E così la festa è arrivata. Finalmente, si potrebbe esclamare. Anche il Ticino avrà la sua giornata “particolare” nell’ambito dell’esposizione nazionale (Expo.02) sull’arteplage di Bienne e il dente potrà essere tolto senza troppo dolore.
Per giunta capita a meno di un mese dalla fine dell’Expo. Certo, questa è solo la quarta delle esposizioni nazionali tenute nella storia del nostro Paese, ma sempre in passato si è verificato che le ultime settimane potrebbero essere quelle con il maggior afflusso di visitatori. Cosa che sembra si stia verificando anche con Expo.02. Almeno il nostro Cantone avrà una buona audience.
Per un giorno, forse, si accantoneranno – ma non saranno sicuramente sopite – le polemiche estive per la mancata traduzione in italiano del libro ImagiNation (da oggi nelle librerie l’edizione curata dall’editore Giampiero Casagrande) che, nelle intenzioni degli ideatori, dovrà tramandare ai posteri i fasti della costosa fiera da baraccone. Fiera – tanto ben congeniata dal punto di vista organizzativo quanto asettica per i contenuti – che chiuderà i battenti il prossimo 20 ottobre con somma gioia di Consiglio federale e contribuenti.
Il “grande orecchio” della futuristica arteplage biennese - battezzata emblematicamente “Potere e libertà” – farà da sfondo alla manifestazione ticinese. Il Ticino ha cercato di fare le cose per bene e per non sentirsi la Cenerentola svizzera, ha fatto in modo di avere un anticipo della festa vera e propria. Cinque giornate in tutto. L’apertura c’è stata martedì con una due giorni del Festival internazionale del film di Locarno al cinema Rex di Bienne. Oggi vi sarà il dono alla città ospitante di una scultura dell’artista Pierino Selmoni. Nel mezzo non poteva mancare la promozione turistica del cantone con l’apertura di un chiosco all’uopo.
Alla giornata ufficiale di domani, il Ticino sarà rappresentato dal Consiglio di Stato che riceverà il benvenuto dal sindaco della Città di Bienne Hans Stöckli e dalla direzione di Expo.02. La giornata “particolare” continuerà con l’esibizione dell’Orchestra di fiati della Svizzera italiana insieme a solisti jazz in Jazzimanus Lacustris, Pietro Bianchi con il gruppo Padus, Franco Ambrosetti con la Civica Jazz band di Milano e il complesso di Marco Zappa & Friends. L’animazione per coinvolgere tutti i visitatori presenti è affidata a cinque bandelle, ai cori della Pro Ticino e alla famiglia Diversciò (giovani mimi di Dimitri). Ai giovani sarà rivolto il concerto che cinque gruppi rock suoneranno sul palco apposito della Scène du Rivage. Questa la parte ufficiale per rispettare lo spirito di fratellanza confederale.
E la parte “ufficiosa”? Quella fatta dei veri rapporti e dei collanti tra le diverse Svizzere? Dov’è? È rimasta, per caso, soltanto nelle buone intenzioni degli organizzatori di cotanta esposizione? «Ricostruiremo l’identità svizzera» dicevano tracotanti gli organizzatori. Cosa rimarrà di questo bailamme di luci ed effetti speciali? Dei padiglioni e delle opere architettoniche? «Nulla» rispondevano loro «volevamo solo dare un sogno agli svizzeri». E vediamolo questo sogno: cinque cantoni, quattro arteplage, tre laghi e… solo due lingue. L’italiano e il più piccolo romancio, come detto prima, l’hanno dimenticato. Non rientrava neanche nella più remota fantasia dei creativi “arteplagisti” se mi consentite un neologismo, troppo occupati a far quadrare i conti e cercare di dare un fil rouge ai luccicanti padiglioni.
In questa pagina ospitiamo i contributi di quattro intellettuali ticinesi che, cogliendo l’occasione della giornata ticinese all’Expo.02, s’interrogano sui rapporti tra il Ticino e il resto della Svizzera. Sono Domenico Lucchini (direttore del Centro culturale svizzero di Milano), Andrea Ghiringhelli (direttore dell’Archivio di Stato di Bellinzona), Mohammed Soudani (regista cinematografico di origine algerina) e lo scrittore Alberto Nessi, che cercano di dare un quadro di questi rapporti a volti conflittuali, molte volte votati al civico rispetto e basta.
Le parole di Nessi sono emblematiche in tal senso: «La Svizzera c’è, d’accordo. Ma gli Svizzeri s’ignorano tra di loro; per esempio ignorano che in Svizzera si parla anche la lingua italiana. Per conoscersi non basta ogni mezzo secolo riempire l’atrio della stazione di striscioni colorati e organizzare treni speciali. Per conoscersi bisogna parlarsi, incontrarsi e anche scontrarsi durante tutto l’anno. E siccome questo non avviene, ecco che ogni tanto organizziamo una festa nazionale per supplire alla conoscenza feriale».
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