A briglie sciolte

Oggi la Svizzera, più che per le banche e le mucche, è conosciuta per i suoi monopoli farmaceutici. Attualmente però per le vaccinazioni contro il Covid-19, facciamo la figura del parente povero. Cerchiamo di capire perché. In tempi normali l’industria farmaceutica non è interessata ai vaccini, perché il loro margine di profitto è di gran lunga inferiore a quanto può guadagnare con altri medicamenti (antibiotici, antitumorali, antinfiammatori eccetera), per cui gli azionisti non ne vogliono sentir parlare. Questa è la ragione per cui, nonostante gli appelli lanciati negli ultimi decenni dal mondo scientifico per uno sviluppo di vaccini polivalenti contro i coronavirus, quando è scoppiata la pandemia ci siamo ritrovati in brache di tela.

 

Grazie a colossali aiuti finanziari messi a disposizione da diversi governi (ma non da quello svizzero), alcuni colossi sono però poi stati molto rapidi nel riciclarsi: esempio paradigmatico è quello di Pfizer, che grazie ai miliardi del governo americano ha stretto un accordo con la germanica BionTech, che aveva sviluppato una tecnologia molto interessante, quella degli mRna, grazie alla quale si possono produrre vaccini molto più rapidamente che con le metodologie tradizionali. Roche e Novartis hanno invece nicchiato, il nostro Consiglio federale ha fatto ancora di peggio. Già una ventina di anni fa aveva venduto per quattro soldi l’Istituto svizzero dei vaccini, conosciuto mondialmente per i suoi prodotti: siccome era poco redditizio economicamente, l’acquirente l’aveva poi a poco a poco smantellato. Qualche anno fa l’ultima produttrice di vaccini locali (BioTech Berna), in difficoltà finanziarie, aveva chiesto aiuto al Consiglio federale, proponendo in cambio di garantire ogni anno una sufficiente produzione di vaccini antinfluenzali per tutto il paese. Il nostro governo aveva risposto picche, perché questi problemi ovviamente “li risolve il mercato”.

 

Dopo lo scoppio della pandemia, la Lonza, che co-produce il vaccino di Moderna, aveva proposto al Consiglio federale di riservare una grossa quantità di vaccini: Berna aveva risposto cinque mesi dopo, quando ormai era stata messa in lista di attesa. Non dimentichiamo poi il caos informatico del piano nazionale vaccini: in fatto di digitalizzazione l’Ufficio federale della sanità, massacrato dalle politiche risparmiste, è ancora alla preistoria. E mentre nell’Ue, in Gran Bretagna, in Canada e in mezzo mondo si sta usando, almeno nei giovani, anche il vaccino di AstraZeneca, da noi per un eccesso di puntigliosità burocratica SwissMedic non ne vuole sapere. Non parliamo poi del fatto che si continua a snobbare, anche per ragioni geopolitiche, il vaccino russo Sputnik V, che in base ai dati sin qui disponibili potrebbe addirittura essere quello che per ora dà la protezione più duratura.


Ma torniamo a quanto sta capitando nel campo dei vaccini “più moderni”. La tecnologia degli mRna era stata sviluppata una trentina di anni fa con fondi statali. Vari governi nazionali e l’Ue hanno poi ampiamente sponsorizzato la sua applicazione nella produzione dei nuovi vaccini e li stanno ora acquistando a prezzi esorbitanti (chi più paga, più riceve).

 

Questo triplo finanziamento pubblico ha ora prodotto, come sempre avviene nel mondo capitalista, guadagni miliardari per Pfizer, BionTech e Moderna! Ma c’è, se possibile, di peggio. La parte più povera del mondo per intanto i vaccini anti Covid-19 se li sogna. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’India, il Sudafrica e altri Paesi stanno quindi facendo pressione affinché venga sospesa temporaneamente, come prevede per situazioni eccezionali il diritto internazionale, la protezione giuridica garantita ai brevetti, affinché si possano produrre subito dei generici, cioè delle copie degli attuali vaccini. Tutto ciò potrebbe avvenire rapidamente e risolverebbe il problema su scala mondiale.

 

La Svizzera e gli altri paesi, dove hanno sede i colossi farmaceutici, si stanno evidentemente opponendo a questa sospensione dei brevetti. La battaglia politica però continua, non solo nel parlamento europeo ma speriamo anche a Berna. Public Eye ha lanciato una campagna e molti di noi la stanno sostenendo, per evitare che il nostro paese si renda colpevole di una decisione vergognosa, che costerebbe la vita a centinaia di migliaia di persone.

Pubblicato il 

04.03.21
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