Vi sono persone e ambienti più o meno permalosi e suscettibili che faticano ad accettare l’ironia; capita spesso a chi si prende molto, troppo, sul serio di risentirsi per delle battute, innocue per chi le fa, sgradevoli per chi le riceve. Recentemente, in Italia, si è dibattuto a lungo per le prese in giro televisive al calcio e ad alcuni suoi protagonisti (ad esempio Totti e la Juventus) che hanno “digerito” male certe “sfottiture”; si è detto che un conto è la satira, un altro, invece, l’umorismo gratuito con cadute di tono. Insomma, quando sconfina nel cattivo gusto, la satira diventa pretestuosa. Trapattoni ritiene che «nel nostro mondo un po’ di ironia è necessaria per sdrammatizzare, ma a volte si scivola in cadute di stile senza che chi le compie se ne accorga». A questo punto, bisognerebbe definire i limiti dell’ironia lecita e accettabile, ma il compito è assai arduo poiché su una tematica così soggettiva le sfumature e le opinioni possono essere molte differenti fra loro. «La verità – scriveva Marco Pastonesi sulla Gazzetta dello Sport di giovedì 10 ottobre – è che non esiste una buona o una cattiva ironia: l’ironia esiste solo se si capisce, solo se fa ridere – o almeno sorridere – anche la vittima. Papa Giovanni Paolo II non scomunicò Silvio Berlusconi quando questi gli confessò: “Santità, mi lasci dire che lei assomiglia un po’ al mio Milan: tutti e due andiamo spesso in trasferta a portare nel mondo un’idea vincente”. Il guaio è che il Cavaliere non faceva dell’ ironia». Il collega della Gazzetta, prendendo la definizione del vocabolario Zingarelli, si è soffermato sul termine “ironia” che consiste «nel dire il contrario di ciò che si pensa, specialmente a scopo derisorio». Si chiama anche derisione o scherno mentre per lo Zanichelli l’ironia è «la dissimulazione più o meno derisoria del proprio pensiero con parole che formalmente hanno senso del tutto opposto». Per Pastonesi l’ironia può essere involontaria, volontaria («Il tavolo verde, le palle bianche. Il biliardo è il golf dei nati stanchi», arguta osservazione dello scrittore George Bernard Shaw) e più realistica della realtà («Tiferei Inter anche se Galliani ne diventasse il presidente», dichiarò una volta l’indimenticabile Giuseppe Prisco). Proprio le battute e il raffinato umorismo del vice presidente nerazzurro erano apprezzati da tutti; il suo senso ironico era elevatissimo e la sua capacità di valutare e di leggere la realtà attraverso un’intelligente comicità era notevolissima. Saper prender in giro significa anche e soprattutto sapersi prendere in giro; nella vita funziona sempre e porta dei benefici quando ci si trova confrontati a situazioni in cui si ingigantisce e si dilata a dismisura l’effettiva portata e la reale importanza di un determinato problema. E lo sport – con il football in testa – di tanto in tanto si prende troppo sul serio: quindi ben vengano quei personaggi – siano essi addetti ai lavori, giornalisti, opinionisti o attori – in grado, attraverso i media, di sdrammatizzare gli eventi con una costruttiva e beffarda ironia. Una salutare battuta, se non ferisce la sensibilità di chi la subisce, essere molto più utile ed interessante di tante chiacchiere pesanti come un macigno. Dopo tutto basterebbe essere seri anche nella presa in giro…!

Pubblicato il 

25.10.02

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