Il grande crollo dell’Europa orientale

I paesi dell’Europa orientale da noi non godono di una buona reputazione, soprattutto da quando vi dominano regimi autoritari. La sinistra e le forze ecologiste dell’Europa occidentale faticano a trovare interlocutori e se ne allontanano deluse. Ma in Occidente molti non sanno quali tragedie hanno vissuto i popoli di questi paesi dopo la caduta del muro che fino al 1989 separava Est e Ovest. Speravano in più libertà e più prosperità, invece la politica economica neoliberale, con la sua “terapia d’urto”, ha provocato il collasso dell’economia. Le privatizzazioni selvagge hanno trascinato milioni di persone nella disoccupazione e nel contempo i governi hanno smantellato i sistemi di protezione sociale. Ciò ha prodotto «la più profonda e lunga crisi economica che abbia mai colpito una regione del mondo nell’era contemporanea», ha affermato la ricercatrice e studiosa dell’Europa orientale Kristen Ghodsee.


Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca hanno per esempio conosciuto un crollo della loro forza economica fino al 30 per cento sull’arco di 10 anni. Una situazione simile a quella vissuta con la grossa crisi economica mondiale a partire dal 1929. E i paesi più colpiti (Kosovo, Serbia, Ucraina e Georgia) sono arrivati a perdere addirittura il 60%. A tre decenni dalla caduta del muro di Berlino, non hanno ancora riconquistato il loro status precedente. Circa il 50 per cento delle persone era toccato a volte dalla povertà. Poi, c’è stata una diminuzione delle nascite, lo sviluppo fisico dei giovani ha subito contraccolpi e anche l’aspettativa di vita è calata. Milioni di persone hanno dovuto emigrare in Occidente: in Bulgaria sono stati 3 milioni su una popolazione di 9. L’aspettativa di vita è diminuita e ora è di 10 anni più bassa che in Svizzera. Della ripresa economica d’inizio anni Duemila ha potuto beneficiare solo una parte degli abitanti delle grandi città. Quelli “lasciati indietro” vivono tuttora nella precarietà.


All’inizio, la maggioranza delle persone non era riluttante nei confronti delle forze politiche di sinistra. Ma queste si sono rivelate ardenti sostenitrici della cura radicale del mercato. Per ottenere il sostegno delle socialdemocrazie occidentali dovevano perseguire politiche neoliberali “alla Schröder” e “alla Blair”. Così oggi la sinistra – e, alla sua ombra, i sindacati – viene spesso identificata con le torture anti-sociali degli ultimi decenni. I populisti di destra, invece, combinano abilmente il liberalismo economico con delle misure sociali. In Polonia, per esempio, hanno abbassato l’età pensionabile e aumentato massicciamente gli assegni familiari. Questo è uno dei motivi per cui molti danno loro fiducia.

Pubblicato il

07.10.2021 09:32
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