Giustizia

Il lento ritorno alla vita di Julian Assange

Tra complotti, isolamento e speranza, il giornalista denuncia al Consiglio d’Europa il sistema che l'ha perseguitato e trasformato in un prigioniero politico

“Se sono libero oggi, è perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”. È iniziata con un colpo secco, la testimonianza di Julian Assange all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. A giugno l’avevamo seguito nel suo lungo viaggio dalla prigione di alta sicurezza di Belmarsh, a Londra, a un surreale territorio coloniale statunitense nell’Oceano Pacifico, dove si era dovuto presentare davanti a una Corte. Era la conditio sine qua non per il patteggiamento con il Dipartimento di giustizia americano. Un viaggio rocambolesco che l’ha poi portato in Australia, dove ha passato questi tre mesi. Assange ha davanti una lunga strada per recuperare la salute fisica e mentale. Hanno lasciato il segno l’isolamento, la privazione della libertà personale, lo scarso accesso alle cure mediche, e la paura costante di ritrovarsi su un aereo per la Virginia, dove pendeva sulla sua testa la spada di Damocle di una condanna a 175 anni di carcere.

 

Assange è finito ostaggio di un incubo kafkiano per avere rivelato le prove di crimini di guerra. Dall’Iraq a Guantanamo, e a molte altre rivelazioni da prima pagina, Wikileaks ha fatto la storia del giornalismo dei giorni nostri. Ad Assange è stato fatale collaborare con media di tipo tradizionale, il Guardian e gli altri colossi delle news mondiali, che l’hanno innalzato al piedistallo di eroe dell’interesse pubblico che finalmente innovava il giornalismo. E nel giro di pochissimo tempo, l’hanno trascinato nel fango. Un’odissea. Il racconto più completo si trova nel libro dell’ex relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura Nils Melzer, “Il processo a Julian Assange”. L’audizione di Strasburgo (qui il testo integrale del discorso, in inglese) è stato un momento ad alta carica emotiva. In una quindicina di minuti è riuscito a condensare tutto quello che è andato storto nel suo caso: “Ho fatto l’errore di fidarmi del sistema giudiziario”, che invece di proteggerne i diritti l’ha perseguitato, a colpi di pasticci che hanno mostrato la miseria di quello britannico, asservito ai desideri di Washington. Non ne esce meglio la Svezia. A Strasburgo Assange ha parlato dei piani della CIA per rapirlo o avvelenarlo mentre era rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana di Londra. Ma anche di guerre, censura, giornalismo in Palestina. Un discorso punteggiato di passaggi di incoraggiamento, perché anche se sono tempi molto difficili, ha detto, non bisogna smettere di lottare. Il Consiglio d’Europa ha quindi sancito a larga maggioranza che l’australiano è stato prigioniero politico del Regno Unito: “Una giornata storica”, ha commentato il caporedattore di Wikileaks Kristinn Hrafnsson. Ma ci vorrà del tempo per il ritorno alla vita pubblica. Assange ora deve curarsi. E deve reimparare a vivere da uomo libero, ha spiegato. Un passaggio che è iniziato con toni particolarmente toccanti: “Devo diventare un padre per i miei due figli piccoli, che sono dovuti crescere senza di me. Devo diventare un marito”, ha scandito, la moglie Stella seduta al suo fianco. E poi, il colpo di teatro: “E devo ora persino gestire una suocera – questi sono notoriamente aspetti impegnativi della vita familiare”. Fra le ghignate dei presenti, ha precisato: “La mia è adorabile, mi piace molto”. Si gira verso la moglie, che lo fissa allibita. Lui sorride.

Pubblicato il

14.10.2024 09:36
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