Non solo chiudere il microfono a Giuliano Bignasca, ma presentargli il conto per quanto ha finora impunemente fatto. A qualche settimana dalla gravissima sortita del presidente leghista alla Rete1 della Rsi, i Verdi sporgono denuncia per ingiurie, minacce e istigazione a crimini e violenza. Anche il Wwf, per bocca del responsabile Francesco Maggi, dichiara di aver ricevuto il nullaosta dalla sede nazionale per la denuncia: «è sicuro che entro breve la inoltreremo». Bignasca infatti in quell’occasione aveva affermato che i «fuchi ambientalisti» bisognerebbe rinchiuderli dentro una cabina telefonica e «farli fuori come hanno fatto con il leader serbo Djindijic». Un motivo più che sufficiente per isolare il rappresentante leghista, concordano molti esponenti politici fuori e dentro il Ticino. Ma se la denuncia è arrivata, i microfoni non gli sono stati negati. Infatti Bignasca continua ad essere invitato dalla Rtsi; l’ultima volta (in ordine cronologico) lunedì 31 marzo in occasione del confronto pre-elettorale televisivo fra i presidenti di partito. Nei giorni precedenti, diversi parlamentari a livello cantonale e nazionale avevano stigmatizzato il fatto e criticato apertamente l’atteggiamento ambiguo dell’ente pubblico. In primis lo aveva fatto il consigliere nazionale Dick Marty dalle colonne della Regione denunciando il «degrado del confronto politico» e come «Il silenzio, l’ignavia e la codardia di molti hanno favorito l’insorgere di questo clima malsano che tanto nuoce all’immagine del nostro Cantone e alla credibilità delle istituzioni. (...)». Nonostante ciò i Verdi hanno deciso di partecipare al dibattito televisivo del 31 marzo (“Il lunedì”) con Bignasca presente. Nessun accenno alla querelle in corso è stato fatto. Passata la tempesta, le acque sembrano di nuovo chete. La domanda resta: perché – nonostante la gravità delle esternazioni leghiste – i Verdi (e tutti gli altri partiti) hanno accettato comunque l’invito della Tsi? «È uno dei pochi spazi televisivi in cui possiamo far conoscere il nostro programma politico e non possiamo permetterci di rinunciare a quei due-tre minuti a disposizione» ci ha detto Giorgio Canonica prima del dibattito di lunedì. «All’indomani della “sparata” di Bignasca ho inviato una lettera a tutti i partiti e alla Rtsi chiedendo che il presidente della Lega non venisse più invitato. Ma nulla di fatto è successo. Se questa volta Bignasca avrà la decenza di non ripresentarsi, tanto meglio. In caso contrario, avremo almeno l’opportunità di controbattere». Ma lunedì tutti si sono confrontati con Bignasca come se, ancora una volta, nulla fosse accaduto. Eppure, al loro interno sia il Partito liberale che quello socialista ammettono di aver dibattuto sull’opportunità o meno di disertare le trasmissioni in cui sarebbe stato invitato il presidente Bignasca. «Abbiamo valutato quest’ipotesi – spiega ad area Anna Biscossa, presidente del Ps – per poi scartarla ritenendola inadeguata; siamo infatti convinti che la responsabilità della serata non spetta a Bignasca ma ai conduttori della Tsi. Sono loro, nel ruolo di padroni di casa, a dover garantire che il dibattito si svolga in modo civile e rispettoso. Così come dovrebbero essere loro a chiedere a Bignasca di render conto delle sue gravi affermazioni». Già in passato, e in più occasioni, di fronte alle “intemperanze” del presidente leghista, il Ps aveva fatto sentire la propria voce indignata presso i dirigenti Rtsi. Ancora Biscossa: «abbiamo chiesto l'allontanamento di Bignasca dai dibattiti pubblici (ma anche di Maspoli in seguito alla sua condanna) e puntualmente abbiamo ricevuto risposte negative. Ora non abbiamo molte alternative: non andare al dibattito di lunedì significava lasciare libero campo a Bignasca. Una cosa è certa: al minimo accenno di comportamento inaccettabile da parte di Bignasca noi ne avremmo chiesto l’allontanamento. Se così non fosse stato, saremmo stati noi a lasciare gli studi televisivi». Nel corso della sera il presidente leghista non ha superato la “staccionata”, pur scalpitando di tanto in tanto. «Abbiamo espresso ai dirigenti della Tsi il nostro dissenso per quanto avvenuto» dichiara il presidente Ppd Fabio Bacchetta-Cattori. «Li abbiamo invitati a richiamare il presidente della Lega alle sue responsabilità. Nel caso di un’ulteriore degenerazione del dibattito televisivo, eravamo pronti a reagire con estrema fermezza». Resta la questione di fondo: è importante o meno dare un forte segnale quando un parlamentare incita pubblicamente all’eliminazione fisica di un avversario politico? «Il primo errore – ci dice Giovanni Merlini, presidente del Plrt – l’ha commesso la Rtsi che, successivamente al verificarsi di quei fatti inaccettabili, l’ha invitato ancora e in più occasioni. La Rtsi, in quanto servizio pubblico, avrebbe dovuto chiedere a Bignasca di ritrattare le sue gravi dichiarazioni, pena la sua esclusione dalle trasmissioni. E invece le è mancato il coraggio. A questo punto, non invitarlo all’ultimo confronto pre-elettorale sarebbe risultata una reazione tardiva e col rischio che Bignasca la strumentalizzasse, facendosi passare come vittima della partitocrazia. L’impressione è che ancora una volta la Tsi abbia dato la precedenza all’audience piuttosto che al servizio pubblico. Ma credo che spetti anche a noi ospiti ed esponenti politici distanziarci da ogni eventuale e inaccettabile intemperanza del presidente della Lega. Più in generale, avrei voluto vedere a livello cantonale una presa di posizione di condanna più ampia fra gli esponenti partitici di fronte ad un episodio di tale gravità; che denota come ormai si sia oltrepassato ogni limite di decenza e di codice penale». Ci vorrà del tempo prima che la giustizia stabilisca se Giuliano Bignasca, presidente della Lega dei ticinesi, sia perseguibile o meno. A prescindere dall’evoluzione del caso legale, ci si attende che questo episodio serva a segnare un netto confine tra coloro che – nella diversità – accettano le regole del dibattito civile e coloro che pur di guadagnare qualche voto in più le sparano grosse. O che incitano a spararle grosse, e non solo in senso metaforico.

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04.04.03

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