L’Unione sindacale svizzera (Uss) ha deciso di porre al centro dell’attenzione per quest’anno, con una campagna che ha avuto mercoledì il suo primo momento forte con la giornata della donna (cfr. a pag. 4), il tema dei salari. Parrebbe un tema vecchio e stanco. Invece no. Perché parlando di salari si centra il cuore del problema, cioè il conflitto fra lavoro e capitale. Che mai, almeno dal secondo dopoguerra, è stato così acuto come in questi anni, e che mai prima s’è risolto in maniera così sfacciata a favore del capitale. E la crescente sproporzione fra remunerazione del lavoro e remunerazione del capitale è soltanto la prima, più immediata espressione di questo conflitto. Emblematico è il caso della Swissmetal Boillat di Reconvilier, uno stabilimento sano i cui dipendenti sono depositari di un sapere e di un’esperienza che sono garanzia della competitività del prodotto finale sul mercato: ebbene, tutto questo a nulla serve se i padroni di Swissmetal conoscono una sola logica, quella speculativa, che punta al massimo rendimento del capitale a breve termine e che dice che lo stabilimento di Reconvilier va smantellato. Non solo, il caso della Boillat spiega anche che chi possiede soltanto il suo lavoro rischia di ritrovarsi disarmato di fronte a chi possiede il capitale, se è vero, com’è vero, che durante lo sciopero il titolo Swissmetal volava, salvo scendere nuovamente a sciopero ultimato. Ma l’attualità ci dice che anche su altri terreni il conflitto fra lavoro e capitale tende a risolversi sempre più spesso a favore del secondo. Basti pensare alla fretta con cui fu generosamente abbassato il tasso di remunerazione degli averi del secondo pilastro all’esplodere della bolla speculativa, fretta che non si vede oggi che i mercati borsistici sono tornati a tirare e che, secondo logica, il tasso di remunerazione potrebbe tornare a salire (cfr. a pag. 3). Dove vada a finire la differenza fra il tasso di remunerazione e i rendimenti dei mercati borsistici bene non si sa, ma facilmente lo si intuisce. In questo modo però il rischio del cattivo andamento delle borse è stato posto interamente a carico dei lavoratori. Questa settimana infine il parlamento ha votato una modifica della tassazione di quella parte di reddito che i manager e i dipendenti di una ditta percepiscono sotto forma di opzioni o azioni di quella ditta (cfr. a pag. 16). La questione riguarda soprattutto i manager dei piani più alti. Ebbene, mentre chi percepisce il salario in contanti è tassato fino all’ultimo centesimo, il nuovo sistema introduce uno sconto d’imposta dipendente dagli anni che bisogna aspettare prima di far valere la propria opzione: questo, dice la maggioranza borghese, perché non si sa se entro allora il valore dell’azione sarà salito o sceso. In questo modo di nuovo chi detiene il capitale vuole spogliarsi di tutti i rischi che la sua posizione comporta. Mentre se la ditta va male i primi a pagarne le conseguenze, dunque a portarne il rischio, sono i lavoratori licenziati. Il Partito socialista ha preannunciato il referendum: sarà una battaglia simbolica e al cuore del problema.

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10.03.06

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