In una Svizzera che vira a destra, in un cantone come il suo, Berna, in cui il partito socialista perde seggi, lei riesce a farsi eleggere. Ricardo Lumengo, come se lo spiega?
Si possono dare molte spiegazioni ma una su tutte è il fatto che non si tratta per me della prima campagna elettorale che conduco (essendo già politico a livello comunale a Bienne a cantonale a Berna, ndr) – e credo di averla condotta con molta convinzione forse ancora più delle altre volte. Se da un lato abbiamo assistito a una pesante campagna xenofoba, da parte mia ho invece fatto una campagna contraria a quella dell'Udc e ho chiesto alla popolazione, agli elettori che ho incontrato in campagna di votare per il partito socialista. Purtroppo questa strategia non è funzionata completamente perché fondamentalmente l'Udc è in crescita.
Forse, lei può dire di aver in parte beneficiato di riflesso della campagna xenofoba dell'Udc?
Indirettamente forse, non so. Ma spetterà agli analisti dare la loro opinione, dimostrare se vi è effettivamente un legame di causa effetto. In ogni caso, lo ripeto: io so di aver condotto una campagna anche forte e questo ha probabilmente portato i suoi frutti.
Quali sono le aspettative della popolazione che ha incontrato durante la sua campagna elettorale e che si sente di dover portare avanti a Berna?
Ci sono diverse categorie di persone che ho incontrato e che si sono indirizzate a me e ai miei colleghi in quanto rappresentanti del partito socialista: i disoccupati, i genitori, gli studenti e gli appre ognuno con le proprie aspettative, le proprie richieste. Ma tutte quante possono essere riassunte in un unico punto: un desiderio di giustizia sociale.
Lei parla spesso di "noi" in quanto gruppo socialista. Ma verso di lei, personalmente, quali sono le aspettative che la gente riversa?
Verso di me ci si dirige in quanto candidato socialista. Le attese nei miei confronti sono le stesse attese che ci sono nei confronti di tutti i candidati socialisti. Penso a persone disoccupate che non hanno lavoro e che disperatamente ne cercano; o a persone che faticano ad arrivare a fine mese e mi chiedono di fare qualche cosa per ridurre i costi della vita…
Con il suo ingresso sotto la Cupola federale non teme di sentirsi al centro degli sguardi altrui, di ricevere troppa pressione?
Lei solleva un punto importante. Molto spesso le persone creano delle aspettative troppo alte che poi non si possono realizzare a causa di limiti politici, giuridici o a causa di rapporti di forza contrari alla propria volontà. La politica è un impegno difficile. Io sono cosciente di questi limiti, occorre farli capire alla popolazione, ma non per questo dobbiamo arrenderci a priori.
In questi giorni alcune persone hanno affermato che il partito socialista è uscito sconfitto dalle elezioni perché non ha capito che per gli svizzeri, Christoph Blocher non è affatto un problema, anzi...
Molti vedono Christoph Blocher come l'arteria, l'ideatore di un partito che sprona dei valori diversi dai nostri. E sono certamente dei valori antisociali. Io fatico a capire come in questo senso, Christoph Blocher non sia un problema.
Nel suo sito internet sottolinea l'importanza, per il partito socialista, di mantenere un contatto con la realtà. Pensa che la sconfitta di domenica sia in parte dovuta a una perdita di contatto tra il partito e gli elettori?
Questa è la nostra autocritica e che credo dobbiamo prendere assolutamente in considerazione. Se non restiamo sul terreno, se non stiamo legati alla realtà, non possiamo fare politica.
A bocce ferme, come pensate debba organizzarsi il Pss per affrontare il domani politico?
Dobbiamo continuare a far passare il nostro messaggio. Siamo tutti delle persone di buona volontà desiderose di servire il nostro paese. Dobbiamo renderci conto che quello che abbiamo conquistato in passato non ci è garantito in eterno: ogni conquista deve essere mantenuta e per farlo occorre impegno. Da oggi dobbiamo riorganizzarci, adottare una comunicazione diversa, più semplice e vicina alla gente. E questo è effettivamente un lavoro quotidiano.
Un sito internet ha permesso agli stranieri in Svizzera, privi del diritto di voto, di esprimere le loro preferenze politiche per le federali. Una grossa fetta dei favori è andata a Ps e Verdi. Il 7 per cento all'Udc. Chi è lo straniero che vota Udc?
Molto probabilmente sono stranieri che "ce l'hanno fatta" e che poi si sono distanziati dalle loro origini. È un po' come chi impara a guidare e ottiene la patente: poi dimentica cosa si prova quando si fa la scuola guida e appena incontra un allievo conducente appena sbaglia lo insulta… è una perdita del sentimento di solidarietà.
Nel 1982 lei ha vissuto sulla sua pelle l'essere un richiedente l'asilo. Che ricordi ha di quell'esperienza?
Ricordo l'essere privato di tutti i diritti, del diritto di poter avere una casa propria, di potersi spostare come si vorrebbe, dei diritti che le altre persone hanno. Ho un ricordo di privazione…
Da allora come è cambiato il volto della Svizzera?
Oggi i rapporti tra Svizzeri e stranieri sono molto più tesi. Oggi lo straniero ha il costante sentimento di essere il capro espiatorio di tutto quello che in Svizzera non funziona. Con la mia presenza in parlamento mi impegnerò a fare da intermediario tra gli svizzeri e gli stranieri per eliminare la tensione che oggi domina la scena. 

Pubblicato il 

26.10.07

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