«Voglio dare un volto al mesotelioma. Ne va della mia dignità, della mia famiglia e delle future vittime dell’amianto. Deve essere chiarito chi sono i responsabili». Sono le parole pronunciate nel 2006, ormai alla vigilia della morte, da Marcel Jann, maestro di scuola elementare ucciso a 53 anni dalle polveri di amianto che aveva respirato da bambino vivendo a pochi passi dalla tristemente nota Eternit di Niederurnen. Parole pronunciate a stento, col poco fiato che gli rimaneva. Ma ci teneva a farlo, sapendo che non avrebbe mai visto l’esito delle cause giudiziarie. Era molto arrabbiato e ferito: pretendeva le scuse degli Schmidheiny, che non sono però mai arrivate (Stephan fece sapere tramite avvocati di non avere nulla da rimproverarsi); «per decenni con l’amianto si sono fatti tanti soldi. Ma oggi per le tante sofferenze nessuno è responsabile», commentava con amarezza. Parole profetiche se pensiamo alla scandalosa sentenza pronunciata qualche settimana fa dal Tribunale federale (articolo allegato) proprio sul suo caso: prescritto! L’azione legale contro la società è giunta tardivamente. Confermando un’interpretazione restrittiva dell’istituto della prescrizione, i giudici hanno ancora una volta affermato che in Svizzera non c’è giustizia per le vittime dell’amianto: si ammalano anche 30 o 40 anni dopo l’esposizione ma per fare valere delle pretese di risarcimento hanno tempo solo 10 anni, che decorrono a partire dal momento dell’esposizione e non come logica vorrebbe da quando scoprono la malattia. Dal 1° gennaio questo termine sarà portato a 20 anni, ma è una soluzione priva di ogni reale consistenza, una finzione decisa dal Parlamento federale che non cambia il sistema della prescrizione condannato nel 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Basta fare due conti per capire quanto inutile sia questa norma per chi si ammalerà d’amianto (bandito in Svizzera dal 1990) nei prossimi anni. Si dice che gli “esclusi” dalla giustizia possono sempre far ricorso al Fondo di risarcimento. Ma è una sciocchezza. Oltre al fatto che esso è destinato ai soli casi di mesotelioma diagnosticati dopo il 2006, la concessione di una prestazione è subordinata alla rinuncia a qualsiasi azione giudiziaria. Ma ciascuno deve poter avere la libertà di decidere se accettarla o e se farsi valere in un tribunale. Magari nella speranza che un giorno anche in Svizzera un giudice dica che “così non si doveva fare” e chiarire «chi sono i responsabili», come chiedeva Marcel Jann.
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