Prescrivere ricette mediche senza effettuare una visita non mi è più possibile: dovrei così pagare multe salatissime senza nemmeno avere guadagnato un centesimo… Di conseguenza chiedo al medico che ha prescritto la prima volta la ricetta di continuare a farlo. Oppure indirizzo i pazienti presso il Cardiocentro... Di fronte a questa situazione mi ero addirittura rivolto al medico cantonale: "Le ricette devono essere effettuate dal medico di famiglia, non dal medico cantonale….", mi è stato risposto. Ma se le faccio, poi vengo multato…».

I pazienti, le reazioni

I pazienti del dottor B. sono ben coscienti della situazione in cui è costretto a operare il loro medico che, con una circolare distribuita nello studio, non ha nascosto la necessità di ridurre le analisi e le cure per restrizioni finanziarie imposte dalle casse malati.
«Le reazioni di pazienti di fronte a questa situazione sono di vario genere», spiega il dottore estraendo un quaderno in cui le ha annotate. «Molti sono terrorizzati sia di non potersi più fare curare adeguatamente, sia dover andare da specialisti o al Cardiocentro, dove i costi sono più elevati. Molti decidono di non più farsi curare e vengono solo raramente, una volta all'anno o anche meno. C'è chi cerca di ottenere comunque le ricette per i medicamenti di cui necessitano contattandomi via fax: una cosa che, come detto non posso più permettermi senza una visita medica che mi permetterebbe almeno di rimborsare il prezzo della multa che riceverò…».
Altri pazienti sono più duri nei miei confronti: «Questo è un problema suo ed è colpa delle vostre fatture troppo alte», hanno detto al dottore alcuni pazienti con pluripatologie o cronici e che, per forza di cose, hanno fatture mediche più elevate. A chi di loro si è lamentato di questo cattivo operato, su consiglio del dottore, si è rivolto presso Santésuisse dove si sarebbe sentito dire «cambi medico e denunci il dottor B.».
«Qui è cambiato tutto, non è più come una volta», ha detto un paziente italiano che da anni si faceva curare dal dottore B. «Non penso verrò più…».
E come lui altri: in pochi anni il 10 per cento dei pazienti se n'è andato. E chi resta viene di rado. «Prima avevo una quarantina di pazienti al giorno. Oggi ne ho una media di otto. Ho dovuto anche ridurre il personale: una sola assistente al 50 per cento è più che sufficiente. Questo ormai è uno studio morto. Sono anni che lavoro unicamente per passione…».

Le mie ragioni

Ma a chi dice che Santésuisse ha ragione, che lei è effettivamente "ineconomico", che cosa risponde? «L'errore principale, nel mio caso, è la sbagliata incorporazione.  Per calcolare se la spesa è o meno nella media, si inserisce il medico nel gruppo della sua specialità. Io vengo erroneamente inserito tra i medici generalisti; in realtà mi occupo anche di reumatologia e ortopedia. Di conseguenza è normale che le mie spese siano superiori alla media dei generalisti. Questo l'ho spiegato nei dettagli ogni volta che sono stato convocato dalla Commissione paritetica ma senza risultato…», racconta il dottore.  «Tanto più che se dalle mie spese totali togliamo quelle relative alle cure per reumatologia e ortopedia sono perfettamente nella media dei medici generalisti…».
Ma non è tutto «nei conti di Santésuisse considerano un numero inferiore dei pazienti rispetto a quelli che in realtà ho. Così facendo il rapporto tra costi totali e pazienti è falsato, ovviamente a mio sfavore».
Il dottor B. è sconsolato ma non per questo pronto a cedere la sua battaglia anche perché sono molti altri gli interrogativi che lo assillano. «Perché, ad esempio, dopo aver ricevuto una multa di diverse migliaia di franchi per ineconomicità, al medico basta presentarsi davanti alla Commissione paritetica per ridurre del 70 per cento il costo della sua multa?» o ancora «Perché per pazienti che pagano una franchigia di 2'500 e vengono curati per un totale di 2'200 le casse malati chiedono al medico di pagare una multa?», s'interroga il dottore. «In questo caso, infatti, le casse malati non hanno dovuto pagare nulla per il paziente in questione… C'è chi parla, in questo caso di "indebito profitto"…».

Una votazione che fa paura

I medici generici sono sempre più preoccupati. Stretti nella morsa dell'economicità vedono le loro entrate ridursi sensibilmente tanto che, come il dottor. B. presentato in pagina, sono sempre più quelli che lavorano in perdita. Con conseguenze non da poco per il sistema sanitario elvetico: ci saranno sempre meno medici. E il ricambio generazionale non permetterà di colmare il vuoto: viste le pessime condizioni di lavoro, la professione di medico generico saprà attirare sempre meno giovani. Uno scenario, questo, ipotizzato da diversi camici bianchi che in questi giorni non hanno esitato ad esprimere il loro punto di vista per mezzo stampa. Dello stesso avviso è anche il dottore Pio Fontana, a capo dell'associazione "300 medici per la libertà". Un campanello d'allarme, questo, tirato qualche mese fa e che non smette di squillare. Un ulteriore motivo di preoccupazione per la categoria è infatti l'iniziativa "Per qualità ed economicità nell'assicurazione malattie" che verrà sottoposta al popolo svizzero il prossimo 1 giugno. «Se oggi infatti le casse malati hanno l'obbligo di contrarre con tutti i medici, nel caso in cui l'iniziativa dovesse avere la meglio, si andrà sempre più verso una situazione di "managed care" in cui le casse malati potranno gestire totalmente il sistema sanitario elvetico senza che il settore pubblico possa più avere voce in capitolo. Saranno infatti le casse malati a scegliere con chi lavorare, con quali ospedali, con quali laboratori, quali assistenti di cure, quali farmacie, con quali medici…», spiega il dottor Fontana, e a chi verrà escluso non resterà altro da fare che prepararsi ad appendere lo stetoscopio al chiodo…. È facile intuire che tra gli esclusi vi saranno proprio i medici "ineconomici", quelli che occupandosi dei pazienti più deboli e complessi hanno un costo-paziente annuo più elevato della media dei colleghi.

Pubblicato il

04.04.2008 04:00
Fabia Bottani