Prosegue la vertenza nazionale nell'edilizia senza contratto dal primo ottobre. Dopo gli scioperi nei cantieri Alptransit, le paralisi dell'edilizia a Ginevra, Berna e Neuchâtel dei giorni scorsi, il prossimo appuntamento è lo sciopero nella capitale economica elvetica, Zurigo, previsto il primo novembre prossimo. Il 5 novembre invece è in agenda un incontro tra sindacati e i vertici della Società svizzera impresari costruttori (Ssic). In questa pagina area ha messo a confronto le tesi dei due campi: Edo Bobbià, direttore della sezione ticinese della Ssic e Saverio Lurati, segretario regionale di Unia Ticino e membro della delegazione nazionale sindacale per le trattative nell'edilizia.

Malgrado la disdetta, la Ssic ribadisce che non vuole uno smantellamento del Contratto nazionale mantello (Cnm) dell'edilizia. Nella vertenza non sembra essere centrale neanche la flessibilità o il salario al merito. Quali sono dunque le vere ragioni?

Bobbià: Non ho assistito in prima persona alle trattative nazionali. Ma il presidente centrale Werner Messmer mi ha riferito di un atteggiamento sindacale via via più ostruzionista e poco rispettoso nei confronti delle esigenze degli imprenditori. Non escludo che ci sia un problema di persone che partecipano alla trattativa che hanno della difficoltà nel sopportarsi.
Saverio Lurati, quali sono invece le vere ragioni del conflitto dal suo punto di vista?
Lurati: È difficile capire se il presidente Ssic Messmer stia facendo sul serio. A tre mesi della disdetta del Cnm, faticosamente si è riusciti a fissare una riunione per il 4 ottobre. E in quell'occasione Werner Messmer non si è nemmeno presentato... Non mi pare sia un buon segnale se si vuole realmente trovare una soluzione.
Nel 2005, il presidente Ssic Messmer propone un "Cnm light" (vedi box a lato), che prevede una forte riduzione dei contenuti contrattuali. Ma il contratto light non passa. La disdetta contrattuale attuale non può essere il frutto della volontà di imporre questo tipo di contratto, visto il fallimento del 2005?
Bobbià: Messmer ha sempre risposto che vuole avere un contratto. Per farlo occorre trovare una forma di discussione e di accordo migliore di quello attuale. L'edilizia è diversa dall'industria, poiché è un lavoro di squadra, possibile solo in un ambiente di sintonia e accordo. Come impresari non abbiamo interesse a smantellare il Cnm.
La Ssic continua ad affermare che le proprie affiliate rispetteranno il Cnm anche se non è più in vigore. Perché i sindacati non si fidano?
Lurati: Non è una questione di fiducia. Senza contratto ci sarà qualcuno che non rispetterà le regole. E ciò causerà delle pressioni sugli impresari onesti. Se non sarà subito, a medio termine inevitabilmente ci sarà una pressione sui salari e le condizioni di lavoro degli operai. Ha ragione Bobbià quando dice che l'edilizia è un settore particolare. Ogni costruzione è un prototipo che deve essere studiato, seguito e amato. Se non ci sarà la coesione, il prodotto non potrà che uscire male.
Messmer giustifica la disdetta con la richiesta di "180 ore negative", ossia lasciare a casa gli operai in inverno, per farli lavorare 10 ore e più al giorno per i tre mesi estivi. Vista la particolarità del lavoro edile, non è irrispettoso nei confronti degli operai?
Bobbià: Personalmente ritengo che queste ore flessibili debbano essere oggetto di trattativa. Le 180 ore negative fissate attualmente, vanno concepite come massimo possibile. Non significa che le si usi tutte. Credo che la Ssic voglia porre il limite superiore che un'impresa possa avere a sua disposizione. Ma un impresario ha interesse che i suoi dipendenti siano contenti e lavorino bene, altrimenti diminuisce la produttività. L'abilità dell'imprenditore starà nel districarsi in questa forbice oraria e il benessere degli operai.
Lurati: Proprio in ragione della particolarità dell'edilizia, della conformità del paese tra regioni di montagna e non, non si può imporre un modello unico come vuole Messmer. Bisogna  lasciare più spazio ad un'autonomia cantonale in grado di trovare una soluzione confacente. Ad esempio, il genio civile ha condizioni diverse dall'edilizia principale e proprio per questo si sono trovate soluzioni particolari. La flessibilità diventa automatica per queste esigenze.
La Ssic pare sorpresa dalle azioni di lotta sindacali per il mantenimento del contratto. Non era un fatto scontato?
Bobbià: Sono d'accordo che il sindacato intraprenda le sue azioni. Non spetta a me, e me ne guardo bene, dal dire cosa deve fare il sindacato. Mi è parsa strana la scelta del blocco del cantiere Alptransit. Manifestare è una cosa diversa dall'azione fatta a Faido. Avrei preferito non ci fosse stato il blocco del cantiere. Non ero presente, ma il responsabile del consorzio mi ha riferito che non è stato permesso ai lavoratori di entrare a lavorare. Alcuni dipendenti hanno chiesto al consorzio la paga della giornata, sostenendo di non aver voluto scioperare, ma che gli era stato impedito di lavorare. Forse sono gli stessi che hanno preso l'indennità di sciopero dai sindacati e poi hanno chiesto ugualmente lo stipendio. Secondo noi c'è una parte dei lavoratori che ha perso la dignità e ci fa sorgere il dubbio sulla reale volontà di sciopero.
Lurati: Il 92 per cento dei lavoratori del consorzio Alptransit ha votato a favore dello sciopero. Se ne desume che un otto per cento fosse contrario. Quando ci sono misure di questo tipo, la piccola minoranza deve accettare la decisione democratica. Personalmente ero presente sul cantiere e ho potuto constatare che c'è stata una forte pressione dei dirigenti imprenditoriali che casualmente erano sul posto per festeggiare la partenza della fresa. Li ho visti esercitare una notevole pressione sugli operai delle squadre per "convincerli" ad entrare a lavorare.
Bobbià: Ciò che mi fa particolarmente male è vedere una Svizzera così litigiosa. Non è un bene per l'immagine del paese. Non solo per l'edilizia, ma anche tutti i settori che ci danno lavoro, come l'industria o gli inquilini. Dovremmo evitare di dare questa immagine. È questo che mi rende triste.
Signor Bobbià, lei ha detto che se il vuoto contrattuale dovesse perdurare, ci perderanno sia gli impresari che i lavoratori. Anzi, questi ultimi ancor di più. Ma non è stupido correre un rischio nel quale ci perdono tutti?
Bobbià: La nostra categoria è come una grande famiglia dove, come può succedere, si litiga. Questo è uno dei momenti difficili. Ma non credo sia talmente difficile da mettere in discussione tutto il patrimonio familiare. Da parte nostra cercheremo di mettere tutte le forze migliori. Ritengo che da parte degli impresari costruttori ci sia questa volontà. Se non sarà entro la fine dell'anno, credo poco dopo. Fondamentale sarà l'incontro del 5 novembre. Io non ci sarò, ma Lurati sì. Questo non vuole dire che non mi preoccuperò di far avere la nostra opinione ai rappresentanti padronali. L'essenziale è che si cominci veramente ad andare nella strada che ci conduca al contratto. Se dall'incontro dovesse ancora uscire un nulla di fatto, sarei veramente preoccupato.
Lurati: Il contratto è indispensabile per tutta la Svizzera e in particolare per il Ticino. Il timore è che più il conflitto si prolunga, tanto più si arriva all'esasperazione da una parte e dall'altra. Questo non ci aiuterà. In situazioni come queste bisognerebbe avere il coraggio di una trattativa ad oltranza. Ma questa purtroppo non è l'abitudine in Svizzera. Mi auguro che il 5 novembre si tracci la linea per arrivare ad una soluzione finale, il contratto, entro la fine dell'anno con soddisfazione per entrambi le parti.
Bobbià: L'affermazione ripetuta più volte dal presidente Messmer di volere il Cnm, mi fa sperare che si arrivi ad una soluzione entro fine anno. L'importante in questo momento è rasserenare gli animi sia dei lavoratori che degli impresari. Gli operai sarebbero più tranquilli perché intravedono una soluzione, mentre gli impresari sarebbero felici di non avere i sindacalisti sempre sui cantieri. Si potrebbe tornare a quella tranquillità di cui tutti abbiamo bisogno.
Siete entrambi uomini politici. Lo Stato dovrebbe intervenire nel conflitto edile?
Lurati: Preferirei che la questione sia regolata dai partner sociali. Non escludo che un'altra soluzione possa essere imposta, ma non prima dell'elezione del Consiglio federale. Personalmente però lo riterrei un fallimento come rappresentante sindacale.
Bobbià: Sono d'accordo. Se non riuscissimo a risolvere questa vertenza, sarebbe un segno di debolezza dei partner sociali.
Molti lavoratori, così come molti impresari, non capiscono la vera causa di questo conflitto. La personalizzazione di Messmer, che nel 2005 aveva provato a far passare un contratto light e non vi era riuscito, dà l'impressione che ora voglia "bastonare" il sindacato. Signor Bobbià condivide questa interpretazione?
Bobbià: Proprio il contrario, trovo che sia il sindacato che voglia bastonare il padronato. Come noi ci sforziamo di pensare il bene degli operai, il sindacato deve sforzarsi di parlare bene del lavoro degli impresari. Non c'è solo l'operaio che si alza alle cinque per andare a lavorare, ma anche l'impresario che alle 10 di sera è ancora in ufficio per trovare delle soluzioni per stare a galla. Se l'impresario non lavora, non da neanche lavoro agli operai.
Nei panni dell'altro, quale consiglio darebbe alle rispettive centrali (ridono entrambi, ndr).
Bobbià: A volte, litigando aspramente, si trova l'accordo migliore.
Lurati: Direi che la richiesta di una maggiore flessibilità, è sovente frutto di una disorganizzazione del lavoro da parte imprenditoriale. La flessibilità diventa quindi una necessità causata dall'incapacità padronale.
Bobbià: Sono d'accordo che dei problemi esistono anche a livello di imprenditori. Ma ritengo ci sia anche un problema di qualità dei lavoratori. Per poter organizzare bene il lavoro ci vogliono buoni operai. Non voglio generalizzare, ci sono bravi capi cantiere, ma nel complesso negli ultimi anni la qualità degli operai è andata scemando.

L'oggetto del desiderio padronale: contratto-light

La vera natura del conflitto nell'edilizia è il contenuto stesso del contratto. Nel gennaio 2005, il presidente degli impresari costruttori Werner Messmer propone all'assemblea dei delegati riuniti a Davos un contratto-light. Con questa formula, la dirigenza della Ssic chiede uno smantellamento del Cnm, riducendo all'osso solo alcuni aspetti del vecchio contratto. Con il contratto light sparirebbero ad esempio i salari minimi per i meno qualificati, la copertura del salario, la protezione dal licenziamento in caso di malattia e infortunio e la griglia oraria massima consentita. Il contratto light, bocciato dai sindacati, non supera lo scoglio delle trattative e viene firmato il nuovo Cnm. Sul contratto rimane però aperta una questione interpretativa: la Ssic è convinta di avere ottenuto una maggiore flessibilità oraria attraverso il sistema negativo delle ore, mentre i sindacati sostengono il contrario. Un tribunale arbitrale è chiamato a decidere su chi abbia ragione. Nell'estate 2006 il tribunale sentenzia come corretta l'interpretazione sindacale e sconfessa la Ssic. Messmer e i suoi più stretti collaboratori decidono quindi di ritornare all'attacco con le ore negative nelle trattative del rinnovo del contratto 2008-2010. Ciò che vuole Messmer è aumentare da 100 ore flessibili (in Ticino sono 75) a 180 ore flessibili. Significa che quando piove o nevica, i muratori stanno a casa e le ore perse andrebbero recuperate nel corso dei mesi estivi. Le 80 ore in più corrispondono ad un ora di lavoro in più per 2 mesi e mezzo estivi. Se nel vecchio contratto le ore massime normali settimanali estive erano di 45 ore, ossia 9 ore al giorno, secondo la proposta di Messmer diventerebbero 10 ore al giorno. I sindacati si sono opposti e questo è stato il pretesto per disdire il Cnm e portare nel caos con il vuoto contrattuale il settore dell'edilizia in Svizzera.

Pubblicato il 

26.10.07

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