“Essere seduta qui, in questa magnifica sala, ad ascoltare i delegati di 32 paesi spiegare – uno dopo l’altro – quanto avrebbero voluto accogliere un numero importante di rifugiati, ma come questo purtroppo non sia possibile è stata un’esperienza terribile”. Parole attualissime, pronunciate da Golda Meir, che fu ministro degli Affari esteri e Primo ministro dello Stato di Israele. Parlava della Conferenza di Evian del 1938 e si riferiva alle migliaia di rifugiati ebrei che furono poi abbandonati tra le grinfie dei nazisti. Dopo la Shoah, la Convenzione adottata a Ginevra nel 1951 stabilì le regole in materia di asilo. Il testo prevedeva che “di fronte alla persecuzione ogni persona ha diritto di cercare asilo e di beneficiare dell'asilo in altri paesi”. Coloro che ne beneficiarono più facilmente furono i rifugiati del blocco dell’Est. Arrivavano con il contagocce e servivano l’anticomunismo durante la Guerra Fredda. Poi qualche contingente: i boat people vietnamiti, i rifugiati in fuga dalle dittature latinoamericane. Non senza difficoltà: è stato infatti necessario battersi per accogliere i perseguitati dal sanguinario Pinochet, giudicati troppo di sinistra. Poi gli Stati europei incominciarono a limitare sempre di più il diritto all’asilo: introduzione dei visti, liste dei paesi sicuri. Già chi fuggiva dalla guerra in Bosnia-Erzegovina o in Kosovo non era rifugiato, ma ammesso provvisoriamente. Le persone in fuga dalle persecuzioni in Africa nera erano sospettate di essere rifugiati economici. Presto chi era transitato da un paese europeo veniva rinviato nel primo paese europeo raggiunto, responsabile di trattare la domanda di asilo. A scapito dei legami di parentela nel paese in cui volevano depositare la propria domanda. A scapito dei paesi alle porte dell’Europa e di una vera solidarietà europea. Poi ci sono stati i morti nel Mediterraneo. L’Italia ha soppresso l’operazione “Mare Nostrum”, l’unica missione di soccorso in Mediterraneo, a causa dei costi. L’Europa non l’avrebbe sostituita. Era necessario ridurre l’effetto di incoraggiamento. Ripiegando sull’unico percorso migratorio ancora accessibile, i rifugiati afghani, iracheni e siriani hanno raggiunto la Grecia attraverso i Balcani. La Germania ha fatto un gesto, la Svezia anche. Per poi richiudere le proprie porte. Invocando la crisi economica, piegandosi a una cinica demagogia elettorale e al termine di una vergognosa trattativa con la Turchia, i dirigenti europei hanno bloccato ai siriani l’accesso all’Europa attraverso la Grecia. La convenzione dei rifugiati è ridotta in brandelli. L’incapacità dell’Europa nel trovare un accordo sull’accoglienza di alcune centinaia di migliaia di rifugiati ne mette in luce la fragilità. Fragilità che, seppur meno sistematicamente rispetto a quanto avvenuto con lo sterminio degli ebrei d’Europa, rivela il fallimento morale del Vecchio Continente. Contro ogni aspettativa, la Chiesa – che per lungo tempo ha incarnato una reazione contraria all’umanesimo dei suoi testi fondanti – mostra la via da seguire. Papa Francesco è rientrato da Lesbos con dodici rifugiati musulmani. La via da seguire per i dirigenti europei, anche se è tutta in salita in un’Europa confrontata con l’aumento del populismo. Traduzione: Sarah Rusconi |