Il colabrodo

L’America di Bush doveva essere l’America del meno stato. Invece gli attacchi dell’11 di settembre hanno messo a nudo la pericolosità di certe scelte. L’esempio più lampante ci viene dal controllo passeggeri e bagagli agli aeroporti. È un servizio che da anni è in mano ai privati. Adesso il parlamento ha fatto retromarcia. Bush deve assumere 28 mila dipendenti. Lo stato ha di fatto ammesso che questa esperienza è stata catastrofica. Negli Stati Uniti il controllo passeggeri e bagagli è da anni gestito dagli aeroporti e dalle compagnie aeree. Lo Stato si limita a fissare criteri minimi da rispettare. Molti aeroporti hanno affidato il servizio di sorveglianza a imprese private, che, per vincere gli appalti, tengono bassi i costi. Lo possono fare risparmiando sui salari. Le paghe si sono ridotte al punto che, per esempio, in uno scalo importante come quello di Atlanta un lavoratore addetto alla sorveglianza guadagna sette dollari all’ora, meno del dipendente di fast food che riceve 7.25 dollari all’ora. In altri scali c’è chi deve accontentarsi di ricevere cinque-sei dollari l’ora. Il tasso di rotazione del personale è inevitabilmente altissimo. In certi aeroporti è del 100 per cento all’anno, ma ci sono casi in cui la rotazione è del 200 per cento. Insomma ogni anno si devono assumere da una a due persone per occupare lo stesso posto di lavoro. Non si risparmia solo sui salari, ma anche sulla formazione. Gli operatori americani devono seguire 12 ore di addestramento, contro le 60 del collega europeo. Col risultato che gli europei messi davanti alla stessa macchina sono in grado di individuare molti più oggetti degli americani. Anche dopo l’11 di settembre ci sono stati casi di passeggeri che sono riusciti ad imbarcare portando con sé coltelli o pistole. Malgrado questo, il parlamento ha esitato a lungo prima di decidersi ad affidare allo Stato questo compito delicato e sensibile. L’opposizione è giunta dai banchi repubblicani, il partito del presidente. Ammettere che privatizzare è stato un errore è un boccone amaro da mandare giù, ma alla fine i repubblicani lo hanno ingoiato perché sperano che l’esperienza sia solo temporanea. L’accordo approvato dal parlamento e sottoscritto da Bush prevede di creare nei prossimi mesi 28 mila posti pubblici. Tutti i nuovi assunti, che lavoreranno negli oltre 450 aeroporti statunitensi, dovranno avere il passaporto a stelle e strisce, mentre attualmente il 25 per cento degli operatori è straniero con regolare permesso di lavoro. La decisione è particolarmente dolorosa per gli aeroporti di San Francisco e Los Angeles dove circa il 60 per cento del personale è straniero. Per loro la prospettiva è dunque quella di un imminente licenziamento. I nuovi dipendenti pubblici saranno meglio addestrati, ma anche pagati meglio. Lo stipendio base sarà di 35 mila dollari all’anno per un operatore generico e di 52 mila per un supervisore. Il cambiamento costerà alla collettività circa 2,5 miliardi di dollari: saranno coperti con una tassa di 2,5 dollari che ogni passeggerò pagherà al momento dell’imbarco. Il resto (poco meno di un miliardo di dollari) sarà a carico delle compagnie aeree. Tra un anno in cinque grossi aeroporti saranno avviati progetti piloti di controlli attuati da privati sotto stretta sorveglianza pubblica. Tra tre anni gli aeroporti decideranno se continuare col sistema pubblico o se ritornare al privato che però resterà sotto la supervisione dello stato. Negli Usa anche il controllo dei bagagli lascia a desiderare. I macchinari per l’intercettazione di esplosivi sono nettamente insufficienti. Ce ne vorrebbero circa 2000, ma in servizio ce ne sono per il momento meno di 150. Gli aeroporti dovranno entro un anno essere in grado di controllare tutti i bagagli che finiscono nelle stive degli aerei. D’ora in poi, ogni aeroporto avrà un direttore federale alla sicurezza che coordinerà e sorveglierà i piani di sicurezza. A Washington invece sarà istituito un nuovo ufficio federale (dipenderà dal ministero dei trasporti) cui sarà affidato il compito di sorvegliare la sicurezza dei trasporti. Volente o nolente, l’America del dopo 11 settembre comincia a rivedere le sue scelte di privatizzazione. Bush, che era venuto a Washington con l’idea di ridurre ulteriormente il personale federale, si ritrova a dover fare esattamente il contrario. I suoi progetti di outsourcing sembrano, per il momento, destinati a andare a rilento. Invece di tagliare Bush sta rafforzando l’apparato e sta scoprendo molte carenze. L’esperienza dell’antrace ha messo in luce con chiarezza i limiti di un sistema sanitario che negli ultimi anni ha subito una radicale trasformazione in nome del famoso taglio dei costi. È la stessa associazione degli ospedali ad ammettere che bisognerebbe investire miliardi. Anche molte grandi città scoprono di non aver piani d’emergenza o sistemi d’allarme. Per anni non è stato fatto niente. Adesso si scopre che la fattura da pagare sta diventando miliardaria.

Pubblicato il

30.11.2001 04:30
Anna Luisa Ferro Mäder
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