Il giornale del lavoro

Work, il giornale quindicinale in lingua tedesca edito dal sindacato Unia e "cugino" di area, compie 5 anni. Auguri! Nato nel 2001 facendo tesoro anche dell'esperienza del nostro settimanale, di tre anni più vecchio, il "giornale del sindacato" (così recita la testata) ha una tiratura di quasi 100 mila copie ed è riuscito a diventare il punto di riferimento per il sindacalismo e il mondo del lavoro in lingua tedesca. Lo dimostrano alcuni dei temi che work ha saputo portare all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale, dall'amianto agli stipendi del discounter Aldi, fino alle norme di comportamento igienico imposte al personale delle pulizie di palazzo federale. Alla redazione di work lavorano 7 persone che si dividono 6,2 posti di lavoro. Stampato a colori, con grandi fotografie e titoli gridati, ma realizzato con grande cura giornalistica, work è diretto da Marie-Josée Kuhn, giunta al timone del giornale sindacale pochi mesi dopo il suo lancio. Work festeggia il suo quinto compleanno con un numero speciale che esce proprio oggi. A Kuhn abbiamo chiesto di raccontarci i primi cinque anni di una bella avventura editoriale.

Marie-Josée Kuhn, che cosa la rende più fiera ripensando ai cinque anni di work?
Del fatto che work ci sia. Nella sinistra e in parti del movimento sindacale si è discusso per decenni di creare un giornale come questo, realizzato secondo criteri professionali e giornalistici. L'averlo realizzato è notevole. Ora siamo bene accettati.Lo dimostra l'aumento delle lettere che riceviamo: i nostri lettori considerano ormai work come il loro giornale.
Work era nato con l'obiettivo di raccogliere 25 mila abbonati paganti. Oggi sono circa 2 mila. Come mai?
L'obiettivo iniziale, fissato prima che arrivassi a work, era chiaramente irrealistico. È vero che gli abbonati potrebbero essere di più, ma negli ultimi anni non abbiamo fatto delle grandi campagne d'abbonamento. Di solito i risultati sono molto positivi se cerchiamo abbonati in aree che ci sono vicine, come i militanti socialisti, gli iscritti ad altri sindacati o i lettori della Wochenzeitung (Woz).
La disturba se dico che il giornalismo di work è boulevard di sinistra?
No, perché è così. Però nel giornalismo da boulevard ci sono anche sex&crime, e noi abbiamo poco crimine (se non la criminalità economica) e ancor meno sesso… Ma è vero che lavoriamo con gli strumenti del giornalismo popolare. La scelta dei temi però è diversa. Come dice il nome work: a noi interessa tutto quel che ha a che fare con il lavoro.
Ma work è pensato per lettori che sono abituati al Blick.
Non facciamo un giornale per intellettuali. I nostri lettori sono molto diversificati, e il nostro obiettivo è che più gente possibile capisca davvero quel che scriviamo. Ecco perché usiamo grosse foto a colori e una grafica che cattura l'attenzione.
Quali rapporti avete con la Woz?
Cinque persone su sette che lavorano nella redazione di work hanno un passato alla Woz. Alla Woz abbiamo imparato molto: come si costruisce un giornale, come si fa del giornalismo, ma anche come si sviluppa e si impone un progetto. I primi tempi a work sono stati un lavoro di pioniere, cosa che abbiamo imparato a fare alla Woz.
C'è la possibilità che altri sindacati oltre ad Unia si uniscano al progetto? Il Sev ad esempio partecipa con Unia alla pubblicazione dell'Evénément syndical.
Lo spero. Mi piacerebbe molto che altri sindacati, per esempio il Sev, si unissero a noi. I temi dei trasporti e del servizio pubblico sono molto interessanti, già oggi ne parliamo. Certo in primo luogo parliamo dei rami professionali che interessano a Unia. Ma il giornale che vogliamo fare non dev'essere esclusivamente di politica sindacale, dev'essere un giornale attento alla politica nel suo insieme. Penso infatti che lo sciopero degli edili per il prepensionamento o lo sciopero dei piloti di Swiss abbiano molte cose in comune. In entrambi i casi la questione centrale era il diritto di sciopero.
La redazione di work si trova nella centrale di Unia. La vostra indipendenza redazionale viene sempre rispettata?
Abbiamo una Carta redazionale che ci garantisce un'ampia indipendenza redazionale. E qui devo fare un grande complimento a Unia: perché è un fatto unico nella storia svizzera che un'organizzazione si permetta un giornale di qualità realizzato secondo criteri professionali e con una così ampia indipendenza redazionale. Non conosco esempi di altri sindacati, partiti, ditte o associazioni. La Carta redazionale contiene anche un elenco degli oneri, che sono chiaramente definiti: in particolare dobbiamo sostenere in maniera critica e solidale le campagne del sindacato Unia. Questo significa ad esempio che se Unia lotta per un'età di pensionamento flessibile, work non sosterrà un'opinione contraria. Ma questo non è in realtà un problema: perché corrisponde alla nostra opinione politica. Certo l'organizzazione ha una sua logica, il movimento ha una sua logica e il giornalismo ha una sua logica. Farle coesistere non è sempre facile. Le discussioni ci sono. Ma credo che ci fanno progredire. In particolare credo che per Unia sia molto arricchente avere uno sguardo esterno così attento al mondo del lavoro.
Sentite molto le misure di risparmio adottate da Unia?
Certo. Ma mi rassicura quanto detto da André Daguet, responsabile del settore comunicazione e campagne di Unia, ad una recente assemblea dei delegati: che la qualità dei giornali sarà comunque mantenuta, che non si vuole portare i risparmi ad un punto tale che la qualità giornalistica dei prodotti non sia più garantita. Tutto quel che verrà in futuro lo valuterò dunque sulla base di questa promessa.
Qual è il prossimo obiettivo di work?
Almeno altri cinque anni di giornalismo ben fatto e interessante come quelli che ci siamo lasciati alle spalle. E mi piacerebbe che contribuissimo in maniera importante ad alcune discussioni di fondo: penso al rapporto fra industria e finanza o al tema delle casse pensioni. Credo ci siano alcuni grossi temi nei quali a sinistra è necessario un contributo di riflessione, un contributo che difficilmente verrà dal Partito socialista e che mi piacerebbe poter portare con work.

Pubblicato il

20.10.2006 01:30
Gianfranco Helbling
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