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Il menù della lotta: rivendicazioni di Unia nel settore alberghiero e della vendita
di
Françoise Gehring Amato
Le condizioni di lavoro nel settore alberghiero e della ristorazione sono note per essere particolarmente problematiche. Casi di abusi e di sfruttamento vengono regolarmente alla luce. Si tratta di una situazione che i sindacati conoscono bene e che da qualche anno intendono combattere con decisione, anche se il confronto con il padronato è particolarmente difficile. La prossima tornata di negoziati tra sindacati e datori di lavoro del settore comincerà l’8 maggio, quindi la prossima settimana. L’obiettivo di Unia, il sindacato del settore terziario, è di ottenere un aumento di trecento franchi e la settimana lavorativa di 40 ore per tutti (vedi riquadro). Attualmente nel settore alberghiero, che impiega 150 mila lavoratori e lavoratrici, il salario minimo ammonta a 2 mila 510 franchi lordi. Paragonato ad altri settori, come spiega Unia nei volantini indirizzati ai lavoratori, continua ad essere quello più basso. Detto altrimenti, il settori della ristorazione e alberghiero è ai piedi della scala. Per un’economia, come quella svizzera, rivolta al turismo non è affatto una posizione lusinghiera. Tutt’altro. Oltre a salari vergognosamente bassi, i settori di cui stiamo parlando impongono ai dipendenti tempi di lavoro che raggiungono in molti le 60 ore alla settimana. Da non credere! Questa situazione di sfruttamento combinata ad una mancanza di personale, compromette la salute fisica e psichica dei lavoratori. Come si vede il quadro è a tinte cupe. Non deve dunque sorprendere se oggi il settore alberghiero e della ristorazione sia confrontato con una pessima immagine. La penuria di personale, causata appunto dalle cattive condizioni di lavoro, è sotto gli occhi di tutti. "Ma i datori di lavoro— denuncia Unia — invece di far fronte alla carenza di personale facendo capo a lavoratori qualificati, preferiscono reclutare manodopera a buon mercato proveniente dall’Europa dell’Est". E, quindi, prolungare una situazione di disagio. Pensate che proprio in questo settore troviamo un gran numero di woorking poor. Secondo un recentissimo studio dell’Ufficio federale di statistica, un quinto del personale entra nella categoria dei woorking poor, ossia di persone che, sebbene esercitino una professione sono costrette a far capo all’assistenza sociale per sbarcare il lunario.- "Questo settore — precisa Unia — scarica dunque sulle spalle dello Stato i costi salariali che rifiuta di assumersi. Una tale politica aziendale — aggiunge il sindacato — non solo è indegna ma pesa anche su comuni e cantoni". La richiesta di aumentare i salari (che resterebbero comunque inferiori a quelli di altre categorie) è dunque più che legittima. Ma non basta per risollevare il destino dei lavoratori del settore. Unia chiede anche un rafforzamento degli strumenti di controllo esistenti, completandoli con la creazione di una commissione paritetica cantonale e regionale.
Pubblicato il
04.05.01
Edizione cartacea
Anno IV numero 15
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