Il governo ammette: al G8 di Genova ci fu tortura

C’è una macchia indelebile nella storia della Repubblica italiana, una delle tante, forse la peggiore. Si chiama Genova 2001, quando “in difesa” degli 8 grandi del mondo venne sospesa la Costituzione, militarizzata la città, il cielo sopra essa e il mare di fronte, malmenati e gasati centinaia di migliaia di manifestanti, fatti arresti, assalite scuole, torturati ragazzi e ragazzi “no global”, ucciso Carlo Giuliani da un colpo di pistola alla testa sparato dal carabiniere Placanica. Per due volte il defender dell’Arma passò sopra il corpo del ragazzo morente, un fotografo che riprendeva la scena fu picchiato, un parroco arrivato per l’estrema unzione scacciato in malo modo. L’indomani della morte di Carlo, avvenuta il venerdì 20 luglio, ci fu l’assalto militare contro i pacifisti, intere famiglie, suore e preti bastonati, in tanti fermati e trasferiti nella caserma di Bolzaneto trasformata in carcere. E la sera, la mattanza cilena alla scuola Diaz dove erano ospitati ragazzi e ragazze reduci dalle manifestazioni e dalle botte. Furono fatti a pezzi, il sangue aveva imbrattato tutti i muri, su 95 presenti 63 furono ricoverati in ospedale. E a Bolzaneto le guardie di sorveglianza iniziarono, insieme a militari di altre armi mai identificati per l’omertà dei superiori, a menare, insultare, ordinare alle ragazze di spogliarsi, minacciare (“prima di sera vi scoperemo tutte”) e costringere maschi e femmine a gridare “viva il duce” dopo ore faccia al muro a braccia alzate. I “prigionieri – per quel mattatoio passarono 250 giovani – furono schiaffeggiati e presi a pugni… Ancora oggi scriverne rinnova dolore e rabbia. Un’intera generazione è stata rigettata in casa.


Il governo ha raggiunto una “risoluzione amichevole” alla Corte europea per i diritti umani (Cedu): è vero, a Bolzaneto ci fu tortura. In 6 su 65 ricorrenti hanno accettato un risarcimento di 45 mila euro per le torture subite, gli altri 59 vogliono che si vada avanti fino alla condanna definitiva dell’Italia.
A guidare la strategia criminale del G8 fu la politica, rappresentata a Genova dal vicepremier fascista Gianfranco Fini. Come premio è diventato presidente della Camera. Claudio Scajola era il ministro degli interni che ordinò di sparare in difesa della zona rossa, non ha pagato. Il capo della polizia Gianni De Gennaro, amato dai governi di centrosinistra e da Berlusconi, è oggi presidente della maggiore azienda pubblica, Finmeccanica. E tutti i dirigenti delle forze in campo a Genova, Ps, Cc, prefetti, questori, medici e infermieri complici hanno fatto carriera. Nessuno ha pagato, salvo centinaia di migliaia di giovani che lottavano per un altro mondo possibile. E la cosa più grave è che in Italia, 16 anni dopo, non c’è ancora una legge sul reato di tortura né la targhetta identificativa per le forze dell’ordine.


Domanda: l’ammissione del governo italiano al Cedu merita un brindisi, o non è invece arrivato il tempo di tornare a riempire piazze e strade di democrazia?

Pubblicato il

12.04.2017 20:31
Loris Campetti