Il fascino del male

Alla Malpensa, in attesa dell'imbarco per Mosca dove sono stato invitato per la Settimana della lingua italiana nel mondo, leggo il giornale. E  resto allibito, questa volta per la cronaca di un inviato speciale ad Avetrana, dov'è stato commesso l'orrendo crimine di cui tanto si è parlato: la ragazza uccisa dallo zio. Ciò che lascia di stucco, oltre al fattaccio, è la reazione degli abitanti della cittadina pugliese. Domenica, dopo la partita - la sacra partita - un flusso di macchine si riversa sul luogo del delitto. Famiglie intere, con i figlioletti che fanno ciao alle telecamere, vanno ad accarezzare la serranda del garage dove Sarah è stata uccisa, oppure si spingono in gita fino al pozzo nel quale è stato buttato il cadavere: un bambino, spinto dalla curiosità morbosa, quasi ci cade dentro. Millequattrocento macchine, ingorghi, tamponamenti, autisti che abbassano il finestrino per chiedere: - Scusi, dov'è la casa di Sarah? Interventi della Protezione civile. Come spiegare quest'aberrazione, se non con il vuoto di una società affascinata dal male?
   Poi, per ingannare il tempo, passo allo sport, al quale oggi sono allergico (e pensare che a diciott'anni ero mediano nella famosa Dynamo di Vacallo …). E qui leggo la notizia: dopo tre minuti della partita Cagliari-Inter, un arbitro ha deciso di applicare il regolamento e ha sospeso per tre minuti l'incontro, a causa dei cori razzisti intonati dagli spettatori contro un giocatore di colore. Una rivoluzione: non era mai successo, prima, in Italia. Pausa, con minaccia di sospensione della partita. Allora il gregge si è calmato: temendo il peggio, ha smesso di ululare. Come spiegare?
   Ripiego il giornale e m'imbarco per la mia lettura moscovita. Intanto faccio pensate ingenue: potranno la letteratura, la bellezza, l'arte salvare il mondo? Penso alle opere  dei grandi scrittori russi che mi hanno formato: La morte di Ivan Ilic, di Tolstoi, quando il protagonista, prima adulato e poi abbandonato da tutti alla sua sofferenza, vede una luce prima di morire; oppure l'amore impossibile della signora con il cagnolino di un racconto di Cechov; o certe pagine dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij: «Sappiate dunque che non c'è nulla di più alto, e forte, e sano, e utile per la vostra vita avvenire, di qualche buon ricordo, specialmente se recato con voi fin dai primi anni, dalla casa dei genitori».
  Forse i perduti di Avetrana che vanno a vedere dal vivo i segni dell'assassinio visti in tivù, o i tifosi che gridano insulti, sono soltanto poveri uomini che non conservano neanche un solo buon ricordo, nel cuore, che possa servire un giorno alla loro salvezza.  E non lasceranno buoni ricordi ai loro figli.

Pubblicato il

05.11.2010 14:30
Alberto Nessi