Il Ticino tra rifiuti e traffico

«Tutti sanno che ci sono degli obiettivi ecologici che non sono ancora stati raggiunti, penso ad esempio alle polveri fini. Si potrebbe pensare che sono soltanto dei dettagli e che con un po' di pazienza tutto si sistemerà. Il dubbio, se non addirittura la certezza è che oggi stiamo totalmente andando nella direzione opposta perché fondamentalmente rincorriamo ancora i beni materiali senza porci nessun limite, consumando tutto ciò che vogliamo come e quando vogliamo. Non abbiamo una vera coscienza ecologica; sulle piccole questioni come separare la carta ci siamo arrivati ma sulle grandi problematiche non abbiamo ancora capito nulla». A parlare così è Mario Camani, ex Capo Sezione Protezione Aria, Acqua e Suolo del Dipartimento del Territorio. Una carriera ticinese durata quasi trent'anni. Insieme a lui, prendendo spunto dai 30 anni del Wwf Ticino, tracciamo un bilancio della salute ticinese negli ultimi tre decenni.

Mario Camani, lei ritiene di avere una coscienza ecologia?

Non mi sento un'eccezione, penso semplicemente di fare il minimo per la nostra società. È ormai nelle mie abitudini non utilizzare l'auto senza un vero motivo, preferendo andare a piedi o in bicicletta. E quando compero un oggetto, lo faccio con l'idea di farlo durare il più possibile.

Lei ha iniziato a lavorare in Ticino nel '79. Da allora, come è cambiata la salute cantonale?

Sono migliorate molte cose impensabili trent'anni fa: penso alla qualità dell'aria e dell'acqua in particolare. Allora il lago Ceresio stava diventando una pozza di acqua marcia: per arrestare il fenomeno è stato speso un miliardo e mezzo di franchi nella depurazione delle acque. E il risultato è innegabile: il Ceresio non è ancora un lago sano, nei fondali, non sono ancora stati raggiunti gli obiettivi della legge, obiettivi che peraltro sono anche un po' blandi, ma almeno in superficie è molto migliorato.
Allora si portò avanti anche il problema della sopravvivenza delle foreste, un tema oggi oscurato, preferendo credere che, chi a suo tempo lo sosteneva, erano degli 'esaltati', dimenticando, invece, che proprio grazie alle foreste furono decisi i parametri di protezione dell'aria dando vita alla legge sulla protezione dell'ambiente del 1985 e, l'anno successivo, a quella sulla protezione dell'aria che hanno avuto come effetto di ridurre in modo drastico certe sostanze inquinanti presenti nell'aria.

Negli anni '80, in campo ambientale, videro la luce numerose ordinanze. Quanto fu difficile applicarle?

Fu difficile anche solo parlarne: affermare che l'aria era troppo inquinata significava sentirsi dire che non era vero. Quando poi si fecerero le dovute misurazioni e i risultati ci diedero ragione, ci sentimmo dire che l'inquinamento non era nostro bensì proveniva da Milano. Malgrado le reticenze, nel '82 grazie al mio ufficio, si iniziò a effettuare un controllo a tappeto dei bruciatori nelle economie domestiche e per la prima volta in Svizzera, si eseguì anche il controllo del rendimento energetico. Un rendimento che oggi è vicino al 100% ma che ai tempi era una delle cause principali di inquinamento urbano. Dalle case passammo alle industrie misurando le emissioni dei loro camini. Un'impresa ardua visto che le spese di risanamento variavano dai 100 mila franchi agli 8 milioni.

Quale fu dunque il segreto per riuscire nell'impresa?

In effetti, pur essendo considerati anche all'interno dell'amministrazione cantonale come delle persone "un pò particolari", avevamo l'appoggio incondizionato del Dipartimento oltre ad esserci la coscienza diffusa sia livello politico, sia della popolazione che si doveva intervenire per l'ambiente. Tanto è vero che andammo oltre, intervenendo nel settore della sicurezza chimica un settore fino ad allora completamente allo sbando: nei nostri controlli scoprimmo che non esisteva alcuna disposizione per la costruzione e la gestione dei depositi di sostanze pericolosi. Fu una fortuna che non accadde nessun incidente. Da ormai sei anni si stanno risanando i siti contaminati mentre i depositi selvaggi di rifiuti di ogni tipo sono ormai proibiti da tempo.

E sempre in quegli anni lei fu confrontato alla questione nucleare con l'incidente di Cernobyl.

A dire la verità Cernobyl ha contribuito a sensibilizzare tutti quanti nei confronti del pericolo del nucleare. Il mio ruolo allora – più di quello che tutti ricordano sulla raccomandazione di spazzolare l'insalata dell'orto prima di mangiarla – fu quello di dire che nessuno in Ticino sarebbe morto a causa delle radiazioni. Un'affermazione, la mia, molto strana per la popolazione visto che mi ero sempre battuto contro il nucleare, ma di cui ero certo visto che avevo fatto e rifatto mille volte nella mia testa il calcolo che me ne dava la certezza. Le sigarette e l'inquinamento 'normale' dell'aria erano molto più pericolosi. In quell'occasione fui anche sostenuto dal mio capo di allora, Fulvio Caccia, la persona che tra l'altro mi convinse a venire in Ticino a lavorare, e di cui sapevo di poter godere della sua piena fiducia.

Dopo Caccia ci fu Respini.

Con Respini inizialmente fu più difficile perché non aveva nessuna conoscenza degli aspetti tecnici ed ambientali: era però una persona aperta e così riuscimmo a costruire un buon legame; io feci con lui il grande sforzo di morstrargli sempre le conseguenze delle cose che gli proponevo e così ottenni fiducia e sostegno.
 
Con Respini visse anche la prima fase dei rifiuti.

È stato un periodo personalmente intenso in cui oltre ai miei settori 'storici' dell'energia e della protezione dell'ambiente mi si affidarono le sezioni acqua e rifiuti, a me nuovi. Fu in quegli anni che esplose la questione rifiuti che di per sé andava avanti già da diversi anni. Nella prima fase delle trattative con l'azienda Thermoselect avevo potuto far rilevare al Consiglio di Stato una serie di incognite sulla questione. Allora ottenni sufficientemente fiducia per essere ascoltato, mettere da parte il contratto in trattativa ed aprire un concorso. Fu quella una fase molto stimolante per me visto che mi muovevo in un settore assai nuovo attorniato da un gruppetto di collaboratori eccellenti con cui scrissi un rapporto di cui ancora oggi sono fiero: privo di ambiguità e ricco di affermazioni a prova di bomba. Il rapporto fu consegnato al governo Respini che, però, nel frattempo, dovette lasciare il posto a quello successivo che mise da parte il dossier.

E iniziarono i guai...

Alcuni mesi dopo si scelse comunque Thermoselect: difesi in pubblico la scelta del Governo e preparai, come mi fu chiesto, un contratto a cui avevo aggiunto una serie di clausole rigide a sostegno dell'ambiente. A un tratto, però, mi ritrovai solo di fronte a una trentina di persone di cui la metà erano di Thermoselect, l'altra membri del governo. Solo contro tutti: l'unico che mi sostenne fu Borradori che mi disse «Tenga duro». Il contratto fu firmato. Ma poi tutto fu ritirato per lasciare spazio a un contratto blando, senza le mie clausole. E se fino a quel momento Borradori mi sostenne perché, come mi disse più volte, sapeva che lavoravo bene, da lì in poi sono stato messo da parte.
Erano i tempi del piano dei trasporti del luganese: la situazione all'interno del governo era impossibile; eravamo io e la mia sezione contro tutti gli altri. Alla fine sono stato totalmente messo da parte da Borradori; io e lui ci siamo parlati molte volte, e sempre ha affermato che il mio lavoro era impeccabile «però – mi disse – politicamente io devo distruggerla. Farò in modo che i ticinesi dimentichino che lei sia mai esistito.  E farò in modo che i suoi collaboratori dimentichino la sua esistenza». A questa seconda affermazione reagii facendo capire che non sarebbe stato così facile eliminarmi. Tuttavia da quel momento sono stato escluso da qualsiasi riunione con lui e dai gruppi di lavoro del dipartimento; Borradori trattava direttamente con i miei collaboratori con cui per fortuna avevo un ottimo rapporto di fiducia.

Perché è restato fino alla fine?

Sono restato grazie ai miei preziosi collaboratori e perché credevo nel lavoro che facevo. E sapevo che se me ne fossi andato, sarebbe toccato ai miei collaboratori essere aggrediti.
Inoltre quel periodo mi ha aiutato a fare il passo verso la pensione e rendermi conto di avere sufficienti interessi per occuparmi anche di altro e non solo di ambiente – mi dedico in particolare all'attività di jonglage (vedi box sotto).
A dire la verità il dipartimento mi aveva chiesto di occuparmi della commissione internazionale protezione acque: ma piuttosto preferisco ancora la pensione. Ho rifiutato anche altre proposte, ma ora è prematuro. Personalmente oggi mi occupo di aspetti un po' piu filosofici, problemi di principio, universali, cercando di capire il mondo e non solo il Canton Ticino.

Intanto il Canton Ticino è ancora alle prese con i rifiuti. Cosa pensa dell'inceneritore previsto a Giubiasco?

Volevano che entrassi nel comitato degli oppositori. Ma sarebbe stato un po' strano visto che ho firmato io il rapporto di impatto sull'ambiente dell'inceneritore, con la legge che l'accompagna. Tuttavia sulla questione ci sono due punti da tenere in considerazione: il primo è che i rifiuti vengono talmente ben smaltiti a Zurigo che non vedo perché dobbiamo ancora rovinare un altro pezzo del Piano di Magadino (e costa anche meno, contrariamente a quanto sostengono). Altro fattore, l'inceneritore è previsto da tutti i punti di vista tranne da quello energetico: e il fatto di chiamarlo termovalorizzatore è una presa in giro perché i 4/5 dell'energia che produce vengono persi nell'aria quando invece si potrebbe utilizzare per riscaldare le case d'inverno o le industrie circostanti durante tutto l'anno. Riutilizzare l'energia di un inceneritore è una procedura acquisita in tutto il mondo, ormai. E come se non bastasse nella stessa zona si sta pensando di costruire un gasdotto, il che è l'assurdo più totale. Anche a livello di costi. È una questione di volontà mentre a prevalere sono sempre le lotte di potere.

Altro cruccio per la "salute cantonale" sono i centri commerciali...

All'epoca avevamo fissato dei criteri rigidi sul numero di parcheggi e sui trasporti pubblici cercando di applicarli senza riuscirci perché alla fine anche il dipartimento ci remò contro. Questa è una scelta: o c'è l'aria pulita o ci sono i centri commerciali così come li abbiamo oggi. Il discorso è sapere che società si vuole costruire: oggi tutto è ancora in funzione dell'auto.

Pubblicato il

29.09.2006 03:00
Fabia Bottani