Non ci sono più scuse che tengono, nemmeno statistiche. Dalla radiografia del dumping in Ticino contenuta nel documento consegnato oggi dalla sezione ticinese dell’Unione sindacale svizzera alla Segreteria di Stato dell’economia (Seco), emerge un quadro impietoso. A lungo negata dalla statistica dei grandi numeri, i dati dimostrano l’esistenza della spirale al ribasso delle condizioni di lavoro in Ticino. A pagare il prezzo maggiore del “libero mercato” della merce salario sono le persone con le retribuzioni medio-basse. Una guerra fra poveri che miete vittime soprattutto fra le donne, il cui stipendio mediano nelle categorie medio basse subisce la riduzione più sostanziale. Ma la piaga colpisce globalmente. Il divario salariale tra Ticino e resto del paese si sta allargando. E nei settori protetti da ccl obbligatori, il dumping si materializza nel dequalificare il personale col fine di retribuirlo meno. Un successivo capitolo risponde alla domanda: le misure di accompagnamento sono efficaci? Dalla storia dei 14 contratti normali ticinesi decretati nell’ambito delle misure di accompagnamento e il loro impatto sul mercato del lavoro cantonale, l’efficacia delle attuali misure di accompagnamento ne esce fortemente ridimensionata. Gli alibi statistici non reggono più. A lungo percepito nell'immaginario popolare cantonale, il dumping salariale si manifesta ora per la prima volta nella cruda realtà dei numeri statistici. Lo documenta snoccialando dati il testo consegnato alla Segreteria di stato dell’economia (Seco) dall’Unione sindacale ticinese. «La riduzione dei salari in Ticino esiste. Il legame con la libera circolazione appare evidente» si legge nelle conclusioni del capitolo relativo all’evoluzione dei salari. «L’arretramento dei salari nelle categorie medio-basse è statisticamente rilevante da quando è in vigore la possibilità per il padronato di assumere a salari inferiori del personale attraverso lo strumento della libera circolazione delle persone. La mercificazione delle persone, con la libera circolazione della merce salario - forza lavoro, sta generando una spinta al ribasso dei salari mediani (quindi generali) nelle posizioni gerarchiche medio basse del cantone». Un primo dato statistico certifica l’esistenza della problematica. Dalla rilevazione dei salari svizzeri del 2012 di recente pubblicazione, si scopre che le paghe mediane del 10 per cento peggio retribuito in Ticino, sono scese rispetto al 2010. È una prima storica. Dal dopoguera a oggi non era mai successo. Lo studio Uss focalizza in seguito l’analisi fino a individuare una categoria precisa che sta subendo il dumping salariale negli ultimi anni. Sono le donne che occupano posizioni gerarchiche medio basse nelle aziende (con responsabilità di esecuzione dei lavori) a pagarne lo scotto maggiore. Il dato, visto ancor da più vicino, lascia intravvedere una dato a prima vista sorprendente . Sono le donne frontaliere che occupano quella scala gerarchica ad aver subito maggiormente gli effetti della libera concorrenza della merce salario sul mercato ticinese. La mediana dei loro salari è calata vistosamente in questi ultimi 4 anni, sfiorando i 700 franchi mensili in meno. Si può dire dunque affermare che sono i frontalieri le prime vittime dell’offerta illimitata di forza lavoro di cui le aziende ticinesi dispongono. È la logica applicazione della legge dell’offerta e della domanda. Nello specifico, l’ampia offerta di forza lavoro confrontata alla ristretta domanda di assunzioni del mercato locale spinge al ribasso il prezzo della forza lavoro. Ma se sono soprattutto i frontalieri a farne le spese, i salariati ticinesi nella globalità non sono immuni. Lo evidenzia bene il confronto intercantonale. Negli anni della libera circolazione, nel resto del paese i salari mediani di chi occupa posizioni gerarchiche medio basse hanno continuato a crescere. In Ticino invece no. «Non vi è dubbio che il divario delle retribuzioni nelle categorie medio-basse tra Ticino e resto della Svizzera stia ulteriormente crescendo. Non a caso in Ticino vi è chi parla di “lombardizzazione” del livello retributivo cantonale più di un alineamento ai salari svizzeri.» si legge nel testo. La crescita del differenza tra le paghe ticinesi e il resto del paese è una doppia beffa per le donne. Il divario tra le retribuzioni femminili in Ticino e quelle dei maschi nel resto del paese ha raggiunto dimensioni indecenti. Sarebbe il caso di suonare l’allarme. Ma non è l’unico dato allarmante contenuto nel documento firmato Uss Ticino. Il salario mediano in Ticino di chi ha una formazione superiore (universitaria o politecnico) nel 2012 è addirittura inferiore allo stipendio del 2000. A farne le spese sono ancora le donne, ma la piaga tocca anche i salari dei maschi ticinesi laureati sebbene il calo sia più leggero. Medesima sorte è toccata a chi ha conseguito la maturità o un brevetto d'insegnamento, il cui salario mediano è diminuito nel corso degli ultimi anni. Un dato che non trova paragoni nel resto del paese, dove i salari crescono. L’ennesimo colpo alla già debole attrattività dei posti di lavoro nel cantone. Un Ticino che paga le specificità della sua economia strutturata in gran parte sui bassi salari e la produzione a scarso valore aggiunto. Al problema strutturale si è aggiunta negli ultimi anni la difficoltà congiunturale. Incuneato geograficamente nella grave crisi economica che attanaglia l’Italia, il mercato della forza lavoro liberalizzato in Ticino non poteva non subirne le conseguenze. Una situazione che non ha paragoni con le altre regioni confinanti, poiché la crisi italiana non ha la stessa intensità di Francia o Germania. Il dumping nei rami tutelati Al pari di un’escrescenza tumorale, il dumping salariale si sviluppa in forme diverse a dipendenza del contesto in cui vive. Lo studio ne descrive il fenmeno partendo dall’analisi dei rami professionali tutelati da contratti obbligatori dove esistono dei minimi salariali dignitosi. È il caso dell'edilizia e rami affini. In questi settori si osserva una crescita smisurata di manovali e senza qualifica di mestiere. Una crescita a cui segue un’altrettanto impressionante diminuzione di professionisti qualificati. Nella realtà è molto probabile il mancato riconoscimento padronale delle qualifiche al dipendente. Il gioco è semplice, meno ti qualifico, meno ti pago e più risparmio. Se non ti sta bene, la grave crisi nell’edilizia italiana produce in gran numero esperti professionisti disposti a rinunciare alle qualifiche in cambio di un lavoro. I numeri che attestano questa forma di dumping sono eloquenti. Nel 2005 i falegnami con diploma federale erano più della metà dei dipendenti (56%). Nel 2013 erano quasi il 20% in meno. Nello stesso periodo, i manovali falegnami sono cresciuti di quasi il 13%, passando dal 4 al 17%. La differenza di stipendio tra un qualificato e un manovale nel 2013 ammontava a 1’300 franchi mensili. Questa dinamica si riscontra in tutte le categorie dell’edilizia e artigianato affine. Misure efficaci? Un altro capitolo dello studio prodotto dai sindacati si sofferma sulla seguente domanda: le misure di accompagnamento ai bilaterali sono efficaci? Il Ticino è campione nazionale indiscusso nella loro applicazione. Nessun altro cantone ha emanato un numero così elevato di contratti normali di lavoro per arginare il dumping. Dei 20 contratti normali decretati nel paese, 14 arrivano dal Ticino. Pur riconoscendo l’impegno della Tripartita, nello studio Uss vi sono pochi dubbi sulla debolezza delle attuali misure di accompagnamento. Innanzitutto per i lunghi tempi e i numeri delle misure adottate. «Nel 2014, in Ticino gli occupati erano 229.285. In 9 anni, la Commissione Tripartita ha controllato 21 rami professionali che impiegano complessivamente 24.839 salariati. Dunque, il 10% del totale degli impiegati. Nel 6.6% del totale è stato verificato il dumping salariale e sono stati emanati 14 Cnl, mentre nel rimanente 3,4% non è stato riscontrato il dumping». Un secondo punto critico dei Cnl riguarda gli alti tassi di «abusi salariali gravi» che si riscontrano ripetutamente nei rami coperti dai Cnl. Se ne conclude che le sanzioni sono lontane dall’essere dissuasive. Infine, ripercorrendo la storia dei Cnl ticinesi emerge con chiarezza la rapidità dei mutamenti nel mercato del lavoro cantonale. L'esempio viene dal Cnl degli impiegati di commercio dei fiduciari. Nel 2007 la Tripartita fiuta che in quel settore possa esserci del dumping salariale. Avvia i controlli e dopo due anni arriva alla conclusione che si erano sbagliati, il dumping nel ramo non sussisteva. Passano alcuni anni in cui la Tripartita affina la tecnica. Si decide di concentrarsi sulle assunzioni degli ultimi due anni. Allora si scopre che sì, il dumping salariale tra gli impiegati delle fiduciarie esiste. «La rapidità dei cambiamenti nel mercato del lavoro richiede risposte altrettanto rapide» osserva lo studio. Altro punto critico sono i salari minimi dei 14 Cnl ticinesi si aggirano sui 3.000- 3.200 franchi lordi mensili. «Una retribuzione insufficiente per sopravvivere in Ticino e, vista anche la sostanziale differenza coi salari mediani di quei rami, essi spingono verso il basso l’intera categoria» si legge nelle conclusioni. Le misure indispensabili Nel capitolo successivo alla descrizione dei casi di degrado riportati dai media o denunciati nella black list di Unia, l’Unione sindacale ticinese elenca 14 misure federali «indispensabili» per la difesa del mercato del lavoro cantonale. Esse vanno dalla «facilitazione del conferimento dell’obbligatorietà generale ai contratti collettivi di lavoro», all’importo di 4.000 franchi per i salari minimi dei contratti normali, a una percentuale massima d’impiego d’interinali nelle singole aziende, a una migliore protezione dei delegati sindacali, e una serie di miglioramenti concreti ai diritti dei dipendenti sui posti di lavoro. Infine, non mancano le proposte di misure cantonali e comunali. Se si vuole fermare il degrado in Ticino, il lavoro non manca. |