Sindacato

Il chiaro e lo scuro dell’accordo sull’edilizia

Dopo un intenso dibattito, anche la base dei militanti di Unia ha approvato a maggioranza il risultato delle trattative nazionali che prevede aumenti salariali e modifiche al prepensionamento. Giangiorgio Gargantini spiega ad area i motivi del No dei delegati edili ticinesi

Il prossimo anno i salari degli edili aumenteranno per tutti dell'1,4%. È uno dei risultati dell’accordo raggiunto al tavolo negoziale tra padronato e sindacati, ratificato dalle rispettive assemblee. I delegati della Società svizzera degli impresari costruttori (SSIC) e la base del sindacato Syna lo avevano già avallato un paio di settimane fa, mentre il parlamento Unia dei militanti edili lo ha fatto sabato scorso, al termine di un intenso dibattito.

 

Al centro delle discussioni non vi era tanto l’aumento salariale (apprezzato dalla maggioranza dei presenti), ma il secondo punto del pacchetto uscito dal tavolo negoziale, concernente le modifiche al sistema di prepensionamento nell’edilizia. Poiché nei prossimi anni la generazione dei baby boomer aumenterà la pressione finanziaria sul sistema, si è deciso che i datori di lavoro aumenteranno dello 0,5% i loro contributi di finanziamento del prepensionamento per garantire la futura sostenibilità delle rendite. Stando al comunicato congiunto, queste ultime resteranno dignitose così come resta garantito il principio di poter andare in prepensionamento a sessant’anni. A cambiare saranno invece le regole per potervi beneficiare.

 

Una rendita completa sarà garantita dopo 20 anni di lavoro nell’edilizia nazionale anziché gli attuali quindici. Inoltre, saranno eliminati i contributi per la compensazione degli accrediti di vecchiaia LPP negli anni del prepensionamento. Come detto, l’assemblea nazionale edile di Unia ha ratificato l’accordo a maggioranza dopo intense discussioni. In particolare, i delegati della sezione ticinese si erano espressi criticamente, votando no all’accordo raggiunto in sede negoziale. Per capire la posizione dei muratori ticinesi, ne parliamo con Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di Unia Ticino e Moesa.

 

Gargantini, perché la delegazione degli edili ticinesi ha chiesto all’assemblea nazionale di rifiutare l’accordo, nonostante quest’ultimo contenesse un aumento generalizzato dell’1,4%, una rarità rapportata ad altri ambiti professionali?

Sull’aumento, ci sono delle motivazioni storiche territoriali. Se in Svizzera negli ultimi due anni quasi la metà dei lavoratori edili ha ricevuto la compensazione del rincaro, in Ticino solo tre ditte lo hanno riconosciuto. Questo vuol dire che la stragrande maggioranza degli edili ticinesi nell’ultimo periodo non ha ricevuto alcuna compensazione alla crescita del costo della vita. In un cantone, ricordo, dove solo i premi malattia sono aumentati quasi del 30% negli ultimi tre anni. Detto questo, è chiaro che preso singolarmente, l’aumento dell’1,4% può essere considerato un risultato accettabile, che va detto, ottenuto anche grazie alle pressioni provenienti dai militanti ticinesi per spingerlo verso l’alto.

 

Un buon risultato “se preso singolarmente”. Se ne deduce che la contrarietà ticinese derivava soprattutto da altri aspetti dell’accordo, giusto?

Sì. Purtroppo l’aumento era legato a delle modifiche che peggiorano le prestazioni del sistema di prepensionamento. Due sono i punti particolarmente problematici. La soppressione dei contributi LPP dai 60 ai 65 anni per chi non ritira il capitale al momento del prepensionamento, causerà delle perdite economiche sulle rendite del secondo pilastro quando ne avrà diritto ai 65.

 

E il secondo punto problematico?

Oggi sono necessari quindici anni di contributi per aver diritto alla rendita piena da prepensionato. Domani ce ne vorranno venti. Questo significa che un operaio con quindici anni di contributi, domani percepirà il 75% della rendita di quel che avrebbe ricevuto oggi. Tra i penalizzati da questa modifica, vi saranno ad esempio dei lavoratori interinali con dei buchi contributivi dovuti a motivi indipendenti dalla loro volontà, magari perché lasciati a casa dall’agenzia nei mesi invernali. Ciò vuol dire, a conti fatti, che le rendite per molti lavoratori domani saranno inferiori rispetto a quelle odierne.

 

Nell’accordo, di positivo per i lavoratori, vi è che i soli datori di lavoro aumenteranno dello 0,5% i contributi per finanziare la sostenibilità economica del prepensionamento.

Sì, nell’immediato ad essere chiamato alla cassa sarà il solo padronato. Purtroppo, nell’accordo firmato, vi è scritto che se in futuro saranno necessarie altre misure di risanamento, queste ultime saranno a carico dei soli operai. Una sorta di cambiale in bianco al padronato che potrebbe costare molto cara ai lavoratori.

foto: area

Pubblicato il

26.11.2024 15:13
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