“Uccidiamo le persone che cercano di uccidere noi”, ha dichiarato più volte il premier statunitense Barack Obama per giustificare la “guerra dei droni”, i bombardieri teleguidati. Affascinato dalla possibilità di colpire il nemico senza rischiare la vita dei soldati, sin dall’inizio del suo mandato nel gennaio 2009, Obama ha puntato sui droni per colpire i nemici presenti in Pakistan, al confine con l’Afghanistan. Linea estesa poi in Yemen e Somalia, altre roccheforti di Al Qaeda. Una tecnologia costosa quella dei droni, ma ritenuta infallibile dall’auctoritas militare americana e per questo impiegata nonostante le proteste del governo pachistano, costretto ad accettare le ripetute violazioni della sovranità territoriale, e a gestire gli effetti collaterali dei bombardamenti, costati molte vite innocenti. A differenza di quanto asserito dai sostenitori della “guerra di Obama”, i piloti virtuali che operano da una base segreta in Nevada, armati di joystick e schermo ad alta definizione, hanno più volte fatto cilecca freddando assieme ai nemici anche molti cittadini pachistani estranei ad Al Qaeda e ai Talebani. Tuttavia, se la morte accidentale di qualche musulmano in capo al mondo non sconvolge l’opinione pubblica, le cose cambiano quando tra i caduti figurano degli occidentali. L’ultimo episodio risale al 15 gennaio, quando una bomba intelligente ha ucciso l’operatore umanitario americano Warren Weinstein, rapito da Al Qaeda nel 2011, e il cooperante italiano Giovanni Lo Porto, sequestrato nel gennaio 2012. “Mi assumo tutta la responsabilità”, ha dichiarato Obama ad aprile, all’indomani della visita di Matteo Renzi a Washington, quando ha reso nota la notizia dell’errore commesso durante la missione. Con Weinstein e Lo Porto, sono 38 gli occidentali uccisi dai droni USA in Pakistan, Somalia e Yemen dal 2004, circa la metà cittadini europei. Tanto è bastato a riaprire il dibattito sull’infallibilità della guerra tecnologica, e sulla presunta autorizzazione all’attacco solo se esiste la “quasi certezza” di evitare vittime civili. Secondo il rapporto del Bureau of Investigative Journalism, gli attacchi autorizzati in Pakistan dal 2004 sono stati 415, dei quali 364 durante l’era Obama. Il numero delle vittime è stimato tra le 2400 e le 3900, mentre quello dei civili uccisi oscilla tra i 423 e i 962, inclusi almeno 172 bambini e più di 1140 feriti. A quanto pare però, i numeri restano semplici numeri, e le vittime civili un incidente di percorso trascurabile nel quadro generale della guerra al terrorismo. Del resto, come recita la parte finale del messaggio di scuse di Obama, la responsabilità per le morti provocate dai droni “ricade interamente sui terroristi”.
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