Il flagello della spagnola

Senza dubbio nella memoria collettiva il primo conflitto mondiale ha lasciato tracce indelebili per la crudeltà dei combattimenti e l’assurdità di una guerra di trincea in cui i soldati venivano inutilmente falcidiati dalle mitragliatrici nemiche. Ma un’altra tragedia planetaria, più subdola e più strisciante, si è innestata sulla prima e ha provocato una carneficina ancora più estesa e non si è limitata a colpire uomini armati, come i soldati nelle trincee, non ha fatto distinzioni d’età, di sesso o di appartenenza nazionale. Sto parlando dell’influenza spagnola. Se la guerra ha provocato da 10 a 13 milioni di vittime, la spagnola ha ucciso tra i 20 e i 40 milioni di persone in tutto il mondo (si tratta, per forza di cose, di stime approssimative). Non è sorprendente che la minaccia di una nuova pandemia (cioè di un’epidemia su scala mondiale) come quella che forse potrebbe svilupparsi a partire dall’influenza aviaria di cui tanto si parla sui giornali, alla radio e alla televisione, sollevi scenari terrificanti. Il precedente della spagnola non è certo rassicurante. Il virus dell’influenza spagnola è comparso in Cina, nella regione di Canton, nel mese di febbraio del 1918. È probabile che in una seconda fase il virus si sia diffuso negli allevamenti suini del nordovest degli Stati Uniti, dove avrebbe subito una mutazione che lo rendeva trasmissibile agli esseri umani. Nello spazio di poche settimane tutta l’America del nord è colpita dal virus. A questo punto entra in gioco l’esercito statunitense. I soldati dello Zio Sam sono ancora impiegati massicciamente sul fronte europeo e, assieme ai carri armati e alle mitragliatrici, portano anche il virus. Una prima ondata dell’epidemia, nell’estate del 1918 non sembra essere particolarmente pericolosa, la maggior parte dei malati guarisce in tre giorni. Ma poi il contagio si diffonde, prima in Francia e poi in Italia. Una svolta si ha con l’arrivo del morbo in Spagna, da qui il nome dell’influenza. Come sempre si scatena la caccia all’untore: si diffonde la voce, naturalmente falsa, che siano delle scatole di carne provenienti dalla Spagna a propagare il virus. Tra l’autunno del 1918 e l’inizio del 1919 si produce una seconda ondata e poi una terza. Questa volta il virus non perdona e risulta letale per due ammalati su cento. Tutta l’Europa è sotto assedio e il virus si diffonde rapidamente anche nelle vastissime colonie europee in Africa. Gli ospedali sono debordati. In alcuni, per esempio a Lione, si procede alle inumazioni di giorno e di notte e non si riesce a seguire il ritmo dei decessi. A Londra si decide di disinfettare sistematicamente tutti i luoghi pubblici, ma la misura non sembra aver successo. C’è proprio da augurarsi che un tale flagello non si ripeta.

Pubblicato il

24.03.2006 12:30
Roberto Rüegger
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023