Il mio grosso grasso debito greco

Cattivi greci, molto cattivi a presentare conti farlocchi agli ispettori dell'Unione Europea. Guarda guarda alla fine dopo aver esportato tanto stile classico hanno importato quello barocco. Applicandolo però alla contabilità di Stato. Quindi spazio alle invenzioni, alle contorsioni, volute e spirali che hanno fatto credere ai revisori dei conti di aver esagerato con l'ouzo. No! Bisogna tornare a uno stile nitido, classico, dorico -  se volete - anche nelle linee di bilancio.
D'altro canto, bei creduloni che si sono fidati dei perfidi achei. Ma perché millenni di storia non insegnano mai nulla? Ve li ricordate i versi del poeta Virgilio? "Timeo Danaos et dona ferentes", cioè "temo i greci anche quando portano regali". Appunto. Con gli europei a far la parte dei troiani. E questa volta cosa ci hanno messo nel cavallo di legno? Un apparato statale ipertrofico, baby pensionati, eccetera. Perciò abbiamo sentito Angela Merkel mormorare "Ja, ich bin ein troianer". Nessuno mai più deve permettersi di dire "porca Troia" perché è da Atene che bisogna guardarsi.
Quando è arrivato il momento del giro di vite - ma ormai buoi e minotauri erano già scappati da stalle e labirinti mitologici - è partito il piagnisteo di piazza. Non lasciamoci commuovere, gli fa solo bene, è catartico. Lo dicevano loro ai tempi beati in cui inventarono la tragedia.
In fondo anche in questo caso potrebbe essere tutta una finzione se fosse vero che i cittadini nascondono i miliardi all'estero (di dracme?). Allora, forza greci, tirate fuori un qualche armatore di navi che si compri il debito pubblico e fine della pendenza. Oppure vendetevi un'isola. Ne avete tante, sicuramente la Germania sarebbe lieta di creare una Berlino marittima sulle sponde del Mediterraneo (d'altra parte aveva già dimostrato qualche interesse in passato).
Poi c'è stato quel patetico tira e molla sul referendum. Nella culla della democrazia il popolo ellenico non ha potuto dire la sua sul piano di austerità. Certamente l'avrebbero accettato dando prova del primo caso nella storia di coazione alla sofferenza collettiva. Basta crederci: prima i tagli e poi il rilancio. Tutti a tenere le dita incrociate perché le esportazioni di feta riprendano quota.
I greci ora devono portare pazienza. In fondo ci sono abituati: dieci anni per vincere una guerra e anche Ulisse ci ha messo il suo tempo per tornare a casa mentre la moglie Penelope aveva già capito che era meglio lanciarsi nel settore tessile. Che la prendano con filosofia, un tempo erano maestri in questo, e vedranno che nel tempo in cui i giapponesi si saranno ripresi dalle radiazioni di Fukushima loro avranno ripagato il debito pubblico. Chissà cos'hanno deliberato gli dei invidiosi nei loro imperscrutabili disegni? Torneranno i bei tempi in cui Zeus, signore dell'Olimpo, faceva di Europa ciò che voleva? Chissà.
Intanto che stiano all'erta i romani: qualche secolo fa quando la Grecia era addirittura "magna" avevano l'abitudine di ispirarsi parecchio a ciò che proveniva dall'Ellade. Insomma i governi stanno come d'autunno sugli alberi le foglie. Se Atene piange, Roma non ride.

Pubblicato il

11.11.2011 14:00
Flavia Parodi