Il diritto di avere una serva

Giorno della memoria il 27 gennaio, per non dimenticare le stragi di ebrei, zingari, omosessuali e comunisti compiute dai nazisti e dai fascisti settant’anni or sono. Diario di Anna Frank, Schindler’s List, Giardino dei giusti a Gerusalemme, pietre d’inciampo a Roma, Bartali che nascondeva nella canna della bicicletta le carte d’identità false per salvare ebrei in fuga. Istituito dall’Onu a livello internazionale nel 2004. In Italia un po’ prima, nel 2000.
Giorno del ricordo il 10 febbraio, per ricordare le persecuzioni subite dagli italiani in Istria e nel Friuli orientale nell’immediato dopoguerra da parte dei comunisti iugoslavi. Introdotto in Italia nel 2004 dal secondo governo Berlusconi (quello che «Mussolini non ha mai ucciso nessuno, si limitava a mandare la gente a fare vacanza al confino»). Salvini, Tajani, Fratelli d’Italia, Casa Pound (quelli che tolgono di notte le pietre d’inciampo), Xa MAS e alpini alla foiba di Basovizza presso Trieste. I carnefici si percepiscono come vittime ma non ce la fanno a non tornare sul luogo del delitto. Sempre a Trieste infatti, in Piazza Unità d’Italia, il 18 settembre 1938 Mussolini annunciò l’emanazione delle leggi razziali antiebraiche.
Fra esse il regio decreto del 17 novembre 1938, “Provvedimenti per la difesa della razza italiana” che al capo II, articolo 12, disponeva: “Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana. I trasgressori sono puniti con l’ammenda da lire mille a lire cinquemila”.
Leggi ovviamente abrogate nel gennaio 1944. Dunque il politicamente corretto oggi suonerebbe “Tutti possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici...”. Sia i fascisti sia i democratici venuti dopo di loro non si sono mai sognati di mettere in discussione il diritto di una famiglia agiata ad avere una serva, una donna proveniente dal ceto inferiore, pagata una piccola frazione del proprio reddito e a cui si può dare del tu già dal primo giorno.


Fino agli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso ogni sera da Trieste partivano pullman vecchiotti carichi di donne col fazzoletto in testa, le domestiche slovene che finita la giornata tornavano al di là del confine. Dopo le slovene sono arrivate in Italia le ragazze filippine che alla domenica in libera uscita riempiono le strade di Roma. Poi le cameriere cinesi a Milano e infine le badanti dall’Ucraina e dalla Polonia, Natasha ha preso il bus.
Il nostro sindacato ha sostenuto le badanti dando loro una sede per riunirsi e conoscersi e la possibilità di ottenere un diploma, con un contratto di lavoro decente. Ma restano le domande di fondo: perché nei paesi di provenienza delle badanti i salari sono così bassi da non permettere a una famiglia di assumere una domestica? Perché i loro anziani non meritano di essere assistiti come i nostri? Perché due terzi dell’umanità sono stati messi al servizio del terzo dell’umanità più ricco.

Pubblicato il

14.02.2019 09:59
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