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Lavoro

Il costo umano del cosiddetto progresso

Altri cinque morti nell’ennesima strage sul lavoro in Italia: questa volta in un gigantesco deposito dell’ENI. Sono già 1400 le vittime da inizio anno

À la guerre comme à la guerre è un’espressione che si usa per dire che ogni situazione va accettata per ciò che essa è e bisogna accontentarsi delle risorse che le circostanze offrono. La guerra di cui parliamo non è a Damasco o a Gaza o a Beirut e nemmeno a Kiev o in Donbass. È a Calenzano, alle porte di Firenze e a un tiro di schioppo da Prato che si è combattuto, in 5 sono rimasti sul campo, alcune decine trasportati negli ospedali. Una scintilla durante il rifornimento di benzina ed è saltato tutto, la pensilina per il carico, le autocisterne, i camionisti. Fiamme alte fino al cielo, una nube tossica minacciosa, palazzine distrutte o lesionate, vetri infranti per chilometri e chilometri. E prima di Calenzano si è combattuto e si è persa la vita in 5 a Brandizzo, ancora a Firenze con 5 morti, a Suviana nel Bolognese sono morti in 7 e altri 5 sono stati uccisi a Casteldaccia in Sicilia, altri due a Bologna. È la guerra del lavoro, di chi butta il sangue per dar da vivere alla famiglia, esce di casa al mattino ma la sera non torna a casa, non ci tornerà mai più. Dal 1° gennaio alla strage nell’impianto ENI a Calenzano sono stati uccisi sul lavoro (o in itinere) 1.400 lavoratori secondo i calcoli dell’Osservatorio di Bologna, secondo l’INAIL, che calcola solo quel che avviene nelle aziende che all’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro sono associate, i morti sarebbero “solo” 890, in ogni caso, anche secondo questo calcolo parziale, più dello scorso anno. E di quello precedente. Questo dimostra che ha ragione la premier Giorgia Meloni a dire che con il suo governo i numeri dell’economia crescono: crescono i morti ammazzati, crescono i licenziamenti, esplode la cassa integrazione.

 

À la guerre comme à la guerre, il progresso val bene una strage e le risorse che restano sono i pompieri, straordinari lavoratori al servizio di altri lavoratori e di tutti i cittadini che sono riusciti a impedire che le fiamme raggiungessero i serbatoi di stoccaggio delle benzine. Ma tu, la vuoi la benzina per viaggiare, magari solo per andare al lavoro? Allora servono le raffinerie, servono i depositi di idrocarburi e carburanti. Servono i camionisti che li trasportano ai distributori. Poi si sa che qualche incidente può capitare mentre carichi la cisterna, basta una scintilla per far saltare tutto. Basta un errore umano. Già, l’errore umano. Ma un impianto con 24 giganteschi serbatoi di stoccaggio contenenti liquidi altamente infiammabili in un’area industriale grande 170mila metri quadrati, come 34 campi da calcio, può stare a pochi metri dalla ferrovia, a qualche centinaio di metri dall’autostrada, in una zona piena di capannoni industriali dove lavorano e transitano migliaia di esseri umani? Certo che sì, servono svincoli vicini e comodi per le autocisterne. E ha poco da protestare il sindaco che da tempo denuncia la pericolosità dell’impianto e ne chiede lo spostamento, hanno poco da protestare quelli di Medicina democratica. La benzina fa correre il progresso, basta con le lagne sulla sicurezza. E i controlli? Certo che sì, si fanno ma mica puoi controllare sempre tutto. Con quello che costa la sicurezza… L’errore umano è ineliminabile. Ineliminabile? Un secolo di lotte operaie ha dimostrato che l’errore umano va prevenuto e comunque se capita non deve avere conseguenze perché la tecnica e la cultura operaie sono a disposizione per disinnescare le conseguenze dell’errore umano, se la pressa per entrare in funzione si avvale di due pulsanti ecco che l’operaio non rischia di lasciarci sotto una mano. Solo per fare un esempio. E poi, quei 3 camionisti e quei due manutentori arsi vivi che caricavano la benzina, Gerardo, Franco, Vincenzo, Carmelo e Davide, non lo sapevano di rischiare la vita? Per fare la frittata bisognerà pure rompere le uova.

 

Poi piangono tutti, padroni e governo, e portano dei fiori. E si ricordano di aver letto Spoon River da piccoli. Poi ricominciano come prima con appalti e subappalti al risparmio di salari, non di vite umane, e le ispezioni e i controlli sono scarsi o, spesso, fasulli, preannunciati il giorno prima, fatti più ai bar e alle pizzerie che ai grandi impianti industriali. Negli ultimi 15 mesi ci sono state più stragi sul lavoro che negli ultimi 10 anni. E mica solo in piccole realtà industriali, nel sottoscala dove si costruiscono fuochi d’artificio per Capodanno o nel capannone tessile dove i cinesi lavorano come schiavi, irregolari, nascosti e dove anche mangiano e dormono. No, alla Esselunga di Firenze dove il crollo in un cantiere ha ucciso 5 operai, alla Toyota di Bologna dove un’esplosione ne ha ammazzati 2, o in aziende pubbliche come l’ENEL dove alla centrale di Suviana sono morti in 7, o alle Ferrovie dello Stato dove sui binari di Brandizzo altri 5 operai sono stati travolti mentre facevano manutenzione, o nelle fogne municipali di Palermo dove in 5 hanno perso la vita asfissiati dalle esalazioni di idrogeno solforato. Come all’ENI di Calenzano. Parliamo di aziende con fatturati e utili miliardari e parliamo di lavoratori con uno stipendio che finisce a metà mese.

 

Ogni volta si scopre che le stragi si sarebbero potute evitare se invece della fretta, del risparmio, del guadagno si fosse messa in cima alle preoccupazioni la sicurezza dei lavoratori. Quel gigantesco deposito dell’ENI non doveva stare lì a Calenzano, solo grazie al forte vento migliaia di persone non sono state intossicate dalla nube mefitica seguita a un’esplosione che si è sentita fino a Firenze e a Prato, e tutti chiusi in casa con le finestre sbarrate in seguito all’ordinanza del sindaco del capoluogo toscano. The show must go on. Lo spettacolo della modernità. Lo spettacolo del progresso. Lo spettacolo del capitalismo.

Non se ne può più delle lacrime di coccodrillo del potere, quel potere che ci spiega come serva più flessibilità per competere e ci regala più precarietà e insicurezza. Più vittime nella guerra del lavoro. Da troppo tempo inascoltato, il sindacato – che mercoledì ha indetto lo sciopero generale in tutta l’area metropolitana fiorentina – chiede il riconoscimento di una nuova fattispecie di reato: l’omicidio sul lavoro invocato da un altrettanto inascoltato Raffaele Guariniello che nelle funzioni di magistrato si è battuto con più forza per la sicurezza, per prevenire gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. L’unica sicurezza che sta a cuore al governo Meloni è quella finalizzata a reprimere il dissenso nelle fabbriche, nelle scuole e nelle università, il dissenso degli ambientalisti, gli incontri dei giovani dei rave. E gli operai continuano a morire. Restiamo umani. 

Pubblicato il

12.12.2024 13:43
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